1) Nelle guerre attuali chi è il vero nemico che si traveste, ma spara sempre.
«Dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio:
Hanno detto che era stata sancita la pace in Siria, ma ad Aleppo e Mosul si
continua a bombardare: Assad e compagni. Anche a Ginevra si combinerà qualcosa,
sebbene chi partecipa è molto dubbioso, per non accennare ai gas che sono
sempre stati usati, ma che cercano sempre i depositi che si spostano come le
cavallette.
I kamikaze continuano a farsi saltare in aria e muoiono loro e chi sta loro
vicino. I media riportano i casi più importanti perché ormai sono troppi e
cercano le notizie meno pesanti e meno nere per poter dire che si sta facendo
qualcosa. Vero! Ma è vero anche il contrario e i negoziati ad Astana sono stati
accompagnati da un bombardamento Russia-Usa che è subito è stato smentito dai
singoli rappresentanti: le bombe però sono cadute dal cielo e hanno colpito
città con relativi morti, feriti e distruzione e un ulteriore peggioramento
delle condizioni di vita.
Intanto i pappagallini verdi sono ancora in circolazione per colpire i
bambini che li raccolgono e restano senza mani, ciechi e futuri invalidi
disperati, perché avranno una vita da paura, ma poca gente conosce la storia
dei pappagallini gialli che, mi sembra c'erano anche nell'ultima grande
guerra...
E intanto si continua a bombardare quello che è rimasto ad Aleppo e
dintorni, anche se la gente che non può muoversi circola per quanto è possibile
lungo le macerie della città stando attenta ai cecchini che ci sono ancora,
nonostante le riunioni internazionali che lasciano tutto come prima. Quando c'è
una notizia certa di un attacco da chissà chi che si conosce bene, subito
intervengono i soliti doppiogiochisti a imbrogliare le carte e a suggerire
altri giochi occulti o meno, ma ricordiamoci che chi tira le fila sono sempre
quelli che hanno solo interesse alle loro tasche attraverso infinite vie che
non si trovano più, ma che conoscono bene loro e da un gran pezzo. Non
illudiamoci: sono sempre quelli dal 1700/1800 e che non sono poi così nascosti;
il fatto è che stanno uniti e serrati, ma attraverso altre figure di spicco
sfuggono alla gran parte di chi sta lottando con armi che provengono da loro
attraverso giri sempre meno conosciuti e si ritrovano le stesse armi in chi
combattono perché anche questi sono foraggiati da loro.
Oggi siamo allo sbando più nero e coloro che pagano sono quelli coinvolti
in guerre che non vorrebbero, ma sono costretti a subire. Sono decimati lo
stesso, ma a loro indicano un nemico da perseguire, un nemico che è in
realtà difeso da nazioni che hanno contro altre nazioni ed il gioco diventa
sempre più difficile da capire. Qualche politica si è espressa dicendo che
tutto si ferma con la politica: bene “ipse dixit”, ha detto la sua e tutto per
lei è a posto, ma non dormono tranquilli quelli che quando vanno a letto senza
sapere cosa succederà di notte e se si sveglieranno il mattino dopo, vittime,
volontari, infiltrati.
La seconda guerra mondiale durò all' incirca quattro anni; la guerra in
Siria e le sistematiche rivolte in Libia, Centro Africa, Iran, Afganistan sono
ancora in corso: sei anni non sono sufficienti a smaltire le armi che vengono
sempre acquistate e giustificate con le sceneggiate tragiche dei morti che
realmente spariscono dalla faccia della terra e che non volevano quella fine,
in cui quasi nessuno sa riconoscere i propri familiari. Sembrerebbe che anche
grandi associazioni subiscano pressioni non indifferenti: voce di popolo, di
infiltrati o verità seminascoste. Muoiono anche i volontari che credono ancora
nella razza umana e l'aiutano a costo della propria vita.
Ricordatevi che c'è sempre un Dio superiore a quei figuri e che sta
aspettando qualcosa e Quello ha una memoria di acciaio e il “redde rationes”
é per tutti, a cominciare da coloro che sono accodati al “piccolo corno
dell’Apocalisse”.
Care vittime e figli di vittime e volontari di ogni tipo, vi accompagniamo
come possiamo.
Fonti:
- Siria, al via i negoziati di Astana.
Usa-Russia, primo bombardamento congiunto su Isis ma Usa smentisce - 23 gennaio 2017
(http://www.repubblica.it/esteri/2017/01/23/news/siria_negoziati_astana-156676139/).
- Non basta il trattato che le ha messe al bando. Mine antiuomo: la
vergogna che uccide ancora (https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/mine-antiuomo-lipoteca-che-pesa-sui-futuri-di-pace-).
I risultati sono sorprendenti, cioè a sorpresa: si parla di pace in Siria e
intanto continuano i bombardamenti e gli altri soprusi dei militari sulle
vittime civili. Lo veniamo a sapere dai civili e da chi parla per loro, ma vive
in quelle zone e ha tempo di scrivere quello che succede. I viaggi della sfortuna
sono ancora in atto: a Palermo ne sono arrivati mille, ma i morti annegati nel
cimitero del Mediterraneo nel 2017 sono già attorno ai 400.
C'è veramente qualcosa che non quadra. Lo stato sta attrezzando degli
edifici per loro e loro non sono contenti per come li trattano e soprattutto
per la paura di ritornare in quei luoghi dove possono ucciderli.
Allora perché tante conferenze su di loro? Cosa risolvono per i bambini che
muoiono alla svelta una volta che sono feriti o hanno qualche malattia, perché
sono pochi i medici meravigliosi che non badano alla propria vita, ma solo a
salvarli… E molte volte è impossibile senza medicine, senza attrezzature e con
ospedali distrutti.
La pulizia etnica che sta mettendo in atto l'ONU è piuttosto
imbarazzante: chiede aiuto per sostenere le guerre in atto perché non sa più
come fare.
Bombardare ancora diventa un tiro al piccione: quasi tutto è distrutto, ma
continua il bisogno di far paura coalizzandosi e bloccando gli aiuti.
Volontari che vi sacrificate, vi esorto a continuare ad aiutare: il vostro
nome non sarà scritto su qualche lista che non conta nulla, ma la storia vera
vi ha già riservato uno spazio enorme. Bravi! Anche se noi siamo alla finestra
e vi aiutiamo come possiamo, Qualcuno ha già segnato il nome dei vostri
persecutori e quel Qualcuno sa come intervenire; anche se i tempi sembrano
lunghi, Lui è sempre presente e consola a modo Suo chi soffre per la
verità e non per la ricchezza di cui molti purtroppo approfittano anche in
queste tragiche occasioni.
2) Siria, Unicef: “L’acqua sta
lentamente tornando ad Aleppo”
ROMA – Secondo l’Unicef l’approvvigionamento d’acqua sta lentamente
tornando a funzionare pienamente. Per circa un mese, 1,8 milioni di persone
sono state tagliate fuori dai servizi pubblici di approvvigionamento idrico:
nello specifico, il problema ha riguardato 1,3 milioni nella città (di cui
517.000 bambini) e 500.000 ad Aleppo rurale est (di cui 217.000 bambini).
L’ultima interruzione di erogazione di acqua ad Aleppo è avvenuta il 14 gennaio
quando la stazione per il pompaggio idrico di Al-Khafse ad Aleppo Orientale ha
smesso di funzionare. Grazie alle operazioni di ripristino del sistema
municipale, l’erogazione di acqua sta ritornando lentamente a funzionare. Ci
vorranno almeno 10 giorni prima che l’acqua possa arrivare regolarmente in
tutti i quartieri.
I bambini sono stati quelli maggiormente colpiti, perché sono i più
vulnerabili alle malattie legate all’acqua; spesso proprio i bambini avevano il
compito di raccoglierla. Attualmente ad Aleppo, i bambini sono costretti a
lunghe file presso i pozzi e i punti di distribuzione mentre la città continua
a subire bombardamenti. Tutto questo ha conseguenze negative sulla loro salute,
esponendoli a rischi e sottraendo loro tempo che avrebbero potuto utilizzare
per giocare o andare a scuola. Gli ordigni di guerra inesplosi continuano ad
essere una minaccia per le vite dei bambini in interi quartieri, soprattutto
nella parte orientale di Aleppo. In circa 6 anni, tutte le parti coinvolte nel
conflitto in Siria hanno utilizzato la fornitura di acqua come arma di guerra:
contaminando le fonti di acqua, danneggiando le infrastrutture e le stazioni di
pompaggio o sottraendo carburante alle stazioni di pompaggio. L’Unicef e i suoi
partner – compresi il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la Mezza Luna
Rossa Araba Siriana – continueranno a garantire acqua sicura ad 1 milione di
persone ogni giorno, fino a quando i servizi pubblici per l’acqua ad Aleppo non
saranno tornati a funzionare normalmente.
Il supporto dell’Unicef comprende: la riparazione delle fonti per
l’approvvigionamento idrico e la fornitura quotidiana di emergenza di 10
milioni di litri d’acqua per le famiglie e i bambini più vulnerabili – compresi
tutti coloro che vivono in rifugi, le famiglie che ospitano le persone sfollate
e 144 scuole, così che i bambini possano continuare ad apprendere. L’Unicef sta
anche garantendo forniture e carburante per purificare l’acqua e per le
stazioni di pompaggio. L’acqua è un diritto umano fondamentale e tutti i
bambini dovrebbero avere accesso ad acqua sicura. Grazie al supporto
dell’Unicef 34 scuole sono state riaperte ad Aleppo Orientale e circa 15.500
bambini hanno avuto accesso all’istruzione; all’inizio di febbraio sono state
riaperte 23 scuole per 6.500 bambini. La situazione della sicurezza ad Aleppo,
anche se migliorata rispetto ad un anno fa, rappresenta ancora un problema.
Molti bambini raccolgono acqua, mentre dovrebbero essere a casa o a scuola. Per
quanto riguarda gli ordigni inesplosi, a dicembre 6 bambini ad Aleppo Orientale
sono morti mentre giocavano con un ordigno inesploso e molti altri sono rimasti
feriti. In tutti i quartieri, moli edifici sono stati distrutti e gli ordigni
inesplosi sotto gli edifici distrutti costituiscono ancora un rischio per le
vite dei bambini e delle persone che continuano a tornare alle proprie case. Da
novembre, l’Unicef ha raggiunto 80.000 bambini con informazioni sui rischi
delle mine ad Aleppo.
15 febbraio 2017 (http://www.dire.it/15-02-2017/106038-siria-unicef-lacqua-sta-lentamente-tornando-ad-aleppo/)
Oltre agli ordigni inesplosi ci sono anche le trappole per i civili sotto
forma di penne stilografiche che esplodono e di altri giochini inventati
proprio per i civili e i bambini, che resteranno sfregiati a vita. Questo è un
bombardamento più sottile di quello delle bombe che esplodono o che contengano
materiale chimico da intossicare come minimo: la guerra non troverà qualche
altro modo per distruggere o invalidare i civili ed i bambini?
3) Iraq. Onu sospende aiuti a Mosul est per bombardamenti Isis (Blitz)
IRAQ, BAGHDAD – L’ufficio delle Nazioni Unite a Baghdad ha annunciato
mercoledi la sospensione della distribuzione degli aiuti umanitari nella parte
orientale di Mosul, recentemente strappata all’Isis dalle forze lealiste, a
causa dei bombardamenti di mortaio a cui lo Stato islamico continua a
sottoporre questi quartieri a partire dalla parte ad ovest del fiume Tigri, che
rimane nelle sue mani.
La coordinatrice dell’Onu per gli aiuti umanitari in Iraq, Lise Grande, ha
sottolineato che “la distribuzione di cibo e altri generi di prima necessità ai
residenti di Mosul est è sospesa fino a quando la situazione della sicurezza
non migliorerà”. Le operazioni, ha aggiunto la funzionaria delle Nazioni Unite,
sono rese difficili “dai continui bombardamenti di mortaio sull’area”.
Mercoledì, 15 Febbraio 2017 Blitz
- Sette attacchi suicidi contro un campo
profughi nel nord della Nigeria. (Internazionale)
Venerdì, 17 Febbraio 2017 Internazionale
Le esplosioni sono avvenute nei pressi di un campo profughi nella periferia
di Maiduguri, la città più popolosa del nordest del paese. L’area è al centro
dell’iniziativa militare del governo contro il gruppo jihadista Boko haram.
Secondo l’agenzia di gestione delle emergenze nello stato del Borno, otto
membri della milizia locale Joint Task Force sono stati feriti negli attacchi.
http://www.intopic.it/notizia/11178810/?=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha
- Iraq | La pulizia etnico-religiosa di Isis
L’azione di Isis nella provincia di Mosul sta determinando l’esodo di
migliaia di cittadini iracheni di religione cristiana. Si tratta di una vera e
propria strategia di pulizia etnico-religiosa in quello che – nei piani di Isis
– è un processo di formazione di uno nuovo Stato Islamico fra Iraq e Siria.
Joseph Thomas, arcivescovo di Kirkuk e Sulaymaniyah, ha riferito al quotidiano
online kitabat.com che si tratta di “un disastro”, che la situazione è tragica:
«decine di migliaia di residenti
terrorizzati sono fuggiti, e nel momento in cui stiamo parlando, la situazione
non può nemmeno essere descritta” , ha detto Thomas, “Le città
di Qaraqosh e Bartella e Karamles sono state abbandonate definitivamente
dalla popolazione dei cristiani, anche a piedi, o con dei veicoli, per raggiungere
il checkpoint in Erbil ed entrarvi […] Abbiamo avuto quattro
morti, una donna e due bambini e una guardia di sicurezza sono stati
uccisi in un bombardamento mortaio». (kitabat.com).
Intanto, in serata, le agenzie hanno ribattuto l’indiscrezione secondo la
quale Obama starebbe pensando ad un intervento militare. In alcuni casi si
parla di un ‘airdrop’ umanitario, non bombe ma viveri e vestiario […]
Su twitter circolano immagini di esecuzioni di massa, che non rilancio,
stante anche alla loro non verificabilità. Ma l’area nord del paese, sino al
confine con il Kurdistan, è nelle mani di Isis. Il gruppo ha detto via Twitter
che i suoi combattenti hanno presero la città e la diga di Mosul sul fiume
Tigri, base strategica e militare in costante attacco fin dallo scorso fine
settimana. I funzionari kurdi dicono che le loro forze sono ancora in controllo
della diga. Ma testimoni hanno riferito a Reuters per telefono che i
combattenti dello Stato Islamico hanno sollevato la bandiera nera dell’organizzazione
sopra la diga, fatto che può consentire loro di allagare le grandi città o
tagliare loro acqua ed elettricità. Dalla sconfitta delle truppe curde avvenuta
la scorsa settimana, migliaia di bambini della comunità Yazidi sono stati
costretti a fuggire dalla città di Sinjar sulle montagne circostanti. Il
portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari
Umanitari ha detto che molti dei ragazzi rifugiatisi sulla montagna soffrono
l’assenza di acqua. Ci sarebbero almeno 40 morti.
Questa era la situazione riportata nel 2014 da
https://yespolitical.com/2014/08/07/iraq-la-pulizia-etnico-religiosa-di-Isis/.
4) Strage dell’Isis in una moschea del Pakistan: oltre 80 morti tra cui 40
bambini
Si tratta del peggior attentato dal 2014. Nel mirino la comunità islamica sufi considerata eretica dall’Isis. Il governo pakistano ha annunciato raid in tutto il Paese contro gli estremisti.
Si tratta del peggior attentato dal 2014. Nel mirino la comunità islamica sufi considerata eretica dall’Isis. Il governo pakistano ha annunciato raid in tutto il Paese contro gli estremisti.
ASIA 17 FEBBRAIO 2017 13:16 di Antonio Palma
È di oltre ottanta morti, tra cui 40 bambini, e centinaia di feriti il
bilancio di un terribile attentato terroristico avvenuto nelle scorse ore in
una moschea sufi nel sud del Pakistan. Un bilancio che purtroppo è destinato ad
aumentare tragicamente nel prossime ore visto che negli ospedali della zona ci
sono decine di persone in fin di vita o comunque ferite in maniera gravissima.
L'attacco suicida, che rappresenta il peggior attentato messo a segno in
Pakistan dal 2014, è stato rivendicato da gruppi jihadisti affiliati al
sedicente Stato islamico attraverso l'agenzia di stampa dell'Isis, Amaq.
Come hanno spiegato le autorità pakistane, gli attentatori volevano fare
una carneficina per questo si sono confusi tra i fedeli in preghiera nel tempio
Lal Shahbaz Qalandar, a Shewan, a circa 200 chilometri da Karachi nella
provincia meridionale di Sindh, facendosi saltare in aria nell'ora di punta per
la preghiera. Si tratta infatti di un attacco kamikaze messo a segno quando nel
tempio si trovavano almeno 500 fedeli intenti a celebrare il Dhamal, un antico
rituale del sufismo, corrente religiosa considerata eretica dall’Isis così come
dai talebani e da al Qaida.
Un attentatore avrebbe lanciato granate per diffondere il panico, poco dopo si è fatto saltare in aria. Un portavoce dell'associazione caritatevole Edhi ha ipotizzato che gli attentatori abbiano preso di mira l'ala del tempio dedicata alle donne perché solo così si spiegherebbe la morte di decine di bambini che si trovavano con le loro madri. Di questa circostanza però non ci sono conferme ufficiali.
L'attacco sanguinario ha scatenato la violenta reazione delle autorità
pakistane, Secondo quanto riferito in una nota di Islamabad, infatti, almeno 39
sospetti terroristi sono stati uccisi dall'esercito pachistano in diversi raid
in tutto il paese scattati a seguito dell'attentato al tempio sufi. Le
operazioni di rappresaglia hanno riguardato in particolare la turbolenta
provincia settentrionale di Khyber Pakhtunkhwa dove sono state sequestrate
anche ingenti quantità di armi e granate. Le autorità pakistane inoltre hanno
anche deciso di chiudere il confine con l’Afghanistan fino a nuovo ordine
pretendendo da Kabul la consegna di 76 sospetti che si troverebbero
in Afghanistan, territorio da cui sarebbero partiti numerosi attacchi
terroristici contro il Paese.
(Continua su: http://www.fanpage.it/strage-dell-Isis-in-una-moschea-del-pakistan-oltre-80-morti-tra-cui-40-bambini/ - http://www.fanpage.it/)
Coloro che pagano sono soprattutto le donne ed i bambini; non c'è nessuna
scusante se non che chi fa da kamikaze è imbottito di Flakka, metamfetamina,
captagon, crocodril ed altro, nuovo o vecchio, stimolante, ma sempre presente.
Le anfetamine le usavano già ai tempi della seconda guerra mondiale e ora sono
anche smerciate alla grande nella terza guerra, che non sembra, ma è una
guerra contro l'umanità.
Apriamo tutti gli occhi ed aiutiamo anche le vittime di questa guerra
all'umanità che forse sta avviandosi verso una brutta fine. Anche chi avrebbe
il superpotere è già segnalato: a Lui nessuno sfugge né tantomeno chi attenta
alle sue creature che vuole per LUI.
5) Siria: autobomba a est Aleppo, 60 morti - ANSA.it – Mondo - Medio
Oriente
24 febbraio 2017
Nei pressi di al Bab, roccaforte Isis conquistata ieri
È di 60 uccisi e decine
di feriti il bilancio provvisorio di un attentato dinamitardo targato Isis
avvenuto stamani a est di Aleppo, nel nord della Siria, in un'area conquistata
all'Isis dalle forze locali filo-turche. Lo riferisce la tv panaraba al Jazira
che cita fonti sul terreno.
Nella cittadina di al Bab, conquistata ieri, una bomba piazzata sul ciglio
della strada è esplosa al passaggio di un mezzo: due i militari turchi uccisi,
altri tre sono rimasti feriti.
- Siria, serie di attacchi kamikaze a Homs:
oltre 40 morti
Il Messaggero > Primo Piano > Esteri
È salito a 42 morti il
bilancio delle vittime di una serie di attacchi mirati contro i servizi di
sicurezza del governo di Damasco nella città siriana di Homs. Lo riferisce un
gruppo di monitoraggio.
Secondo l'Osservatorio
siriano per i diritti umani, tra le vittime c'è il comandante del servizio di
intelligence della città. Gli aggressori hanno preso di mira una base militare
e la sede dei servizi di sicurezza in città. Gli assalti, che si ritiene siano
stati effettuati da almeno 6 attentatori suicidi, hanno lasciato un numero
imprecisato di feriti. Finora l'attacco non è stato rivendicato.
Sabato 25 Febbraio 2017 - Ultimo aggiornamento: 26-02-2017 09:52
(http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/siria_kamikaze_morti-2281562.html).
- La Russia nella trappola siriana
(Internazionale) – 24.02.1017
Bernard Guetta, France Inter, Francia
I miracoli non si possono mai escludere, ma al momento pare molto difficile
che si arrivi a una soluzione. Il 23 febbraio a Ginevra è partito un nuovo
ciclo di negoziati sulla Siria sotto l’egida dell’Onu. Stavolta i
rappresentanti del regime siriano e dell’opposizione siedono faccia a faccia, e
questo è il lato positivo. Ma ci sono anche diversi problemi.
Il primo è che il cessate il fuoco istituito il 30 dicembre 2016, dopo la
caduta di Aleppo, è talmente fragile che i combattimenti continuano in diverse
province siriane nonostante la Russia avesse chiesto la fine dei bombardamenti
da parte dell’aviazione del regime per tutta la durata del negoziato.
Il secondo problema è che Bashar al Assad ha riconquistato un vantaggio sul
terreno grazie all’appoggio dell’aviazione russa e delle truppe inviate
dall’Iran, dunque è meno che mai disposto a farsi da parte o a fare concessioni
politiche. Certo, Assad potrebbe inserire alcuni esponenti dell’opposizione a
sua scelta nel governo, incaricandoli di occuparsi dei lavori pubblici o
dell’istruzione, ma che fine hanno fatto il governo di unità nazionale, le
elezioni libere e la nuova costituzione promessi dalla Russia?
Interessi divergenti
I tempi non sembrano maturi per ottenere questi risultati, tanto che gli
iraniani già spingono Assad verso una posizione intransigente e, diversamente
dai russi, fanno valere la loro presenza sul campo.
Iraniani e russi non condividono più la stessa posizione. Insieme sono
riusciti a salvare il regime, ma ora non sono d’accordo sul futuro della Siria
perché i loro interessi sono divergenti.
Gli iraniani vogliono un controllo totale sulla Siria per renderla,
attraverso l’Iraq a maggioranza sciita, un ponte verso il Libano e consolidare
l’asse sciita che hanno costruito in territorio arabo. In Siria, l’Iran sciita
vuole affermarsi come potenza regionale appoggiandosi al ramo alauita dello
sciismo a cui appartiene la famiglia Assad.
La Russia, invece, non vuole impantanarsi in questa guerra di religione,
che in fondo non è altro che una battaglia d’influenza tra l’antica Persia e
l’Arabia Saudita.
Mosca deve affrontare anche lo scontro tra gli alleati iraniani e turchi
In Siria, Mosca vorrebbe limitarsi a favorire un compromesso tra il regime
e l’opposizione per uscire da questa avventura come artefice della pace e
rimettere piede nella regione, approfittando del ritiro degli statunitensi e
mantenendo un buon rapporto con tutti gli attori coinvolti, dagli iraniani ai
sauditi passando per i turchi. L’opposizione ne è perfettamente consapevole,
tanto che oggi si appoggia su Mosca per cercare di contrastare Teheran e
strappare concessioni ad Assad.
Ma la ruota gira velocemente, così velocemente che i russi devono
affrontare un altro problema, ovvero lo scontro tra gli alleati iraniani e
turchi. La Turchia sunnita, infatti, non vuole permettere all’Iran sciita di
controllare la Siria. Per non parlare dell’equazione curda. La Russia si ritrova
sommersa dalle complicazioni tipiche del Medio Oriente, le stesse che hanno
spinto gli Stati Uniti a ritirarsi dalla regione concentrando i loro sforzi
contro il gruppo Stato islamico, con un certo successo visto che i jihadisti
perdono terreno su tutti i fronti.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
(http://www.intopic.it/notizia/11205267/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha -
http://www.internazionale.it/opinione/bernard-guetta/2017/02/24/la-russia-nella-trappola-siriana).
Le notizie circolano alla velocità giornaliera, poi si dissolvono per
lasciar posto ad altre altrettanto tragiche. Ci sono sempre persone che si
fanno esplodere e morti a decine, ma è sempre un vivere giorno per giorno, ora
per ora, e per questo si tenta ancora di fuggire nelle nazioni vicine se
vengono accolti anche in campi di detenzione imprevedibili.
La mente dei siriani è messa a dura prova e quella dei bambini peggio
ancora, visto che si possono trovare senza genitori, con la famiglia decimata e
da soli tenteranno quello che possono ed andranno ad ingrossare le file dei
migranti non accompagnati e soggetti alle più tristi conseguenze che segneranno
il loro fisico ed il loro spirito. Le campane delle grandi associazioni serie
internazionali suonano a lutto: continuano mancanza d’acqua, di cibo, paure a
camminare per la strada, paure ad ogni rumore sospetto, vivere sempre più a
ridosso di macerie che danno l'apparente difesa a quelli che restano della
famiglia. È un vivere tutto questo ?
6) Bangladesh, inviato Onu a Dacca per crisi Rohingya – 20.02.2017
DACCA – Nella capitale bengalese c’è grande attesa per l’arrivo di Yanghee
Lee, Special Rapporteur Onu per i diritti umani in Myanmar. La visita, come
riferisce il quotidiano bengalese ‘The News Today’, durerà quattro giorni e si
focalizzerà sulla crisi dei Rohingya, la minoranza etnica del Myanmar che da
decenni subisce discriminazioni e violenze, e che per questa ragione vede
migliaia di suoi membri fuggire ogni anno verso i paesi vicini. Un gran numero
si concentra attualmente in varie zone di Cox’s Bazar, distretto sud-orientale
del Bangladesh, frutto dei ripetuti assalti compiuti dai militari birmani
contro i villaggi rohingya a ottobre 2016. Yanghee Lee compirà un sopralluogo
anche in questi campi profughi, sia per monitorare le condizioni in cui queste
persone vivono, sia per approfondire le motivazioni che negli ultimi 4-5 mesi
le hanno spinte a varcare il confine.
“Accogliamo con favore l’annuncio della fine delle operazioni militari di
sicurezza nello stato del Rakhine, tuttavia non possiamo ignorare le numerose
denunce da parte degli osservatori Onu circa il sospetto di gravi violazioni
contro i diritti umani“. Il team fa parte dell’Alto commissariato Onu per i
diritti umani (Ohchr), inviato il mese scorso a Cox’s Bazar, e ha raccolto
circa 200 testimonianze da parte degli sfollati. A ottobre 2016 l’esercito
birmano ha lanciato un assalto alla popolazione di questa minoranza: centinaia
di persone sono state uccise, altre hanno subito torture e violenze sessuali.
Molti villaggi sono stati dati alle fiamme, così come hanno confermato anche le
immagini satellitari diffuse da Amnesty International.
dalla nostra inviata Alessandra Fabbretti, giornalista
SE la Siria piange, i Rohinga non ridono:
piangono anche loro, respinti dalla Malesia e da altre nazioni vicine: o si
adattano a fare gli schiavi o scelgono la via del mare su carrette che non
sanno più dove fermarsi perché vengono respinte dopo un breve rifornimento di
carburante e cibo. E intanto le fosse comuni si riempiono a dispetto dei vari
rappresentanti dell'Onu che arrivano e cercano prove di violenze e mandano
messaggi da paura a chi li ha mandati in quei posti, anche grazie all'aiuto
delle testimonianze satellitari che registrano le violenze dell'esercito
birmano. Ma i Rohingya sono lontani e arrivano solo notizie che poi spariscono
alla svelta, per essere sostituite da articoli sul calcio e su altri passatempi
che intontiscono la gente che pensa e discute solo di questo trascurando la
mattanza che ci circonda.
7) Egitto: Sinai, ’giovane bruciato vivo
dall'Isis'
Accusato di essere collaboratore.
Centinaia di copti in fuga - 27 FEBBRAIO, 11:32
Centinaia di cristiani copti in fuga
dall'Isis nel Sinai
IL CAIRO - Un giovane musulmano è stato
"bruciato vivo" da jihadisti dell'Isis "a Rafah", nel Sinai
nord-orientale: lo riferiscono diverse fonti locali presentandosi come
testimoni oculari. Le fonti, almeno quattro, hanno detto all'ANSA che al
giovane inoltre "sono stati cavati gli occhi". La vittima si chiamava
Ahmad Hamed e, secondo i testimoni, è stato ucciso con l'accusa di essere un
collaboratore.
Già in passato egiziani che collaboravano
con le autorità nella lotta contro l'Isis nella zona al confine con la Striscia
di Gaza sono stati colpiti per rappresaglia e per scoraggiare altri dal farlo:
vi erano stati anche diversi casi di sgozzamenti e decapitazione (una ventina
solo tra il 2013 e il 2014 secondo il computo di un sito egiziano).
Nel Sinai nord-orientale la branca
egiziana dell'Isis (gli ex-"Ansar Beit el-Maqdes") da tre anni e
mezzo conduce una sanguinosa guerriglia contro l'esercito. Il portavoce
militare, con un comunicato sulla propria pagina Facebook, ha annunciato che
sei "takfiri" (termine usato per indicare i jihadisti dello Stato
islamico) sono stati uccisi e 18 "sospetti" sono stati arrestati. Il
portavoce, annunciando fra l'altro anche la distruzione di due "depositi
di esplosivo", non ha precisato il lasso di tempo in cui vi sono state le
uccisioni (che comunque sono definibili frequenti: circa 500 solo tra settembre
e l'inizio del mese scorso secondo fonti ufficiali). Fonti dal Sinai hanno
riferito di "un morto fra le reclute e tre altri feriti".
(http://www6.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2017/02/27/egitto-sinai-giovane-bruciato-vivo-dallisis_97e7aab3-1f2a-4481-a2d2-8f2e1779108f.html?idPhoto=1)
Riportiamo un ennesimo crimine compiuto dall'Isis: un giovane bruciato
vivo! Ora non si uccide più con una pallottola, ma si deve torturare chi non la
pensa come loro scegliendo modalità da carnefici raffinati: bruciare vive le
persone, come quel pilota qualche anno fa e chissà quanti altri di cui non
sappiamo. Ma ci stanno abituando a tutto e non meravigliamoci perciò di quanto
accade di criminale e ultravergognoso. «Nulla deve essere criminale», ci stanno
dicendo tra le righe i media portavoce dei politici mondiali, che vogliono
schiavizzarci tutti e pianificare le nostre coscienze.
Ricordo ancora dell'ennesimo schiaffo all'umanità intera di chiamare i
figli “NATI” per ossequio ad alcune nuove tendenze che premono per
affermarsi. Ma chi non si adegua ha la spada di Damocle sulla testa.
Attenzione, però, che è sempre una spada e che forse chi vuole schiavizzarci
non valuta bene. Cosa diranno ora i politici nel constatare che l'Isis è
un’organizzazione criminale? Faranno le solite rimostranze in aula e poi presto
nel dimenticatoio, tanto non è uno di loro da riverire. Bambini bruciati vivi
anche loro, torturati, crocefissi, ma chi se li ricorda? Qualche sorella,
qualche mamma disperata (se ci sono ancora) e poi via nel dimenticatoio, perché
ci sono cose che i media scrivono e orchestrano per giorni interi per sviare
l'attenzione, ripetendosi all'infinito con il loro copione, mentre i crimini
contro l'umanità sono all'ordine del giorno, anche se geograficamente lontani
da noi.
Ormai se uno è bruciato
vivo non ci si fa più caso: ci hanno fatto trangugiare di tutto, vero o
introdotto ad arte per peggiorare quanto già avviene; ci vogliono abituare a
tutto senza possibilità di scelta; uccisioni sopra uccisioni con ogni oggetto
trasformato in potenziale arma, come se i fenomeni meteorologici e naturali che
mettono in ginocchio intere nazioni non fossero già sufficienti a farci
riflettere sul nostro domani e a invitarci ad aiutare un po' tutti nelle nostre
possibilità, stando attenti agli sparvieri che giocano, ma uccidono i più
deboli ed esposti.
8) ONU, ANTONIO GUTERRES: "IL DISPREZZO PER I
DIRITTI UMANI SI STA DIFFONDENDO"
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MONDO > ultimo aggiornamento: 27/02/2017
I diritti umani delle
minoranze e dei migranti sono attaccati dai populisti e dai governi che si
sottraggono alle proprie responsabilità di proteggere i rifugiati: questo il
monito lanciato dal Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres in apertura
della 34 esima sessione del Consiglio per i diritti umani riunito a Ginevra.
“Il disprezzo per i
diritti umani è una malattia che si sta diffondendo, populismo ed estremismo si
alimentano a vicenda mentre crescono razzismo, xenofobia, antisemitismo, odio
anti-musulmano e altre forme di intolleranza. Il traffico di esseri umani è in
aumento, molte persone stanno fuggendo dalla guerra e la comunità internazionale
non deve sottrarsi alle sue responsabilità. Dobbiamo con forza resistere a chi
desidera reintegrare la tortura. La tortura è vile, non produce informazioni
utili e fa vergognare tutti i paesi che la infliggono”, ha detto Antonio
Guterres.
(http://it.euronews.com/2017/02/27/onu-antonio-guterres-il-disprezzo-per-i-diritti-umani-si-sta-diffondendo).
Non
è che si stia diffondendo ora il disprezzo dei diritti umani, ma è da un bel
pezzo che lo si dice, e le varie tappe vergognose in tal senso lo attestano
instancabilmente: l'uomo è considerato una cosa che si può usare come si vuole
e soprattutto distruggere se contesta l'egemonia dei VIP e dei ricchi che
credono di essere i migliori ed organizzano di tutto, nascondendosi dietro la
copertura politica internazionale. L'importante per loro sono il potere ed i
soldi; gli altri sono un’incongruenza, purtroppo non così facilmente
eliminabile, ma diverse sono le strade pseudoscientifiche e criminali che
mettono in atto.
Ora
anche l'Onu, attraverso il suo presidente, dice questo, un po' in ritardo per i
milioni di morti che le guerre stanno
mietendo a favore dei dittatori che comandano ancora, nonostante siano stati
tacciati di pulizie etniche e di criminalità, anche se sono i paraventi dietro i quali ci sono altri, quelli che
vogliono tutti sottomessi a loro, grandi fratelli (per modo di dire).
La
Siria è un esempio: a Ginevra si parla di pace, a voce, ma non in pratica; una
pace che non c'è, e sicuramente non per le vittime di cui non si conosce il
numero o lo stato di estrema povertà e necessità, che ancora esistono ad Aleppo
e dintorni; vittime tra cui questo sistema continua a mietere molti bambini,
che sono il nostro futuro malconcio e troppo prevedibile ai fini del destino
dell'umanità.
Vorrei
aggiungere che il disprezzo non è solo per i diritti umani, ma anche per i
diritti riservati alle nostre risorse calpestate e schiacciate dall’egoismo dei
singoli umani menefreghisti del nostro futuro. Il viaggio dalla Libia all’Italia
è “fatale” per i minori: nel 2016 sono morti in 700.
Secondo un rapporto dell'UNICEF, tre quarti dei minori intervistati che hanno percorso quella rotta hanno dichiarato di aver subito violenze e aggressioni da parte di adulti, abusi verbali o psicologici; circa la metà hanno raccontato di aver subito molestie sessuali, percosse o altre forme di violenza fisica - in particolare le ragazze.
Secondo un rapporto dell'UNICEF, tre quarti dei minori intervistati che hanno percorso quella rotta hanno dichiarato di aver subito violenze e aggressioni da parte di adulti, abusi verbali o psicologici; circa la metà hanno raccontato di aver subito molestie sessuali, percosse o altre forme di violenza fisica - in particolare le ragazze.
9) Il
viaggio dalla Libia all’Italia è “fatale” per i minori: nel 2016 sono morti in
700
Secondo
un rapporto dell’UNICEF tre quarti dei minori intervistati che hanno percorso
quella rotta hanno dichiarato di aver subito violenze e aggressioni da parte di
adulti, abusi verbali o psicologici, circa la metà hanno raccontato di aver
subito molestie sessuali, percosse o altre forme di violenza fisica – in
particolare sulle ragazze.
POLITICA
ITALIANA 28 FEBBRAIO 2017 16:51 di
Claudia Torrisi
Abusi,
violenze e sfruttamento sono all'ordine del giovno per i bambini e le donne
migranti che attraversano la rotta del Mediterraneo centrale, dall'Africa
Subshariana all'Italia, passando per la Libia: un tragitto che nel 2016 è stato
la cusa di morte di 4.579 persone, fra cui 700 bambini.
Secondo
un rapporto dell'UNICEF "Un viaggio fatale per i bambini: la rotta
migratoria del Mediterraneo Centrale", tre quarti dei minori intervistati
che hanno percorso quella rotta hanno dichiarato di aver subito violenze e
aggressioni da parte di adulti, abusi verbali o psicologici; circa la metà di
loro e delle donne, invece, hanno raccontato di aver subito molestie sessuali,
percosse o altre forme di violenza fisica – in particolare sulle ragazze.
Afshan Khan, direttrice dell'UNICEF per l'Europa e Coordinatore speciale per la
crisi dei minori migranti e rifugiati nel continente, ha spiegato che la rotta
del Mediterraneo Centrale "è tra quelle al mondo in cui muoiono più
persone ed è tra le più pericolose per i bambini e le donne", poiché
"è per la maggior parte controllata dai trafficanti e da altri individui
che vedono come prede i bambini e le donne disperati che sono semplicemente
alla ricerca di un rifugio o di una vita migliore". Per questa ragione
"occorrono vie e piani di sicurezza sicuri e legali per proteggere i
bambini migranti, per tenerli al sicuro e lontano dai trafficanti".
I
dati raccolti dall'UNICEF in Libia a fine 2016 mostravano abusi e violenze ai
danni di bambini e donne: al momento dell'indagine si stimava che vi fossero in
Libia circa 256.000 migranti, fra cui 30.803 donne e 23.102 bambini (di cui un
terzo non accompagnati), ma i dati reali potrebbero essere tre volte maggiori.
La maggior parte dei minori e delle donne hanno raccontato di aver pagato i
trafficanti all'inizio del viaggio, e di aver affrontato condizioni
"durissime e degradanti" nei centri di detenzione in Libia gestiti
dal governo o dalle forze armate, come poco cibo, sovraffollamento, pessima
igiene. "Nessun bambino dovrebbe mai essere costretto a mettere la sua
vita nelle mani dei trafficanti semplicemente perché non ha alternative",
ha spiegato Khan, secondo cui vanno individuati "a livello globale i
fattori all'origine delle migrazioni, e lavorare insieme per un solido sistema
di passaggi sicuri e legali per i minori in movimento, siano essi rifugiati o
migranti".
Per
l'UNICEF ci sono alcuni punti d'azione imprescindibili per la tutela di minori
migranti e rifugiati: proteggerli da sfruttamento e violenza, porre fine alla
detenzione tramite una serie di alternative, mantenere unite le famiglie,
rinconoscergli uno status giuridico che gli consenta di studiare, assicurare
loro l'accesso ai servizi sanitari e sociali di qualità, intervenire sulle
cause che producono i movimenti di massa, promuovere azioni contro xenofobia, discriminazione
ed emarginazione dei bambini migranti e rifugiati, nei paesi di transito e in
quelli di destinazione. Si tratta di misure che l'UNICEF ha chiesto con urgenza
ai governi nazionali e all'Ue di adottare.
(Continua
su: http://www.fanpage.it/il-viaggio-dalla-libia-all-italia-e-fatale-per-i-minori-nel-2016-sono-morti-in-700/ - http://www.fanpage.it/)
I rapporti pro migranti e bambini non so che fine facciano in base alle decisioni dei vari governi e l'UNICEF parla chiaro: ben vengano le alternative di volontariato che lungo corridoi umanitari portano in Italia in molti casi, ma ne rimangono altrettanti, molto gravi e significativi, secondo cui i migranti, che attendono in Libia di essere gettati su barconi da sprofondo, hanno una vita pazzesca, tra come vengono trattati e cosa ricevono da sostentamento, oltre alle minacce e torture varie da parte di scafisti e loro criminali dirigenti della tratta.
E
questo vale specialmente per i bambini e soprattutto per quelli non
accompagnati, come si legge nel rapporto di cui sopra: inculchiamocelo nella
mente! Loro non potranno dimenticare quello ciò che hanno subito e che
modificherà il loro carattere. Sembra però che tutti i politici “in
tutt'altre faccende affaccendati” se ne freghino del come arrivano e dopo
quali torture subite.
E
allora… svegliamoci noi per loro e sacrifichiamo un po' del nostro egoismo,
anche se ci esponiamo a varie ritorsioni di qualsiasi genere. Si pensi solo a
rimpatriare chi è fuggito non per crimini, ma non perché non ce la faceva più, un
po' come gli italiani anteguerra e immigranti verso gli USA.
L'Unicef
ci avvisa del trattamento libico destinato ai migranti e non hanno nessun
doppio interesse a farlo; ascoltiamoli prima che sia troppo tardi per loro e
per il futuro comune di tenersi uniti
contro uomini che avranno nel loro subconscio il ricordo di come hanno
trascorso molti anni della loro vita e cosa scatterà allora, dopo che i
politici attuali non ci saranno più. Pensiamoci noi a difendere i nostri figli…
che qualche Corte d'Appello (Trento, febbraio 2017) non chiama più figli, ma NATI.
Stampiamoci
in testa anche chi introduce
innovazioni disturbanti per i “Nati”, cioè
i FIGLI. Sono molti, almeno in Italia, che prima di esalare l'ultimo
respiro chiamano la loro «mamma»:
adesso dovremo istruire i figli che, quando moriranno, potranno chiamare la
loro mamma con un nuovo nome… “Genitore 2”. Ma cosa stiamo diventando?
Chiediamolo bene ai nostri politici, che sfornano leggi anche contro il buon senso e… guai a chi non si adegua a quelle: c'è di mezzo anche l'ambito legale.
Chiediamolo bene ai nostri politici, che sfornano leggi anche contro il buon senso e… guai a chi non si adegua a quelle: c'è di mezzo anche l'ambito legale.
10) Russia e Cina mettono il veto sulle sanzioni contro la Siria
per l’uso di armi chimiche
Martedì, 28 Febbraio 2017 Internazionale
Russia e Cina hanno messo il veto sulle sanzioni
contro la Siria per l’uso di armi chimiche. Le due potenze hanno usato il loro
potere di veto per bloccare la risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu
(redatta da Regno Unito, Francia e Stati Uniti) che prevedeva nuove sanzioni
contro Damasco per l’uso di armi chimiche contro i civili. La risoluzione ha ottenuto
nove voti a favore e tre contrari (Cina, Russia e Bolivia). Kazakistan, Etiopia
ed Egitto si sono astenuti.
(http://www.intopic.it/notizia/11222149/ 28/02/2017
?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha)
Certamente sono state bombardate in Siria diverse città e sembrerebbe dalle fonti abbastanza credibili che tali bombardamenti siano stati fatti dal governo siriano, anche se poi tutto diventa nebuloso e si citano ritrovamenti di bombe chimiche di cloro da parte degli altri. Le bombe chimiche in barili ad hoc, li hanno usati i siriani del governo e allora chi non è stato? I morti ci sono stati: civili inermi ed i soliti bambini.
Iraq, Onu sospetta uso armi
chimiche a Mosul. Migliaia in fuga
(Lunedì, 6 Marzo 2017 – Euronews)
L’Onu
indaga su almeno 12 casi di civili che potrebbero essere stati vittima di
attacchi chimici durante l’offensiva per riprendere il controllo di Mosul,
roccaforte dell’autoproclamato Stato Islamico in Iraq.
La
denuncia arriva dal personale medico della vicina città di Erbil dove sono
state ricoverate le persone ferite nell’offensiva militare avviata la scorsa
settimana dalle forze governative irachene.
Secondo
Sara al-Zawqari, portavoce in Iraq della Croce Rossa Internazionale, i sintomi
sono evidenti: “Dal 1 di marzo l’ospedale in cui lavora la nostra equipe di
medici e chirurgi ha trattato 15 persone che mostravano i sintomi di diversi
tipi di esposizione ad agenti chimici: dalle piaghe, alle intossicazioni, al
vomito, alle irritazioni oculari” spiega.
Intanto
la fuga da Mosul si è già trasformata in un esodo di massa: 45.000 persone sono
scappate verso i campi rifugiati in poco più di due settimane.
“L’esercito
aveva detto di avere informazioni certe che l’Isis avrebbe attaccato con armi
chimiche. Allora siamo dovuti scappare, lasciando le case, i soldi, tutto quel
che avevamo” racconta un abitante di Mosul.
Secondo
l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni 200.000 persone avevano già
lasciato Mosul sin da quando erano cominciati i combattimenti a metà ottobre.
Da allora diverse migliaia di persone avevano poi fatto ritorno alle proprie
case. Per essere nuovamente costrette a sfollare negli ultimi giorni.
11) La Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto la possibilità
per 2 uomini di essere considerati entrambi padri di 2 bambini nati all'estero
grazie alla maternità surrogata.
I giudici riconoscono la maternità surrogata di una coppia gay: “Entrambi padri”
I giudici riconoscono la maternità surrogata di una coppia gay: “Entrambi padri”
La
Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto la possibilità per 2 uomini di essere
considerati entrambi padri di 2 bambini nati all’estero grazie alla maternità
surrogata.
CRONACA
ITALIANA 28 FEBBRAIO 2017 17:37 di
Antonio Palma
continua
su: http://www.fanpage.it/i-giudici-riconoscono-la-maternita-surrogata-di-una-coppia-gay-entrambi-padri/ - http://www.fanpage.it/
Con una sentenza destinata a far discutere, la Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto, per la prima volta in Italia, la possibilità per 2 uomini di essere considerati entrambi padri di 2 bambini nati all'estero grazie alla maternità surrogata. L'ordinanza, emessa il 23 febbraio scorso, è definita storica dal sito www.articolo29.it che ha diffuso la notizia perché stabilisce che due gemellini nati nell'ambito del progetto di genitorialità di una coppia omosessuale attraverso la procreazione assistita possono avere due padri. Nel dettaglio, i giudici hanno riconosciuto l'efficacia giuridica di un provvedimento straniero che stabiliva la sussistenza di un legame genitoriale tra i due minori, nati grazie alla tecnica del cosiddetto «utero in affitto» negli Stati Uniti, e il loro padre non biologico.
In
sostanza la Corte, riconoscendo il certificato di nascita di un altro
Stato attestante la doppia paternità, ha
sancito che non è accettabile stabilire la paternità solo seguendo il
paradigma genetico/biologico e che la volontà di cura prevale sul legame
biologico. Per i giudici è da escludere “che nel nostro ordinamento vi sia un
modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il
genitore e il nato; all’opposto deve essere considerata l’importanza assunta a
livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella
consapevole decisione di allevare ed accudire il nato; la favorevole
considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una
famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal
dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione; la
possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nella specie il
padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite”.
La
sentenza stabilisce "l’assoluta indifferenza delle tecniche di
procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del
minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i
genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di
genitorialità condivisa", ha spiegato Marco Gattuso, direttore del portale
di studi giuridici di "Articolo 29", aggiungendo: "Per la prima
volta un giudice di merito applica, in una coppia di due padri, i principi
enunciati dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 19599/2016, in tema di
trascrizione dell’atto di nascita straniero recante l’indicazione di due
genitori dello stesso sesso".
(Continua
su: http://www.fanpage.it/i-giudici-riconoscono-la-maternita-surrogata-di-una-coppia-gay-entrambi-padri/ -
http://www.fanpage.it/).
Non
si commenta. Si lascia ai singoli individui la sentenza in cui il termine figlio è sostituito da un termine che si conosce, ma nega ogni legame con la
famiglia tradizionale ed accettata fin dalla preistoria, ma i tempi cambiano: sarà
un adeguamento in meglio o cosa?
12a) Il dramma del Sud Sudan, profughi costretti a nutrirsi con
fiori e acqua sporca
L’Onu
ha lanciato l’allarme carestia per le popolazioni di Sud Sudan, Nigeria,
Somalia e Yemen: “Venti milioni di persone moriranno di fame, c’è bisogno di
raccogliere 4,4 miliardi di dollari per evitare catastrofe umanitaria”
ESTERI 1 MARZO 2017
12:52 di Antonio Palma
Già allo stremo per le continue razzie di militari e
bande armate che da anni insanguinano l'area, ora davanti alle popolazioni di
Sud Sudan, Nigeria, Somalia e Yemen in fuga dalla guerra c'è anche lo spettro
di una catastrofica carestia. Milioni di persone nei quattro Paesi africani
sono ormai allo stremo e se non arriveranno presto aiuti umanitari sarà
un'ecatombe. A lanciare l'allarme sono state le stesse Nazioni Unite secondo
cui c'è bisogno di raccogliere almeno 4,4 miliardi di dollari entro la fine di
marzo per evitare una delle più grandi catastrofi mondiali.
"Nei prossimi sei mesi 20 milioni di persone
rischiano di morire di fame in quattro Paesi devastati da guerre civili e
carestia", spiegano dall'Onu, ricordando che 1,4 milioni di bambini sono a
"imminente rischio" di morte a causa di una crisi che
"non ha precedenti negli ultimi decenni". Come racconta
aljazeera già oggi migliaia di persone ammassate al confine del Sud Sudan non
hanno cibo né acqua e sono costretti a nutrirsi di fiori e acqua di palude per
sopravvivere. Già da settimane i più fortunati mangiano una volta al
giorno anche se in molti si dicono fortunati perché almeno nelle paludi sono al
sicuro dalle scorribande di milizie e soldati.
Il governo locale ha ufficialmente dichiarato
lo "stato di carestia" che secondo la classificazione dell’Onu,
significa che almeno il 20 per cento della popolazione ha carenza estrema di
cibo e il tasso di malnutrizione supera il 30 per cento. Diverse Le
agenzie umanitarie hanno negoziato con le forze governative e i ribelli
per istituire un centro di registrazione nei campi profughi per consegnare cibo
ma tutto è ancora in una fase preliminare.
Mai come in questo caso la crisi è in larga parte
opera dell’uomo e non di condizioni climatiche avverse. Anche se la siccità,
specie in Somalia, ha contribuito all'aggravarsi dell’emergenza, la causa
principale sono le guerre che da anni hanno ridotto letteralmente in macerie
larghe parte dei Paesi interessati. In Sud Sudan, dopo la secessione si è
aperta un guerra interetnica fra le tribù Dinka e Nuer che appoggiano
rispettivamente il presidente e il vicepresidente. In Nigeria del Nord si
combatte tra governativi e Boko Haram. In Somalia la guerra non è mai finita
con continui gruppi armati che si contendono il potere, mentre in Yemen i
ribelli sciiti Houthi combattono da due anni contro le truppe governative.
Continue lotte e attentati non solo hanno distrutto
case e costretto la popolazione a fuggire ma hanno anche interrotto
l'agricoltura e ogni tipo di attività commerciale. La costante necessità di
sfuggire alla guerra inoltre significa che le persone devono abbandonare il
loro bestiame che spesso è anche vittima di saccheggi da parte di
uomini armati. Migliaia di persone oggi sono ridotte alla raccolta di piante
selvatiche e alla caccia ma dipendono in gran parte dagli aiuti esteri spesso
inadeguati.
(Continua su: http://www.fanpage.it/il-dramma-del-sud-sudan-profughi-costretti-a-nutrirsi-con-fiori-e-acqua-sporca/
- http://www.fanpage.it/)
12b)
Battaglia di Mosul, morti in un raid 200 civili: "Il peggio deve ancora
venire"
Giovedì 23 Marzo alle 14:06 - ultimo aggiornamento alle
14:43
Continua la battaglia tra le forze lealiste e i militanti
dello Stato islamico per liberare Mosul, la roccaforte dell'Isis in Iraq.
Oggi sono morte almeno duecento persone durante una serie
di raid aerei su al-Jadida, quartiere a ovest della città.
A riferirlo è l'emittente curda Rudaw, sottolineando che
la maggior parte delle vittime sarebbero civili.
Secondo la tv curda, circa 130 delle persone morte si
trovavano all'interno di un edificio colpito. "Avevano trovato rifugio in
quella casa", ha precisato.
Non si esclude che tra le vittime potrebbero esserci
anche jihadisti dell'Is.
UNHCR: "IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE" - Secondo
l'Agenzia dell'Onu che si occupa dei profughi, "il peggio deve ancora
venire". Lo ha dichiarato uno dei suoi rappresentanti, Bruno Geddo.
Circa 400mila iracheni, ha spiegato, sono
"intrappolati" nella città vecchia di Mosul, ancora nelle mani
dell'Is, e devono fare i conti con i bombardamenti e la scarsità di cibo.
"Prima o poi il tappo potrebbe saltare", ha
concluso.
(http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2017/03/23/battaglia_di_mosul_morti_in_un_raid_200_civili_il_peggio_deve_anc-68-582265.html)
12c) Libia, nuovo tragico naufragio: “240 morti annegati”. Guarda Costiera:
“Nessuna segnalazione”
Il drammatico annuncio è della ong
spagnola Proactiva Open Arms. La stima si basa sul ritrovamento di due gommoni
affondati, ognuno dei quali può contenere almeno 120 persone.
CRONACA
ITALIANA 24 MARZO 2017 07:22 di Biagio
Chiariello
Si
teme l’ennesima strage di migranti in mare dopo che la portavoce della
Ong spagnola Proactiva Open Arms, Laura Lanuza, ha parlato di "almeno
240 persone morte” in un “doppio naufragio avvenuto davanti alle coste
libiche". L’associazione, che riferisce di cinque cadaveri ritrovati
a 21 km a nord di Sabrata, non ha però specificato quando sarebbe avvenuta la
tragedia. I profughi coinvolti avrebbero tutti un’età compresa tra i 16 ed i 25
anni e sembrano essere morti per annegamento. "Ogni imbarcazione di questo
tipo – ha detto Lanuza – può contenere 120 persone, ma i trafficanti di uomini
di solito li riempiono a dismisura". Non si esclude che entrambe possano
averne avuto a bordo “almeno il doppio". La portavoce ha detto che ora si
cerca un terzo gommone.
"Profondamente
allarmati per la notizia di altri due naufragi al largo della Libia, da gennaio
587 morti, escluso quest'ultimo l'incidente", è stato il commento
dell'Unhcr, che ha ricordato che la tragedia si è verificata "dopo
un'intensa settimana di arrivi", e i salvataggio di circa 6 mila migranti
in cinque giorni.
La
Guardia Costiera, dal canto suo, sostiene di non aver mai ricevuto segnalazioni
dei naufragi. Fonti interne hanno riferito di numerose operazioni di soccorso
durante la giornata di ieri – con il mare e il tempo in condizioni sfavorevoli
– e di essere al corrente del recupero di cinque corpi in mare. Tuttavia,
precisano le fonti, non sono arrivate chiamate di soccorso, che possano far
pensare a un grande naufragio.
Libia blocca accordo con Italia su
traffico migranti
La
drammatica notizia della nuova tragedia nel Mediterraneo arriva proprio nel
giorno in cui un tribunale libico ha di fatto bloccato l'accordo tra Italia e
Libia per fermare il flusso di migranti, raggiunto il mese scorso con
l’obiettivo di agevolare le autorità libiche nel contrasto dei trafficanti di
esseri umani e ridurre gli sbarchi sulle coste italiane. Ma è stato possibile
sottoscrivere l'intesa solo con il governo del premier Fayez Al Sarraj
insediato a Tripoli con il sostegno dell'Onu: il Parlamento, controllato da
sostenitori del generale Khalifa Haftar, lo considerano nullo.
La famigerata rotta mediterranea
centrale: 10mila morti dal 2014
Dopo
la chiusura della Rotta balcanica, i trafficanti di migranti hanno optato per
quella mediterranea-centrale, vale a dire quella che porta nel nostro Paese. Un
tratto di mare non semplice da percorrere per le imbarcazioni, soprattutto nei
mesi invernali: solo l'anno scorso, in più e più naufraghi, sono morte quasi
4.600 persone e nel 2015 più di 2.850. Dal 2014 le vittime accertate di questa
angosciante traversata sono state oltre diecimila. Ma si tratta solo di cifre
ufficiali, quelle reali sono sicuramente più alte.
(Continua
su: http://www.fanpage.it/libia-nuovo-tragico-naufragio-240-morti-annegati-e-tripoli-blocca-accordo-con-l-italia/ - http://www.fanpage.it/).
Ancora annegati nel cimitero Mediterraneo che si aggiungono agli
altri. La notizia dice che i barconi erano tre e ciascuno trasportava in media
120 persone. Supplichiamo Nostro Padre di far cessare questo scempio non
gratuito che i trafficanti criminali di persone continuano ad accumulare alla
faccia delle varie nazioni. Ormai l'indifferenza a tali notizie è conclamata e
palpabile sui volti di chi non vuole questi migranti di ogni genere, né si
mettono in atto trasporti più sicuri e mirati, senza che qualche nave di notte
accenda i fari per invitare questi barconi a raggiungerla. Interessi pure di
questo tipo che qualche centro ha ventilato? Che livello stiamo raggiungendo
come uomini non più civilizzati, ma allo sbando più completo! Comunque
ringraziamo sempre quei volontari veri che si sacrificano per queste persone, non
ascoltando tutte le proteste che sorgono e che occupano ampi spazi dei media.
In Siria i civili, inclusi i bambini, mangiavano foglie ed erba e
bevevano l'acqua che trovavano… e non c'era cibo che avanzava da dare agli
emarginati. Perciò anche i fiori e l'acqua sporca vanno bene, tanto sono gli
altri che la bevono…
Ma perché stiamo assistendo ad un massacro e quelle persone
vivono, basandosi sugli aiuti che vengono dall'estero e devono vivere così perché
non hanno i soldi per fare dei viaggi da incubo, compresa la capatina sul mare/cimitero
e poi arrivare dove li accolgono come possono per poi essere rimandati indietro
per chi non ce la fa a superare le frontiere/i muri/la burocrazia?
E i bambini si accorgono che c'è qualcosa che non quadra, perché
sono diventati esperti di trasferimenti e del finire magari da dove si è
partiti e dove certo non li riceveranno suonando la banda in loro onore.
Avanti, per carità! Cari volontari, non abbandonate quei disperati
come hanno fatto in tanti, sebbene tanti altri siano giù ancora in mezzo alla
guerra e disperati nel vedere gente ridotta allo sfascio senza possibilità di
un aiuto veramente concreto.
Intanto i bombardamenti sui civili continuano e chi c'è alla guida
di quei bombardamenti??? Perché non lo dicono o lo fanno intuire??
13) Il “muro” dell’Europa
nel Mediterraneo per fermare i migranti
Domani a
Malta i leader europei discuteranno del piano per gestire l’immigrazione. Le
direttive sono precise: rimpatri, accordi con paesi non europei, confini bloccati
e affidamento alla Libia dei respingimenti in mare. Ancora una volta l’Europa
ha rinunciato a percorrere la via dell’accoglienza, e con la chiusura della
rotta del Mediterraneo si alza un nuovo muro.
POLITICA ITALIANA 2 FEBBRAIO 2017
17:58 di Claudia Torrisi
Al termine dell'incontro con il premier libico Fayez al Serraj, il
presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha ribadito l'intenzione
dell'Unione europea di chiudere la rotta dalla Libia all'Italia. "Ora è
tempo", ha spiegato.
Di questo e di altri punti del piano dell'Unione per affrontare
l'immigrazione i leader europei discuteranno domani a Malta. Una strategia che
sembra seguire direttive molto precise: rimpatri, accordi con paesi non
europei, confini bloccati e affidamento alla Libia dei respingimenti in mare.
Stando alle prime informazioni, la cifra che dovrebbe essere stanziata per la
chiusura della rotta del Mediterraneo centrale dovrebbe essere di 200 milioni
di euro. Dopo l'incontro di oggi con Tusk, Serraj ha detto che "l'ammontare
dei soldi che l’Europa ha destinato alla Libia è una piccola cifra" e che
per fermare i flussi di migranti che attraversano il Mediterraneo c'è bisogno
di "un aiuto più concreto".
La decisione della chiusura della rotta nel Canale di Sicilia è stata
motivata con l'alto numero di sbarchi e morti dell'ultimo anno. Nel 2016 sono
stati 181 mila i migranti che hanno usato la rotta del Mediterraneo centrale,
con un triste primato di decessi: circa cinquemila in dodici mesi.
Tusk ha
detto che il flusso dei migranti su quel tratto "non è sostenibile" e
che la chiusura è dovuta "prima di tutto a chi soffre e rischia la
vita" ma "anche agli italiani e a tutti gli europei". L'idea
dell'Ue di chiudere la rotta del Mediterraneo centrale e affidare alla Libia i
respingimenti in mare dovrebbe avere lo scopo di lottare contro le reti
"del traffico di esseri umani", "aiutare a gestire i flussi
migratori", "continuare a salvare vite in mare" e
"migliorare le condizioni di vita dei migranti".
Questo
proposito, però, regge fino a un certo punto. La prima perplessità riguarda il
paese che sarà maggiormente coinvolto in queste operazioni: la Libia. Sono
state piuttosto numerose negli anni le denunce di Ong e associazioni per i
diritti umani che spingevano a non considerare il paese come un interlocutore
in tema di gestione e sicurezza di migranti e rifugiati. Solo quest'estate
Amnesty International ha raccolto e reso note "orribili testimonianze di
violenza sessuale, uccisioni, torture e persecuzione religiosa che confermano
la scioccante dimensione degli abusi" che migranti e rifugiati subiscono
"nel percorso verso la Libia e all'interno di questo paese".
Ricerche
hanno mostrato che oltre il 75% dei migranti che si trovano in Libia ha subito
violenza fisica e quasi un terzo di loro ha visto morire i compagni di viaggio;
molti, invece, hanno riferito un indiretto o diretto coinvolgimento della
polizia e della Guardia costiera libica in questi episodi di violenza. Come
scrive su The Conversation Nando Sigona, sociologo italiano dell'Università di
Birmingham, con l'accordo la situazione per rifugiati e migranti potrebbe
peggiorare: "Se il ruolo rafforzato della Libia nel fermare le barche dei
migranti dovesse comportare un ridimensionamento dell'impegno dell'Ue nella
ricerca e soccorso" le morti in mare potrebbero solo aumentare.
L'organizzazione
Save the Children ha già espresso preoccupazione per la nuova proposta Ue per
fermare i flussi nel Mediterraneo centrale, definendo "inaccettabile"
l'idea di respingere le persone in un paese destabilizzato come la Libia.
"Ancora una volta, l’Unione Europea si sta sottraendo alla propria
responsabilità di tutelare i diritti dei migranti, senza offrire alcuna
garanzia a uomini, donne e bambini circa il loro futuro dopo che saranno
respinti in Libia", ha detto Ester Asin, direttore dell’ufficio Advocacy
Europa della Ong a Bruxelles.
L'altra
questione è che chiudere le rotte non significa fermare i migranti, semmai
esporli ad altri pericoli. La gente non sparisce, né rinuncia a partire se il
canale che conosce è bloccato. Una dimostrazione in questo senso si è avuta in
seguito all'accordo di marzo 2016 con la Turchia, con cui è stata chiusa la
rotta balcanica. I migranti non hanno smesso di muoversi, hanno trovato e utilizzato
altre strade o sono rimasti bloccati in condizioni terribili alle porte
dell'Unione europea, come i migliaia di rifugiati intrappolati in una sorta di
limbo in Serbia e sulle isole greche, tra temperature sotto lo zero e ripari di
fortuna. Pagano "il prezzo del cinismo dell’Europa e del riprovevole patto
con la Turchia", ha spiegato il capo missione di Msf in Grecia, Clement
Perrin, secondo cui "è vergognoso vedere che nonostante tutte le promesse
e i proclami dell’Europa, uomini, donne e bambini vivono nelle tende in queste
condizioni".
"La Ue
ha dimostrato di essere capace di chiudere le rotte di migrazioni irregolari,
come ha fatto nella rotta del Mediterraneo orientale", ha detto Tusk,
dimenticando che ad oggi non ne esistono – né sono in agenda – di regolari.
Dietro l'ipocrisia del "salvare vite", ancora una volta l'Europa ha
rinunciato a percorrere la via
dell'accoglienza e dei percorsi sicuri, privilegiando pratiche e accordi che
fino a questo momento hanno portato solo violenze, morti e diritti
negati. Secondo Judith Sunderland, associate director for Europe and
Central Asia di Human Rights Watch, "quella che l'Ue chiama ‘linea di
protezione' in realtà potrebbe essere una linea di crudeltà ancora più
profonda". Nulla di diverso da un muro, solo con un altro nome.
(Continua
su: http://www.fanpage.it/il-muro-dell-europa-nel-mediterraneo-per-fermare-i-migranti/ - http://www.fanpage.it/).
È pazzesco quanto
si legge o si ascolta dalla voce dei rifugiati, dopo aver filtrato le notizie. Chi
si imbarca per raggiungere l'Italia dalla Libia non sa cosa l'attende anche in Libia: chiusi in baracche, subiscono ogni angheria
che li spoglia di tutto e li ferisce fisicamente e sessualmente, scafisti o meno
che siano, c'è il criminale che si accanisce!!! … su questi disperati… per
ricavare un guadagno misero o meno, ma sempre un guadagno! Chi soffre, e soffre
tanto, al massimo è buttato a mare dai propri stessi compagni che da vittime diventano
carnefici! E i minori non accompagnati che fine fanno?
Chi non lo
dice è perché questi subiranno più di tutti gli altri in terra,sui barconi e...
14) L’Onu accusa Aung
San Suu Kyi: “Ha commesso crimini disumani verso la minoranza Rohingya”
La presidente del Myanmar – premio
Nobel per la Pace – è accusata di crimini contro l’umanità per il massacro
della minoranza islamica Rohingya.
ASIA 10
MARZO 2017 19:47 di Davide Falcioni
Militari e
poliziotti del Myanmar avrebbero commesso "crimini contro
l'umanità" nei confronti della minoranza islamica Rohingya. L'ha sostenuto
la delegata speciale dell'Onu nell'ex Birmania, Lee Yanghee, a un programma
della Bbc. Aung San Suu Kyi, la leader "de facto" del paese, ha
rifiutato di rilasciare qualsiasi intervista e di spiegare cosa stia accadendo,
tuttavia un portavoce del suo partito ha ribattuto alle accuse sostenendo
che sono "esagerate" e che la questione è "interna, non
internazionale". Lee Yanghee ha dichiarato che non le è stato permesso il
libero accesso nell'area del conflitto, ma che numerosi rifugiati in Bangladesh
le hanno testimoniato di "crimini contro l'umanità da parte dei militari
birmani di Myanmar, delle guardie di frontiera, della polizia e delle forze di sicurezza".
Onu: "Verso i Rohingya abusi
sistematici"
L'alta
funzionaria delle Nazioni Unite ha parlato di abusi "sistematici"
attribuendo responsabilità importanti al governo di Aung San Suu Kyi che, pur
essendo al potere da circa un anno, non ha ancora risposto a questi
"massicci casi di orribili torture e crimini estremamente inumani".
Negli ultimi mesi più di 70mila Rohingya, minoranza islamica di Myanmar, sono
fuggiti in Bangladesh nella speranza di riuscire a salvarsi dalle persecuzioni.
Aung San
Suu Kyi, premio Nobel per la pace, ha vinto le prime elezioni democratiche del
paese in 25 anni a novembre 2015. Il governo di cui è a capo ha sempre negato
tutte le più gravi accuse di violazione dei diritti umani nello stato di
Rakhine, sostenendo che l'operazione militare in corso in quella zona è in
realtà assolutamente legittima.
Chi sono i Rohingya e perché
vengono perseguitati
Quella
dei Rohingya è una popolazione estremamente povera proveniente dal
Bangladesh, che si è però insediata in Myanmar – ex Birmania – da molte
generazioni. Considerati una delle minoranze più perseguitate al mondo, sono di
fede musulmana in un paese a maggioranza buddista e rappresentano non più di un
cinquantesimo della popolazione del paese. La maggior parte di loro vive nello
Stato di Rakhine. Nel 1982, la giunta militare al potere all'epoca li privò
della cittadinanza birmana, circostanza che impedisce loro di accedere a
numerosi servizi come scuole e ospedali. Non hanno nemmeno il diritto di voto,
perciò non hanno potuto partecipare alle elezioni del 2015.
(Continua
su: http://www.fanpage.it/l-onu-accusa-aung-san-suu-kyi-ha-commesso-crimini-disumani-verso-la-minoranza-rohingya/ -http://www.fanpage.it/).
I Rohingya
sono perseguitati dal 1982. Ci si accorge solo ora delle loro condizioni di
migranti o vittime perenni? Non hanno nessun diritto? Non permettendogli nulla
se non di morire? I rappresentanti dell'ONU li hanno intervistati nella
speranza che serva a qualcosa, ma le scarne notizie che ci giungono di loro ci
dicono che nulla è cambiato: sono schiavi senza alcun diritto e schiavi restano
senza nessun diritto. Non stante la presenza di qualche volontario che, a
proprio rischio, e pericolo, cerca di portare un aiuto malvisto dalle autorità
locali.
15) “In Siria
si è toccato il fondo”. Intervista a Andrea Iacomini
Articoli, Esteri,
Interviste16 marzo 2017di: Gian Mario Gillio
«Almeno 652 bambini sono
stati uccisi in Siria nel 2016, con un aumento del 20% rispetto al 2015», lo
denuncia l’Unicef nel dossier «Hitting Rock Bottom» laddove, ricorda a Riforma.it il portavoce di Unicef
Italia, Andrea Iacomini «le gravi
violazioni contro i più piccoli, in un conflitto ormai giunto al sesto anno,
hanno raggiunto il livello più alto mai registrato».
In questa drammatica situazione
sono i bambini a pagare il tributo più alto. È così?
«Credo che ciò che sta accadendo in Siria sia il più grande fallimento della comunità internazionale degli ultimi settant’anni. Una guerra iniziata sei anni fa, una guerra che non si può semplicisticamente attribuire a una parte o dell’altra, una guerra dove non ci sono “buoni” e dove le responsabilità devono essere di tutti e, in mezzo a tutto ciò, vi è un popolo che soffre per una guerra che non voleva; una guerra per procura dove alla fine tutti sono scesi “in campo” e dove le più grandi potenze mondiali si sfidano come se giocassero a “Risiko”. Nel frattempo, i numeri del rapporto dicono chiaramente che è stato “toccato il fondo”, come recita il titolo del dossier: con oltre 5 milioni di rifugiati, di cui la metà bambini, per per non contare i morti. L’Unicef solo poco tempo fa decise di ricordare i morti e i bambini uccisi e le sofferenze di un intero popolo con una manifestazione denominata “Aleppo Day” e molto partecipata. In molti, quel giorno – era il 22 dicembre – ritennero che la guerra siriana fosse finita con “la presa” di Aleppo. Purtroppo non è stato così. La guerra non è finita, prosegue imperterrita, e causa la morte di migliaia di bambini, arreca danni fisici e psicologici e tutt’oggi 280 mila bambini sono ancora sotto assedio, tra ostilità e sofferenze che sembrano non cessare mai».
«Credo che ciò che sta accadendo in Siria sia il più grande fallimento della comunità internazionale degli ultimi settant’anni. Una guerra iniziata sei anni fa, una guerra che non si può semplicisticamente attribuire a una parte o dell’altra, una guerra dove non ci sono “buoni” e dove le responsabilità devono essere di tutti e, in mezzo a tutto ciò, vi è un popolo che soffre per una guerra che non voleva; una guerra per procura dove alla fine tutti sono scesi “in campo” e dove le più grandi potenze mondiali si sfidano come se giocassero a “Risiko”. Nel frattempo, i numeri del rapporto dicono chiaramente che è stato “toccato il fondo”, come recita il titolo del dossier: con oltre 5 milioni di rifugiati, di cui la metà bambini, per per non contare i morti. L’Unicef solo poco tempo fa decise di ricordare i morti e i bambini uccisi e le sofferenze di un intero popolo con una manifestazione denominata “Aleppo Day” e molto partecipata. In molti, quel giorno – era il 22 dicembre – ritennero che la guerra siriana fosse finita con “la presa” di Aleppo. Purtroppo non è stato così. La guerra non è finita, prosegue imperterrita, e causa la morte di migliaia di bambini, arreca danni fisici e psicologici e tutt’oggi 280 mila bambini sono ancora sotto assedio, tra ostilità e sofferenze che sembrano non cessare mai».
“Abbiamo toccato il fondo” è un titolo scelto solo per destare
scalpore?
«Sembrerebbe, ma non è così. Dice chiaramente che “allarghiamo le braccia e non c’è più nulla da fare”. Oggi è così, perché ci troviamo di fronte a bambini arruolati come piccoli soldati da ben sei anni di questo conflitto; a bambini che soffrono quotidianamente perché mutilati da bombe e violenze; a madri che uccidono i propri figli per alleviare loro altre sofferenze. Eppure, ormai da sei anni, ricordiamo alla comunità internazionale che la situazione è drammatica e che i profughi sarebbero arrivati a numeri impressionanti, oggi milioni, e nessuno ci ha creduti. Poi, è esplosa la situazione sfociata nella “fuga” verso la rotta balcanica. Come possiamo non dire che abbiamo toccato il fondo è che siamo arrivati a un punto di non ritorno. Tutto ciò che potevamo fare l’abbiamo fatto, e ciò che ancora oggi possiamo fare continuiamo a farlo: aiutare dove è possibile con tutte le nostre forze chiedendo anche aiuto a tutti coloro che ci sostengono, sensibilizzando dove è possibile. Una cosa che però stupisce è il silenzio di chi si è sempre speso per la pace e in particolare in questa situazione non lo ha fatto, e con essi la politica che non ha mai invitato nessuno a scendere in piazza per sensibilizzare su una tragedia dei nostri tempi, non l’unica ovviamente che lo avrebbe meritato».
«Sembrerebbe, ma non è così. Dice chiaramente che “allarghiamo le braccia e non c’è più nulla da fare”. Oggi è così, perché ci troviamo di fronte a bambini arruolati come piccoli soldati da ben sei anni di questo conflitto; a bambini che soffrono quotidianamente perché mutilati da bombe e violenze; a madri che uccidono i propri figli per alleviare loro altre sofferenze. Eppure, ormai da sei anni, ricordiamo alla comunità internazionale che la situazione è drammatica e che i profughi sarebbero arrivati a numeri impressionanti, oggi milioni, e nessuno ci ha creduti. Poi, è esplosa la situazione sfociata nella “fuga” verso la rotta balcanica. Come possiamo non dire che abbiamo toccato il fondo è che siamo arrivati a un punto di non ritorno. Tutto ciò che potevamo fare l’abbiamo fatto, e ciò che ancora oggi possiamo fare continuiamo a farlo: aiutare dove è possibile con tutte le nostre forze chiedendo anche aiuto a tutti coloro che ci sostengono, sensibilizzando dove è possibile. Una cosa che però stupisce è il silenzio di chi si è sempre speso per la pace e in particolare in questa situazione non lo ha fatto, e con essi la politica che non ha mai invitato nessuno a scendere in piazza per sensibilizzare su una tragedia dei nostri tempi, non l’unica ovviamente che lo avrebbe meritato».
Mentre l’Unicef ricorda i sei
anni di conflitto con un dossier dedicato alla sofferenza di tutta la
popolazione colpita in Siria, alcuni quotidiani nazionali concedono spazio a
Bashar Al Assad, intervistandolo. Cosa ne pensa?
«Questa domanda mi addolora. Oggi il popolo siriano non ha bisogno di riabilitazioni, perché quel che è accaduto al popolo siriano è sotto gli occhi di tutti, per mano di Assad e per “mano” di chi ha voluto contrastare Assad. Per mano dei ribelli o per “mano” dell’Isis. Quel che non si dovrebbe fare però, è tentare di scrivere una storia parziale perché sono troppi i morti, soprattutto i bambini, che devono pesare sulla coscienza di tante persone coinvolte e quelle di tutti noi. Credo che in tutta questa situazione ci siano solo colpevoli, nessuno può essere “riabilitato”».
«Questa domanda mi addolora. Oggi il popolo siriano non ha bisogno di riabilitazioni, perché quel che è accaduto al popolo siriano è sotto gli occhi di tutti, per mano di Assad e per “mano” di chi ha voluto contrastare Assad. Per mano dei ribelli o per “mano” dell’Isis. Quel che non si dovrebbe fare però, è tentare di scrivere una storia parziale perché sono troppi i morti, soprattutto i bambini, che devono pesare sulla coscienza di tante persone coinvolte e quelle di tutti noi. Credo che in tutta questa situazione ci siano solo colpevoli, nessuno può essere “riabilitato”».
Quali sono i dati del dossier e
che ritiene più significativi?
«652 bambini sono stati uccisi – un aumento del 20 per cento dal 2015; 255 bambini tra essi, proprio nei pressi delle loro scuole o addirittura all’interno degli istituti; più di 850, solo nel 2016, sono stati reclutati per combattere in questo conflitto, più del doppio del numero di reclutati nel 2015. Sono stati compiuti 338 attacchi contro gli ospedali e contro il personale medico. E queste sono solo le cifre accertate, individuate, dunque indicative. 20mila sono i bambini morti dall’inizio del conflitto, accertati, ma potrebbero essere molti di più, anche 50mila».
«652 bambini sono stati uccisi – un aumento del 20 per cento dal 2015; 255 bambini tra essi, proprio nei pressi delle loro scuole o addirittura all’interno degli istituti; più di 850, solo nel 2016, sono stati reclutati per combattere in questo conflitto, più del doppio del numero di reclutati nel 2015. Sono stati compiuti 338 attacchi contro gli ospedali e contro il personale medico. E queste sono solo le cifre accertate, individuate, dunque indicative. 20mila sono i bambini morti dall’inizio del conflitto, accertati, ma potrebbero essere molti di più, anche 50mila».
Come e dove opera l’Unicef?
«Siamo presenti in 189 paesi nel mondo e in prima linea ovunque siano riscontrabili emergenze, Siria, Yemen. In Iraq, ad esempio, dove a Mosul è in corso un assedio di una ferocia inaudita e dove operiamo portando cibo e acqua, assistenza ai profughi con kit igienico sanitari e aiuti di prima assistenza occupandoci in particolare dei bambini. Oggi il nostro impegno è particolarmente indirizzato verso la più grave carestia che ha colpito l’Africa, una carestia che non si vedeva dal 1945 e che sta devastando la Nigeria, il Sud Sudan, la Somalia, lo Yemen. Una situazione gravissima anche per via dell’instabilità politica presente in quelle aree e che sta rischiando di far morire nell’immediato un milione di bambini. Non nascondo che abbiamo bisogno di aiuti. Oggi, 4 miliardi di fondi devono essere sbloccati alle Nazioni Unite e sono ancora fermi; se questi non potranno essere utilizzati sarà difficile poter intervenire in quelle zone come vorremmo. L’aiuto di tutti è più che mai è necessario, direi fondamentale».
«Siamo presenti in 189 paesi nel mondo e in prima linea ovunque siano riscontrabili emergenze, Siria, Yemen. In Iraq, ad esempio, dove a Mosul è in corso un assedio di una ferocia inaudita e dove operiamo portando cibo e acqua, assistenza ai profughi con kit igienico sanitari e aiuti di prima assistenza occupandoci in particolare dei bambini. Oggi il nostro impegno è particolarmente indirizzato verso la più grave carestia che ha colpito l’Africa, una carestia che non si vedeva dal 1945 e che sta devastando la Nigeria, il Sud Sudan, la Somalia, lo Yemen. Una situazione gravissima anche per via dell’instabilità politica presente in quelle aree e che sta rischiando di far morire nell’immediato un milione di bambini. Non nascondo che abbiamo bisogno di aiuti. Oggi, 4 miliardi di fondi devono essere sbloccati alle Nazioni Unite e sono ancora fermi; se questi non potranno essere utilizzati sarà difficile poter intervenire in quelle zone come vorremmo. L’aiuto di tutti è più che mai è necessario, direi fondamentale».
(https://www.articolo21.org/2017/03/in-siria-si-e-toccato-il-fondo-intervista-a-andrea-iacomini/)
Anche
questo articolo sta diventando troppo denso di morti, torture, schiacciamento
dei diritti del singolo individuo e di ogni tentativo di alleviare le
sofferenze a qualcuno dei perseguitati, tentativo che non è altro che una
goccia di aiuto e sostegno umano in un oceano di odio, egoismo e quant'altro di
meno umano possa esistere.
Ci sarebbe
anche da fare la lista di padri e madri che uccidono i loro figli piccoli, accanto
a qualche atto generoso di bambina/o, come il caso del bimbo di tre anni che
salva il padre diabetico facendogli mangiare dello yogurt, esempio più che
generoso che non diminuisce quanto fanno gli adulti ai bambini che sono il
nostro futuro.
Ringraziamo
sempre quei volontari e benefattori, adulti o bambini, che si sacrificano per
gli altri: un grazie che vi vuole accompagnare sempre nel vostro impegno a
salvare questa umanità così sconvolta e sconvolgente.
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