di Giorgio Gagliardi

venerdì 20 ottobre 2017

La pulizia etnica esercitata nei confronti dei popoli più emarginati che è sempre più diffusa da molti governi/The Increasingly Widespread Tendency of Governments to Implement Programmes Aimed at Ethnic Cleansing at the Expense of the Most Marginalised Peoples


Compaiono raramente storie di migranti e loro racconti che facciano ancora rabbrividire i lettori, perché si verificano sulla pelle degli altri: questi derelitti, per sopravvivere, si allineano ad altri migranti che tentano di raggiungere nazioni meno crudeli, anche se incontrano altre difficoltà di sopravvivenza dovute alle intolleranze diffuse da parte degli abitanti delle località in cui si inseriscono. Qualche governo non si accorge che i nuovi arrivati devono essere istruiti su cosa incontrano e come deve essere il loro comportamento per non suscitare i soliti vespai che irritano tutti: ormai tutti i governi ricacciano il più possibile chi cerca aiuto e le fosse comuni che man mano vengono alla luce (scoperte sempre per caso) sono un chiaro indizio di intolleranza, di tentativi sempre più aggressivi verso coloro che stanno fuggendo e che cercano un riparo.

La pietà esiste per certi gruppi assistiti da associazioni di volontariato che fanno entrare legalmente alcune decine di fortunati migranti; la gran parte però è sempre in mano a governi il cui cambio/passaggio per il paese di profughi e soldi è sempre in favore dei soldi che incassano: le storie delle vittime e soprattutto dei bambini sembrano inverosimili, ma sono vere e avallate dalle cicatrici sul corpo delle vittime e dai resoconti di alcuni giornalisti che spesso ci rimettono la vita per essersi mischiarsi con queste vittime e aver subito le stesse angherie lungo il tragitto verso la scelta della spiaggia dove si credeva di trovare un’accoglienza degna degli esseri umani.

E la definizioni di “viaggi strazianti” dice molto sul trattamento che questi subiscono. Ma il viaggio dei migranti incontra poi “muri di cemento e filo spinato” costruiti proprio per loro, per fermare, bloccare il loro transito; tutto questo indica le scelte che i vari governi hanno fatto, escluse le scelte che faranno in un futuro prossimo. Ci si ricordi che mentre ci sono popoli che sono schiacciati e diminuiscono, i governi che li schiacciano fanno finta di aiutare questi inermi e sorridono. Ci sono governanti che cambiano atteggiamento e, mentre prima erano o si atteggiavano a vittime, ora sono gli oppressori o i cosiddetti menefreghisti che fingono di non avere né occhi, né orecchie, né di sapere cosa succede.

1) “Ai libici non piacciono i neri, ci hanno massacrato”, i racconti choc degli abusi sui migranti

Secondo il rapporto “Viaggi Strazianti” – diffuso da Unicef e Oim – il 77% dei minori che tentano di raggiungere l’Europa attraverso la rotta del Mediterraneo sono vittime di abusi dei diritti umani spaventosi. Ad essere presi maggiormente di mira sono i bambini e i giovani provenienti dall’Africa sub-sahariana. E la rotta verso l’Italia si conferma come la più mortifera: nel 2017 sono morte 2.563 persone.

ESTERI 12 SETTEMBRE 2017 17:37 di Mirko Bellis (http://www.fanpage.it)

Dentro il centro di detenzione in Libia dove mamme e neonati dormono su materassi per terra “Se cerchi di fuggire, ti sparano. Se smetti di lavorare, ti picchiano. Eravamo come gli schiavi, alla fine della giornata, ci chiudevano a chiave”, con queste parole Aimamo, un rifugiato di 16 anni del Gambia, ha descritto la sua esperienza una volta arrivato in Libia. Il drammatico racconto di questo ragazzo non accompagnato, costretto per mesi ad un estenuante lavoro manuale per mano dei responsabili della tratta di esseri umani, è contenuto nell'ultimo rapporto diffuso da Unicef e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). "Viaggi strazianti”, l’eloquente titolo del lavoro di indagine che raccoglie le testimonianze di 22mila migranti, di cui 11mila tra bambini e ragazzi. In esso emerge che fino a tre quarti (il 77%) dei minori che sono transitati sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale hanno vissuto esperienze dirette di abusi, sfruttamento e sono stati oggetto di traffico. Come Lovette, 16 anni, che ha lasciato la Nigeria per attraversare tutta la Libia. Senza documenti, la ragazza ha affermato di essere stata arrestata insieme agli altri migranti del suo gruppo. Rinchiusa in una cella sovraffollata, alle donne e ragazze veniva dato il cibo sono tre giorni alla settimana: se protestavano, venivano picchiate dalle guardie. Alla prima occasione, Lovette e gli altri hanno sono scappati dal centro e si sono imbarcati per l’Italia.

Minori che viaggiano da soli, senza nessuna protezione, e perciò più vulnerabili di fronte ai trafficanti e le bande criminali. Mentre tutti i migranti e i rifugiati corrono alti rischi – segnala il dossier – i bambini e i giovani sono molto più esposti allo sfruttamento e alla tratta rispetto agli adulti dai 25 anni in su. Un altro migrante della Gambia, Sanna di 17 anni, era disposto a fare qualsiasi lavoro pur di ottenere i soldi per continuare il suo viaggio. “Ma i libici a volte si rifiutavano di pagarci e se ci lamentavamo, venivano con una pistola. Non puoi fare niente, siamo stati trattati come schiavi”, ha ammesso.

Dalle interviste raccolte emerge anche un altro dato: i minori che vengono dall'Africa sub sahariana hanno probabilità molto maggiori di subire abusi rispetto a persone che si spostano da altri Paesi del mondo. La causa di questa disparità di trattamento – continua il rapporto – molto probabilmente risiede nel razzismo degli stessi contrabbandieri di esseri umani e delle milizie libiche. Christelle, una quindicenne della Repubblica Democratica del Congo, ha raccontato che, durante un controllo della polizia, gli agenti le hanno estorto del denaro. "Ai libici non piacciono i neri – ha asserito – al contrario, siamo quelli più maltrattati”. La maggior parte dei migranti e dei rifugiati che hanno attraversato la Libia continuano ad essere fortemente colpiti da illegalità, milizie e criminalità. Alieu ha 17 anni e adesso è in Italia come richiedente asilo. La sua esperienza non è stata molto diversa degli altri. Ricorda ancora il clima di violenza in Libia. "Ognuno ha una pistola – ha riferito agli operatori dell’Oim – anche i bambini, è proprio quello che mi ha impressionato di più". Gli fa eco il suo amico Abdullah, come lui del Gambia: “Sono stato a Tripoli per tre settimane e sparavano dappertutto. E’ questa la vita in Libia”. Circa 2 su 3 degli adolescenti hanno dichiarato di essere stati trattenuti contro la loro volontà nel Paese nordafricano. “Abbiamo rischiato le nostre vite per venire qui”, ha affermato Mohammad, un diciassettenne che ha viaggiato attraverso la Libia per cercare asilo in Italia. "Abbiamo attraversato il mare. Sapevamo che non era sicuro però abbiamo rischiato. O lo facevamo, o morivamo”.

“La dura realtà è che ormai pratica consueta che i bambini migranti lungo il Mediterraneo siano vittime di abusi, traffico, percosse e discriminazioni”, ha dichiarato Afshan Khan, direttore regionale e coordinatore speciale dell'Unicef per la crisi rifugiati e migranti in Europa. Dietro alla fuga dei minori dalla loro terra d’origine ci sono conflitti, guerre o violenze. Meno della metà dei giovani l’ha fatto per motivazioni economiche. Giovanissimi che, pur di accarezzare il sogno di una vita migliore in Europa, sono disposti a pagare tra i mille e i cinquemila euro. Soldi che in molti casi dovranno restituire una volta arrivati a destinazione, con il rischio di ulteriori sfruttamenti. “I fattori che li spingono a migrare sono gravi e queste persone intraprendono viaggi pericolosi pur sapendo che potrebbero costare loro la dignità, il benessere o anche la vita”, ha sottolineato Eugenio Ambrosi, Direttore Regionale dell'Oim per l’Unione Europea, la Norvegia e la Svizzera.

Il rapporto chiede a tutte le parti interessate – Paesi di origine, di transito e destinazione, l’Unione Africana, l’Unione Europea, le organizzazioni internazionali e nazionali con il supporto della comunità dei donatori – di dare priorità ad una serie di azioni. Queste comprendono: stabilire passaggi regolari e sicuri per i bambini migranti; rafforzare i servizi di protezione dei minori trovando alternative alla loro detenzione; lottare contro la tratta e lo sfruttamento ed infine combattere la xenofobia, il razzismo e le discriminazioni contro tutti i migranti e i rifugiati. “I leader dell’Unione Europea dovrebbero attuare delle soluzioni durature che comprendano percorsi migratori sicuri e legali, stabilire corridoi di protezione e trovare alternative alla detenzione di bambini migranti”, ha ribadito Khan. “Dobbiamo ravvivare un approccio alle migrazioni basato sui diritti – ha concluso Ambrosi – migliorare i meccanismi per identificare e proteggere i più vulnerabili nel processo migratorio, a prescindere dal loro status legale".

La rotta centrale del Mediterraneo si conferma la più mortifera. Secondo i dati diffusi dall'Organizzazione internazionale delle migrazioni, nel 2017 sono affogate lungo questo tratto di mare 2364 persone.


2) “Abbiamo mangiato cortecce di albero per sopravvivere”, la disperazione degli orfani Rohingya

Più di mille bambini Rohingya, nella loro fuga da persecuzioni e violenze, hanno perso i genitori. Stanchi, affamati e traumatizzati trovano rifugio nei campi profughi allestiti nel vicino Bangladesh. Minori non accompagnati – avverte Unicef – particolarmente a rischio di abusi sessuali, traffico di esseri umani e traumi psicologici. Non si ferma l’esodo della popolazione musulmana: dal 25 agosto sono oltre 370mila i Rohingya fuggiti dalla Birmania.

ESTERI ASIA 13 SETTEMBRE 2017 18:19 di Mirko Bellis

Attraverso la giungla o guadando i fiumi, sono sempre di più i bambini di etnia Rohingya che cercano rifugio in Bangladesh. Arrivano da soli perché, nella loro fuga da violenze, incendi e persecuzioni, hanno perso i genitori. Secondo l'Unicef, sono oltre mille i minori che, scappati da Myanmar (l’ex Birmania), sono arrivati nel Paese vicino senza le proprie famiglie. “Bambini che non hanno dormito per giorni e che sono stanchi e affamati. Dopo viaggi lunghi e difficili, molti sono malati e hanno bisogno di cure mediche. Bambini traumatizzati, che hanno bisogno di protezione e supporto psicosociale”, è l’allarme lanciato dall'agenzia umanitaria dell'Onu.

“Sono arrivato fin qui (in Bangladesh, ndr) – ha raccontato un bimbo di 10 anni – dopo un viaggio di tre giorni. Ho attraversato il fiume assieme ad alcuni adulti. Ho mangiato cortecce degli alberi e un po’ d’acqua per sopravvivere”. Minori non accompagnati – avverte Unicef – particolarmente a rischio di abusi sessuali, traffico di esseri umani e traumi psicologici. “I bambini sono quelli colpiti più duramente e hanno bisogno di supporto per sopravvivere e per superare i traumi mentali e fisici provocati dalle inondazioni e dagli spostamenti forzati di popolazione”, ha dichiarato Jean Lieby, responsabile per i programmi di protezione dell'infanzia dell'Unicef in Bangladesh.

Una crisi umanitaria che sta peggiorando giorno dopo giorno. Secondo le Nazioni unite, dal 25 agosto a oggi oltre 370.000 abitanti di etnia Rohingya hanno superato la frontiera del Myanmar, scappando dalle persecuzioni. Un esodo iniziato dopo la dura reazione del governo birmano – presieduto dalla Nobel per la pace Aung San Suu Kyi – in risposta ad un attacco dell’Arsa (Arakan Rohingya Salvation Army), avvenuto il 24 agosto. Nell'assalto alle postazioni di polizia e guardie di confine, morirono 12 agenti di polizia e guardie di confine e 77 guerriglieri.

“La portata e la velocità di questo flusso è senza precedenti”, ha sottolineato l'Unicef. L’80% di tutti i rifugiati sono bambini, adolescenti e donne, molte di loro in gravidanza. Secondo l’agenzia per i diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite, almeno 200.000 bambini Rohingya hanno bisogno di aiuti urgenti, come acqua potabile e servizi igienici di base per prevenire l’insorgere di malattie legate all'acqua. Di fronte all'escalation di violenze nei confronti dei Rohingya, l'Onu ha chiesto al governo di Myanmar di porre fine alle “crudeli operazioni militari”, definendole un “chiaro esempio di pulizia etnica”.

La maggior parte dei profughi ha trovato riparo nel distretto di Cox’s Bazar, nell'estremo sud-est del Paese, a poche decine di chilometri dal confine con il Myanmar. Per arrivarci, però, le decine di migliaia di Rohingya devono attraversare il fiume Naf, che delimita il confine birmano-bengalese. E non tutti ce la fanno. La polizia del Bangladesh – riferisce il portale di notizie BdNews24 – ha recuperato i cadaveri di tre donne e quattro bambini, annegati a seguito del naufragio della loro imbarcazione, portando a oltre 100 i morti affogati nell'attraversare il corso d'acqua che separa i due Paesi. E una volta superate mille difficoltà, nell’area di Cox’s Bazar, migliaia di famiglie con bambini sono costrette a dormire all’aperto in mancanza di riparo. “Tra chi è arrivato negli ultimi giorni, spesso dopo una lunga fuga a piedi e dopo aver abbandonato la propria casa tra violenze e uccisioni, il livello di disperazione è altissimo. Sono già molti i bambini che si sono ammalati per mancanza di cibo o acqua potabile", ha dichiarato George Graham, esperto di emergenze umanitarie di Save the Children.

Intanto, la primo ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, in visita ad un campo profughi a Cox's Bazar, ha rivolto un appello alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale affinché facciano pressione sul governo di Myanmar per porre fine alle violenze contro la popolazione Rohingya e perché venga consentito il ritorno dei rifugiati.


Fonti:

- Premier bengalese: “Sì agli aiuti ai rifugiati rohingya” (In Terris) https://www.intopic.it/notizia/12150727/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha

- Emergenza Rohingya: un milione di rifugiati in Bangladesh e le colpe dell'Onu (East)https://www.intopic.it/notizia/12162326/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha

Questa seconda relazione riguarda la stessa tematica della prima (i migranti in Birmania) ma potrebbe riguardare parimente altre nazioni del Sud e Nord America, dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa, che non navigano certo in acque migliori.

Bambini affamati costretti a dormire all’aperto, bambini che hanno già malattie e ne prendono delle altre, senza poter ricevere cure, bambini che assistono ad una vera e propria strage dei loro famigliari ad opera di soldati o paramilitari che se ne fregano altamente dei risvolti fisico-psichici per queste creature così vulnerabili, che sviluppano paura e/o indifferenza paranoica. Famiglie che tentano di superare fiumi e paludi per raggiungere terre più sicure, mentre i loro tentativi finiscono molto male, come nel caso di annegamenti, dell’attraversamento di lande impervie e del maltempo che falcia bambini ed adulti.

C’è da dire che sono molti i giovani aiutano come meglio possono questi disperati, ma spesso la mancanza di mezzi o altre difficoltà riducono le loro forze ed i loro interventi, senza l’aiuto dello stato da cui provengono e che conosce la sorte che potrebbe toccare ai giovani stessi. Inoltre, come in Birmania, i Rohinga vengono uccisi a bruciapelo senza nessun controllo da parte di chi li comanda o, come accadeva tempo fa, sono riforniti sui loro barconi quando arrivavano ad un sospirato porto che non li accetta veramente e che più o meno garbatamente li respinge molto ambiguamente: non possono attraccare e scendere a terra, quei derelitti, ma vengono respinti di nuovo in mare, via dalla coste. E aumentano le fosse comuni o i cadaveri in mare, che diventano così cibo per pesci.

Per le visite apostoliche di Papa Francesco della chiesa cattolica a dicembre in Birmania e Bangladesh non si può far altro che augurargli ogni bene e lodare l’impegno di colui che cerca di ridurre i muri, gli atteggiamenti odiosi di tutela dei confini e la pulizia etnica che non è altro che un grande eccidio contro i disperati che non possono far altro che tentare di difendersi alla men peggio, tutelando minori destinati a soccombere.

Come esemplificato dal caso di Mohammed, il bimbo che aveva subito la stessa sorte del piccolo  Aylan citato in un articolo di questo blog nel gennaio di quest’anno (fonte http://www.fanpage.it/mohammed-come-aylan-la-foto-che-spezza-il-cuore-e-il-dramma-dei-rohingya-in-birmania/ - http://www.fanpage.it/), in Myanmar (o Birmania che dir si voglia) è in atto una vera e propria pulizia etnica contro la minoranza Rohingya. Il governo (inclusa l’ex premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi) sono accusati di non agire, e il padre di questo bimbo morto mentre cercava di fuggire dal Paese con la propria famiglia spera che qualcuno si muova a loro favore.

3) Rohingya, lettera all'Onu di Nobel e attivisti per fermare gli orrori

Il documento, indirizzato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, invita a un intervento decisivo per arginare la crisi e chiede un'azione di convincimento nei confronti del governo birmano di Aung San Suu Kyi, affinché alla minoranza venga riconosciuta la cittadinanza. Oltre 370mila gli sfollati della comunità musulmana in Bangladesh, in fuga dalle violenze in Myanmar

Un appello corale al coraggio, prima che si arrivi a un punto di non ritorno: l’allarme per la sorte dei rohingya mobilita 12 Nobel e altri 15 tra attivisti, filantropi e politici di tutto il mondo, che scrivono al Consiglio di sicurezza dell’Onu chiedendo un’azione tempestiva, in un momento cruciale per fermare la spirale di violenza che colpisce la minoranza musulmana in Myanmar.

Una fiumana di gente, in fuga da maltrattamenti, incendi e brutali uccisioni. In decine di migliaia ammassati al confine con il Bangladesh, già raggiunto da oltre 370mila persone in appena venti giorni di orrori nello Stato di Rakhine, nel nord della Birmania. A rischio, soprattutto i minori non accompagnati esposti al pericolo di abusi e sfruttamento, mentre cresce il numero di famiglie senza un riparo e a corto di cibo e acqua. Dai tempi del dominio coloniale britannico, Rakhine è casa per il gruppo etnico dei rohingya, oggi una minoranza di 800mila persone, che i birmani però non considerano connazionali. 

La lettera arriva a poche ore da una notizia che fa molto discutere la comunità internazionale: la leader birmana e premio Nobel Aung San Suu Kyi non parteciperà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite fissata per la prossima settimana a New York. Appuntamento decisivo, in quanto il segretario generale Onu Antonio Guterres ha inserito in agenda proprio l'emergenza Rohingya, che peggiora significativamente di ora in ora.

“Secondo diverse organizzazioni, la recente offensiva militare dell’esercito di Myanmar nello Stato di Rakhine ha portato all’uccisione di centinaia di Rohingya. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate. I villaggi sono stati completamente bruciati, le donne stuprate, molti civili arrestati arbitrariamente, e bambini uccisi” si legge nel documento indirizzato al presidente e ai membri del Consiglio di Sicurezza Onu: “In un momento cruciale, alle organizzazioni è stato quasi completamente negato l’accesso, creando così una crisi umanitaria in un’area già estremamente povera”.

Tra i firmatari, i premi Nobel per la pace Muhammad Yunus, Malala Yousafzai e Shirin Ebadi, prima donna musulmana e cittadina iraniana a ottenere il riconoscimento. Ma anche l'ex ministra degli Esteri italiana Emma Bonino e Kerry Kennedy, figlia di Robert Kennedy e attivista per i diritti umani, Richard Branson, imprenditore e filatropo britannico, fondatore del Virgin Group, e l’ex leader irlandese Mary Robinson. Alla lettera è allegata anche una lista di passi preparatori per fronteggiare l’emergenza.

“Sollecitiamo il convincimento del governo di Myanmar affinché prenda una posizione immediata per implementare le raccomandazioni della Rakhine Advisory Commission istituita nel 2016 su pressione della comunità internazionale. La commissione, in gran parte composta da cittadini birmani e presieduta da Kofi Annan, ha raccomandato di dare la cittadinanza ai rohingya, per permettere loro libertà di movimento, diritti e uguaglianza di fronte alla legge, per assicurare una rappresentanza della comunità (la cui mancanza affligge i musulmani in maniera sproporzionata) e facilitare l’assistenza dell’Onu nel garantire un ritorno in sicurezza delle persone. La paura è diventata realtà attraverso l’attacco alle forze di sicurezza di Myanmar dei militanti. Senza uno sforzo costruttivo per una pace duratura, la situazione è destinata a peggiorare e rischia di porre serie minacce per la sicurezza delle altre nazioni”.

Segue il testo integrale della lettera dei Nobel e delle altre personalità consultabile al link: http://www.repubblica.it/esteri/2017/09/13/news/rohingya_la_lettera_all_onu_di_nobel_e_attivisti_per_fermare_gli_orrori-175407694/).

4) La Corea del Nord lancia un nuovo missile verso il Giappone

Pubblicato il 15 settembre 2017 alle ore 10:40

Abe: non tollereremo queste provocazioni scandalose
Tokyo (askanews) - Un nuovo missile nordcoreano è stato lanciato verso il Giappone: ha sorvolato il Paese ed è caduto nell'oceano al largo dell'isola di Hokkaido.
Il secondo lancio che minaccia direttamente Tokyo in meno di tre settimane è la risposta di Kim Jon Un all'inasprimento delle sanzioni Onu.

Il missile balistico a lungo raggio, partito dall'aeroporto di Pyongyang, secondo il ministero della Difesa di Seoul, avrebbe volato per 3.700 km a una massima altitudine di 770 km.

"Non tollereremo mai che la Corea del Nord continui con queste provocazioni scandalose" ha detto il premier Shinzo Abe che per la seconda volta ha visto il suo Paese in piena emergenza, con milioni di giapponesi svegliati dalle sirene e costretti a rifugiarsi in scantinati o a mettersi al riparo in un edificio.

Anche questo missile potenzialmente avrebbe potuto raggiungere la base militare americana di Guam.


- Trump, discorso Onu: Se costretti distruggeremo del tutto Corea del Nord
20 set, 08:01 di Laura Naka Antonelli Stampa

"Gli Stati Uniti hanno grande forza e pazienza. Ma se saremo costretti a difendere noi e i nostri alleati, non avremo altra scelta se non quella di distruggere totalmente la Corea del Nord". E' quanto ha detto il presidente americano Donald Trump, in occasione dell'Assemblea Generale dell'Onu.

Trump ha aggiunto che "la Corea del Nord sta minacciando il mondo intero".


- Corea Nord, saremo potenza nucleare

Condanna ulteriori sanzioni Onu, 'accelerano solo nostro passo'

(ANSA) - PECHINO, 18 SET - La Corea del Nord ha criticato la condanna decisa dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu sul missile balistico intermedio lanciato venerdì, chiarendo che la stretta internazionale ulteriore spingerà il Paese verso il "compimento di status di potenza nucleare". I movimenti in aumento "di Usa e forze vassalle nell'imposizione di sanzioni e pressione sulla Dprk - afferma il ministero degli Esteri in una nota rilanciata dall'agenzia Kcna - farà crescere solo il nostro passo verso il completamento verso lo status di potenza nucleare".

(Fonte: https://www.intopic.it/notizia/12056026/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha).

Oltre alla confusione determinata dagli arrivi, si aggiunge la paura abbastanza documentata di una guerra forse nucleare con le atomiche più avanzate, in mano a paranoici che vogliono sottomettere tutti e questo a suon di proiettili sparati anche in famiglia e sui propri cittadini che sorridono tutti per non essere tacciati di ostruzionismo.

Dobbiamo forse aspettare che qualche drone ci faccia cadere in testa qualche bomba particolare o siamo tutti pronti a difenderci, anche in Italia e con che cosa? Se guardiamo alla vicina Svizzera, osserviamo che i rifugi antiatomici in essere tempo fa sono stati abbandonati e destinati ad altri usi. Se ne deduce che anche in quel Paese non c’è più la sicurezza di sopravvivere a qualche disastro o scontro tra potenze, sebbene queste abbiano in serbo contingenti atomici non indifferenti e il perfezionamento di tali armi non sia certo regredito.

Il silenzio o le parole che si leggono da parte dei vari capi di quelle nazioni che sono abbastanza vicini ad usare tali mezzi che segnale è? Chi ci capisce è bravo! Solo i cosiddetti “capi” sanno cosa potrebbe succedere; il popolo comune potrà solo scegliere rimedi che forse non servono più e che vengono elargiti con molto ritardo ed ad esplosioni ed inquinamento avvenuti. Conteremo allora i morti col pallottoliere e staremo ad aspettare gli effetti di quelle bombe con cui ci minacciano come se fossimo lì ad aspettare solo quelle.

5) Messico, terremoto di magnitudo 7.1: decine di crolli, centinaia le vittime

La violenta scossa ha avuto epicentro nel centrosud del Paese ed è stata avvertita anche nella Capitale. Migliaia di persone in strada: molti crolli, decine di vittime e persone intrappolate.

AMERICHE 19 SETTEMBRE 2017 -  20:37 di Antonio Palma

Un fortissimo terremoto di magnitudo 7.1 della scala Richter è stato registrato in Messico nella serata di martedì ora italiana, il primo pomeriggio ora locale. La fortissima scossa ha avuto epicentro nel centro sud del Paese, nello stato di Puebla, ed è stata distintamente avvertita dalla popolazione locale anche nella capitale del Paese nordamericano, Città del Messico, dove migliaia di persone si sono riversate in strada. LA scossa ha causato decine di crolli e oltre cento vittime. La violenta scossa è stata registrata ad appena una settimana di distanza dal violento terremoto di 8,2 gradi Richter nel quale hanno perso la vita 100 persone.

A differenza del precedente sisma localizzato nelle acque dell'oceano davanti alle coste messicane, l'epicentro questa volta è nell'entroterra, a pochi chilometri dalla città di Chiautla de Tapia, nello stato di Puebla, per questo si temono ancora più vittime e danni. Molti utenti su twitter hanno segnalato crolli di interi edifici e incendi in molte città del Paese dove si è assistito a scene di panico. Da quello che si vede nelle immagini diffuse online, ci sono interi palazzi collassati. L’aeroporto internazionale di Città del Messico, distante 123 chilometri dall’epicentro, intanto è stato bloccato.

Il servizio sismologico messicano ha confermato una magnitudo di 7.1 per il terremoto inizialmente stimato con magnitudo 6.8, spiegando che l'epicentro è stato registrato a 12 km a sud est della città di  Axochiapan. Secondo i dati fornirti dall'istituto italiano di geofisica e vulcanologia, il sisma sarebbe stato registrato dai sismografi alle 13:14 ora locale, le 20:14 ora italiana. L'epicentro dunque è nell'entroterra ed è quindi scongiurato il rischio tsunami che invece era stato lanciato per il precedente sisma. "Non c'eè rischio di tsunami per il forte terremoto che ha colpito il Messico centrale, perché il sisma è avvenuto nell'entroterra lontano dalla costa, almeno a 200 km", ha confermato infatti il sismologo Alessandro Amato dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, aggiungendo: "Si sta valutando la profondità' del sisma, che l'Ingv stima preliminarmente intorno ai 60-70 km".

Messico, oltre cento morti per il terremoto

Il governatore dello Stato di Puebla ha comunicato che il numero di morti accertati nel suo territorio è salito a 26, mentre le autorità della Capitale hanno confermato che sono trenta i morti a Città del Messico. Si conseguenza il numero totale di morti causati dal terremoto in Messico ora supera le cento vittime: 54 nello stato di Morelos, nove nello stato del Messico, trenta a Città del Messico e 26 nello stato di Puebla. Secondo fonti non ufficiali, però, i morti sarebbero già molti di più visto che son molte le persone rimaste intrappolate tra le macerie.

I morti a Morelos sono saliti a 54, oltre 70 le vittime totali

Il numero dei morti accertati nello stato di  Morelos è salito a 54, lo hanno comunicato le autorità locali dopo aver fatto un nuovo bilancio delle vittime. Ora quindi sono oltre settanta le vittime complessive del terremoto in Messico. Un numero purtroppo destinato a salire ancora , come hanno annunciato i responsabili della protezione vivile messicana visto che sono ancora numerose le persone che mancano all'appello e tanti gli edifici crollati per il sisma. I soccorritori sono al lavoro insieme a decine di comuni cittadini pronti a dare una mano per cercare di recuperare quante più persone ancora in vita.

Il sostegno di Trump e Trudeau ai messicani

Tra i primi leader mondiali ad annunciare il proprio sostegno al popolo messicano colpito dalla tragedia del terremoto, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il leader statunitense, noto per le sue posizioni radicali anti immigrati messicani, attraverso Twitter ha espresso vicinanza proprio ai messicani, dichiarando: "Dio benedica il popolo di Città del Messico. Siamo con voi e saremo sempre con voi". Anche il premier canadese Justin Trudeau ha voluto testimoniare,  attraverso i social, la sua vicinanza alla popolazione colpita. "Arrivano notizie devastanti da Città del Messico. I miei pensieri sono per le persone colpite dal terremoto di oggi. I Canada sarà pronto ad aiutare i nostri amici" ha scritto Trudeau su twitter.

I morti salgono a 60

Sono saliti a oltre 60 le vittime accertate fino a questo momento per il  terremoto in Messico. Le autorità di protezione civile nello Stato di Puebla infatti hanno confermato che nel territorio di loro competenza i morti sono almeno sei tra cui le due donne colpite in strada dai detriti. Al momento dunque la tragica conta dei morti parla di 42 vittime nello stato di Morelos, come confermato dal governatore locale, 9 nello stato del Messico che circonda la Capitale, anche in questo caso su conferma del governatore, mentre 6 morti sono stati recuperati nello stato di Puebla e 4 a Città del Messico, come ha comunicato il sindaco della città.

Crollata un scuola, bimbi intrappolati tra le macerie

Tra gli edifici crollati a causa del terremoto ci sarebbe anche una scuola di Città del Messico con dentro diversi bambini. L'edifico si trova nella zona di Coyoacan, ed è completamente collassato a causa della scossa. Sul posto sono al lavoro decine di soccorritori e gente comune che scavano tra le macerie in cerca dei bimbi bloccati. Almeno uno dei piccoli sarebbe stato tratto in salvo ma non si sa ancora quanti altri siano intrappolati sotto le macerie. Sempre causa della scossa di  terremoto si segnala il crollo anche di una fabbrica dove erano al lavoro diversi operai di cui ora non si hanno più notizie.

L’incubo di un italiano: “Crollano edifici, sembra un film horror”

La testimonianza di un italiano che ha vissuto queste ore terribili in Messico. Nicolas Putzolu è da tre settimane è prigioniero del terremoto in Messico, dopo essere rimasto bloccato dal precedente sisma, non riesce a prenotare un volo per tornare in Europa ed è costretto a vivere a Città del Messico. La scossa èstata "più violenta di quella di dieci giorni fa, ci sono edifici che crollano e serbatoi di gas che esplodono, sembra un film dell'orrore", ha raccontato

Oltre 50 morti in tutto il Paese

Sarebbero oltre 50 le vittime del fortissimo terremoto di magnitudo 7.1  che ha colpito il  Messico nella giornata di martedì. Oltre ai 42 morti segnalati dal governatore dello stato di Morelos, altre 5 vittime accertate  sono state segnalate nello stato di Puebla. Questi due sarebbero gli stati più perché nel loro territorio è stato localizzato l'epicentro del sisma. Secondo il governatore locale altre 8 vittime ci sarebbero state nello stato del Messico che circonda la Capitale, mentre secondo fonti informali altre 4 persone avrebbero perso la vita proprio a Città del Messico.

Milioni di persone senza elettricità - Messico, tremenda esplosione dopo la violenta scossa

Pubblicato da WorldNews

Sarebbero milioni le persone senza elettricità in Messico dopo il violento terremoto che ha colpito il Paese. Lo ha reso noto la stessa società elettrica statale del Messico, spiegando che secondo un primo calcolo almeno 3.8 milioni di utenti sono rimasti senza corrente elettrica a causa dei guasti. Problemi ci sono anche per il gas dopo che diverse condutture sono saltate e hanno dato vita in alcuni casi anche a violente esplosioni e incendi.

Almeno 42 morti nello stato di Morelos - Messico, spaventosa scossa di terremoto sgretola in un secondo una casa

Si aggrava di ora in ora il bilancio del terremoto in Messico. Dopo le vittime accertate a Puebla, il governatore dello stato di Morelos, Graco Ramírez, ha riferito di almeno altri 42 morti causati dal terremoto nel suo stato tra cui diversi nel capoluogo Cuernavaca. In totale al momento sarebbero una cinquantina le vittime del terremoto.  Oltre a quelle dello stato di Morelos, si devono aggiungere i morti segnalati nella zona di città del Messico e gli altri nello stato di Pueblo. Come si temeva dunque potrebbe essere pesantissima la conta dei morti del sisma. Il presidente Enrique Peña Nieto ha confermato che 27 edifici sono crollati a Città del Messico, ma non ha voluto dichiarare numeri sulle vittime nella capitale.


Due donne morte in strada a Puebla

Tra le vittime accertate quasi tutte erano in strada e non in edifici quando è avvenuto il terremoto e sono state colpite da massi e calcinacci caduti dai palazzi colpiti. Tra di queste due donna sui 30 anni che hanno perso la vita nel crollo di una parte della facciata di un edificio nel centro storico della città di Puebla perché colpite mentre stavano camminando in strada vicino alla cattedrale.

Voragine nel suolo, aeroporto chiuso

L’aeroporto internazionale di Città del Messico, distante 123 chilometri dall’epicentro, intanto è stato bloccato così come altri scali minori della zona. Quello della Capitale, che  è il secondo scalo dell'America Latina per volume di passeggeri,  è stato pesantemente danneggiato in alcuni punti, in particolare l'area del l terminal 2 dove  una voragine ha aperto il suolo in più punti.

Il Safety Check di Facebook è attivo

Facebook ha da pochi minuti attivato il Safety Check per consentire agli utenti di informare amici e parenti della propria incolumità in seguito al terremoto di magnitudo 7.1 sulla scala Richter che è stato registrato nella mattinata di oggi in Messico.

Almeno cinque morti, molti intrappolati tra le macerie

Ci sarebbero già le prime vittime accertate nel terribile terremoto in Messico. Un primissimo bilancio parla di almeno 5 persone decedute nei crolli nello stato di Puebla ma i media locali  parlando di molte persone intrappolate tra le macerie degli edifici crollati. Tra questi ultimi ci sarebbe anche una scuola. Tra le vittime due donne sui 30 anni che hanno perso la vita nel crollo di una parte della facciata di un edificio nel centro storico della città di Puebla perché colpite mentre stavano camminando in strada vicino alla cattedrale. Anche un uomo e una donna sono morti per il crollo di parti di edifici.

Scuole chiuse, ospedali evacuati: convocato comitato di emergenza

Le autorità messicane hanno deciso di sospendere le lezioni in tutte le scuole delle città coinvolte dal potente sisma che ha colpito il Paese mentre è stata decisa l'evacuazione di decine di pazienti dagli ospedali. I danni più gravi si registrano negli stati centrali di Puebla e Morelos, quelli a cavallo dell'epicentro del sisma ma danni sono segnalati anche a Città del Messico e in altre grandi città del Paese. Il presidente messicano Enrique Pena ha convocato una seduta immediata del Comitato nazionale di emergenza dopo essere rientrato dallo Stato di Oaxaca dove stava visitando le zone colpite dal precedente sisma.

Molti edifici crollati, collassata anche una chiesa

Gravissimi i danni provocati dal sisma di 7,1 gradi della scala Richter in Messico.  Oltre a crolli di tetti, muri e calcinacci sono stati segnalati interi edifici collassati anche nella Capitale come  a Condesa, quartiere centrale di Città del Messico, dove si segnalano persone intrappolate tra le macerie. Ho visto cadere l'edificio, è parecchio alto, c'è molta. gente dentro, non capisco perché non arrivino più aiuti", ha detto alla tv messicana una donna che vive davanti all'edificio. Un tratto dell'autostrada è crollato invecetra la capitale e Acapulco, mentre a sud della capitale è crollata una intera chiesa con all'interno alcune persone.



Terremoto scuote il Messico, crolli nella capitale

Video pubblicato il 19 settembre 2017 alle ore 21:17AMERICHE 19 SETTEMBRE 2017 di Antonio Palma

Incendi e crolli registrati nel capitale messicana dopo il sisma di magnitudo 7.1


Come si potrà notare visitando il link di cui sopra, gli articoli citati sono presentati in ordine cronologico dal basso verso l’alto.
L’elenco dei disastri terrestri, quindi, si arricchisce di altre disgrazie come dei terremoti che ormai sono diventati frequenti e alcuni esperti dichiarano che l’uomo li può provocare. Ma intanto la natura va avanti a fare quello che le sue stesse condizioni fanno.
Ma ormai, al giorno d’oggi, gli articoli riguardanti questo tragico evento, per quanto consultabili online, sono stati rimossi dai notiziari e appartengono al passato, all’archivio. Tuttavia, la gente del posto, che ha subito tragiche conseguenze, ora è là ad industriarsi per assicurarsi la sopravvivenza propria e dei propri cari sopravvissuti, aspettando i soliti volontari seri ed efficienti che portano e danno quello che possono, senza aspettare il sostegno dei propri governi che, dopo aver lanciato fervide offerte di aiuto, hanno lasciato che tutto venisse coperto dalla polvere del tempo.

7) Naufragio migranti in Libia, oltre 100 dispersi: soccorsi attesi in mare una settimana

Stando a quanto riferisce l’UNHCR Lybia per una settimana i migranti a bordo di un barcone hanno atteso l’arrivo di una nave di soccorritori. Solo in sette sono stati recuperati ancora vivi.

CRONACA ITALIANA 22 SETTEMBRE 2017  08:09 di Davide Falcioni

Per una settimana è stato immobile nel Mar Mediterraneo, a una distanza di circa 70 chilometri dalla costa di Tripoli, il barcone con a bordo almeno 130 persone recuperato ieri dalla Guardia Costiera libica. Per sette lunghi giorni gli occupanti, dopo aver finito il carburante, hanno atteso l'arrivo di una nave di soccorritori, fin quando il natante non si è capovolto per poi affondare. Solo sette migranti sono stati recuperati – fortunatamente ancora in vita –  ma è assolutamente certo che il bilancio delle vittime è molto pesante: si teme che i morti possano essere almeno 100. A renderlo noto è stato nella tarda serata di ieri un tweet dell'UNHCR Libia.

Quello a largo di Tripoli è stato il primo naufragio reso noto all'opinione pubblica da quando l'Italia ha siglato un accordo con il governo do Tripoli per controllare le partenze dei migranti. Stando alle poche informazioni fornite dai superstiti – tra i quali ci sono due donne e una bambina – e a quelle raccolte dalla Guardia Costiera libica il barcone era salpato venerdì scorso da Sabrata con a bordo non meno di 130 persone: la traversata verso le coste italiane si sarebbe interrotta dopo circa 70 miglia, quando è finito il carburante dell'imbarcazione. Per quai una settimana i pochi superstiti sono riusciti a resistere in mezzo al Mar Mediterraneo, mentre a decine sono morti.

La Guardia costiera di Tripoli ha dichiarato di aver ricevuto la richiesta di soccorso solo ieri. "Nella zona di Sidi Saied, venti chilometri a ovest di Zuara, è stata trovata un’imbarcazione distrutta con accanto sette migranti illegali in vita, uno dei quali è deceduto più tardi in ospedale" ha spiegato l’ammiraglio Ayob Amr Ghasem, portavoce della Marina libica. L'ufficiale ha confermato che il naufragio sarebbe avvenuto dopo che l’imbarcazione era rimasta senza carburante.


Sono incomprensibili i discorsi che fanno i politici per meglio inquadrare il fenomeno migranti. Da anni a questa parte si riuniscono in alberghi a cinque stelle per fare discorsi a non finire; poi se ne vanno e i migranti vanno avanti come prima nel tentativo di trovare qualcosa di stabile, anche se cominciano a incontrare resistenza non indifferente all’interno dei locali. Testardamente continuano ad imbarcarsi su gommoni inefficienti e pericolosi, che spesso e volentieri si capovolgono facendo annegare chi non sa nuotare o anche chi sa nuotare, ma resta per troppo tempo in balia di acque non certo confortevoli. L’ennesimo e non ultimo naufragio non sembra spingere a soluzioni immediate. Purtroppo dietro il sacrificio di chi li recupera e li assiste c’è la solita filiera del guadagno di chi in qualche modo si è intrufolato nell’assistenza a questi profughi:  anche se emerge solo qualche caso, in realtà c’è molto di più e non così allo scoperto. È  triste dirlo, ma si è trovato un nuovo modo di guadagnare e chi guadagna si nasconde dietro qualche caso eclatante che emerge dalla cronaca ormai quotidiana.

8) Rohingya: l'Onu chiede un intervento immediato per fermare la pulizia etnica

BANGLADESH – Articolo di Salvatore Falco - Euronews (ultimo aggiornamento: 24/09/2017)

Occorrono 200 milioni di dollari per affrontare la crisi dei profughi, esercito del Myanmar accusato di violenze sulle donne.

Fuggono dai villaggi in fiamme e le donne arrivano in Bangladesh con i traumi e i segni di ripetute violenze sessuali. Secondo l’Onu occorrono 200 milioni di dollari per affrontare la crisi dei profughi Rohingya.

Sono oltre 429.000 le persone fuggite dal Myanmar a fronte della repressione dell’esercito birmano, denunciata dall’Onu come pulizia etnica.

L’alto commissario Onu per i rifugiati descrive una situazione catastrofica.

“Mi ha colpito l’incredibile grandezza dei loro bisogni – dice Filippo Grandi – Hanno bisogno di tutto: hanno bisogno di cibo, hanno bisogno di acqua potabile, hanno bisogno di un riparo, hanno bisogno di un’assistenza sanitaria adeguata. Forse la necessità più urgente è quella di trovare loro una sistemazione adeguata”.

Sono oltre 7 mila le donne che denunciano violenze sessuali e la leader birmana, Aung San Suu Kyi, non va al di là di condanne verbali.

“Le storie che sentiamo dai sopravvissuti sono orribili: abbiamo situazioni in cui le persone sono state violentate da più aggressori”, dice Kate White di Medici senza Frontiere.

A questo si aggiunge che i pescatori Bengalesi si offrono di salvare i profughi solo dietro compenso, mentre l’esercito indiano utilizza granate assordanti e spray al peperoncino per respingerli in Myanmar.

(Continua su: https://www.intopic.it/notizia/12085681/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha ).

- Bangladesh, si rovescia una barca di migranti rohingya: si temono oltre 80 morti

Erano in fuga dalla Birmania, recuperati 14 cadaveri

Una tragedia insopportabile. Potrebbero essere oltre 80 i profughi Rohingya in fuga dalla Birmania morti annegati in mare davanti alla costa del Bangladesh quando il barcone su cui viaggiavano si è rovesciato a pochi metri dalla spiaggia, al largo di Cox's Bazar. Finora sono stati recuperati 14 cadaveri, tutti di donne e bambini, mentre altre persone sono riuscite a mettersi in salvo. Ma secondo dei sopravissuti, citati da Al Jazeera e da altri media, la barca trasportava "oltre 100 persone".

In un tweet l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) di Dacca ha segnalato che una unità che aveva a bordo 130 rifugiati Rohingya è affondata mentre cercava di raggiungere il Bangladesh, Il sovrintendente aggiunto di polizia, Afruzul Haque Tutul, ha indicato che i corpi senza vita, per la maggior parte di bambini, sono stati localizzati nel pomeriggio a Paqthuartek, sulla spiaggia di Inani.  La polizia, ha precisato il portale, ha detto che i soccorritori sono comunque riusciti a salvare quattro Rohingya, due donne e due bambini.

Globalist – 29.09. 2017

(Fonte: http://www.globalist.it/world/articolo/2012259/bangladesh-si-rovescia-una-barca-di-migranti-rohingya-si-temono-oltre-80-morti.html).

- Myanmar, 40 mila rohingya in fuga. L'Onu: "Rischio catastrofe umanitaria"

Esodo disperato verso il Bangladesh, dopo una settimana di scontri nello stato di Rakhine. Il governo respinge le accuse: "Solo azioni contro i ribelli armati"

Sono ormai 60 mila le persone che hanno abbandonato le proprie case per cercare riparo in Bangladesh, dopo una settimana di scontri nello stato di Rakhine, nel nord-ovest del Myanmar. Gli attacchi dei ribelli, condotti dall’Esercito di salvezza dei Rohingya, hanno provocato la violenta risposta dell’esercito birmano, che ha causato la morte di almeno 400 persone, in maggioranza civili musulmani della comunità Rohingya. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha lanciato un appello alla moderazione, temendo una catastrofe umanitaria.

La settimana scorsa un gruppo di ribelli ha attaccato numerose postazioni della polizia e dell’esercito, provocando diverse vittime, anche tra i civili. La rappresaglia delle forze di sicurezza birmane è stata dura e immediata. Secondo Chris Lewa, direttore dell’’Arakan Project’ per il supporto alle popolazioni locali, l’esercito birmano avrebbe circondato il villaggio di Chut Pyin mentre la popolazione stava evacuando, uccidendo almeno 130 Rohingya. In questo momento tutta l’area è interdetta ai giornalisti, e le organizzazioni umanitarie hanno sospeso le proprie attività dopo esser state accusate di supportare i ribelli: nello stato di Rakhine circa 120mila esuli, in maggioranza Rohingya, sono rimasti senza cibo né acqua nei campi di accoglienza.

Il Bangladesh, che ospita oltre 400mila rifugiati Rohingya arrivati in questi anni di persecuzioni, ha chiuso le frontiere e circa 20mila persone sono ora bloccate al confine con il Paese. Il governo del Myanmar, di cui fa parte il premio nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, rifiuta le accuse della
comunità internazionale: l’esercito sta combattendo contro i ribelli armati e non sta commettendo rappresaglie contro i civili. Ma il segretario dell’Onu Guterres ha esortato le autorità del Myanmar “a garantire assistenza a tutti coloro che ne hanno bisogno”

01.09.2017


9) L’Onu accusa Aung San Suu Kyi: “Ha commesso crimini disumani verso la minoranza Rohingya”

La presidente del Myanmar – premio Nobel per la Pace – è accusata di crimini contro l’umanità per il massacro della minoranza islamica Rohingya.

ASIA 10 MARZO 2017  19:47 di Davide Falcioni

Militari e poliziotti del Myanmar avrebbero commesso "crimini contro l'umanità" nei confronti della minoranza islamica Rohingya. L'ha sostenuto la delegata speciale dell'Onu nell'ex Birmania, Lee Yanghee, a un programma della Bbc. Aung San Suu Kyi, la leader "de facto" del paese, ha rifiutato di rilasciare qualsiasi intervista e di spiegare cosa stia accadendo, tuttavia un portavoce del suo partito ha ribattuto alle accuse sostenendo che sono "esagerate" e che la questione è "interna, non internazionale". Lee Yanghee ha dichiarato che non le è stato permesso il libero accesso nell'area del conflitto, ma che numerosi rifugiati in Bangladesh le hanno testimoniato di "crimini contro l'umanità da parte dei militari birmani di Myanmar, delle guardie di frontiera, della polizia e delle forze di sicurezza".

Onu: "Verso i Rohingya abusi sistematici"

L'alta funzionaria delle Nazioni Unite ha parlato di abusi "sistematici" attribuendo responsabilità importanti al governo di Aung San Suu Kyi che, pur essendo al potere da circa un anno, non ha ancora risposto a questi "massicci casi di orribili torture e crimini estremamente inumani". Negli ultimi mesi più di 70mila Rohingya, minoranza islamica di Myanmar, sono fuggiti in Bangladesh nella speranza di riuscire a salvarsi dalle persecuzioni.

Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, ha vinto le prime elezioni democratiche del paese in 25 anni a novembre 2015. Il governo di cui è a capo ha sempre negato tutte le più gravi accuse di violazione dei diritti umani nello stato di Rakhine, sostenendo che l'operazione militare in corso in quella zona è in realtà assolutamente legittima.

Chi sono i Rohingya e perché vengono perseguitati

Quella dei Rohingya è una popolazione estremamente povera proveniente dal Bangladesh, che si è però insediata in Myanmar – ex Birmania – da molte generazioni. Considerati una delle minoranze più perseguitate al mondo, sono di fede musulmana in un paese a maggioranza buddista e rappresentano non più di un cinquantesimo della popolazione del paese. La maggior parte di loro vive nello Stato di Rakhine. Nel 1982, la giunta militare al potere all'epoca li privò della cittadinanza birmana, circostanza che impedisce loro di accedere a numerosi servizi come scuole e ospedali. Non hanno nemmeno il diritto di voto, perciò non hanno potuto partecipare alle elezioni del 2015.


10) Bimbo di 10 anni picchiato da baby gang: mal di testa e vomito dopo scuola. Ora è in ospedale

I fatti sono avvenuti in un istituto in provincia di Venezia che ha già avviato un’indagine interna. Il protagonista è un bimbo straniero di 10 anni è finito all’ospedale per delle presunte botte, alla testa, che gli sarebbero state inferte da un gruppo di bulli italiani nella pausa di ricreazione a scuola.

ITALIA VIOLENTA 3 OTTOBRE 2017  12:13 di Biagio Chiariello

Un bimbo di dieci anni è stato picchiato a scuola da una baby gang, composta da compagni del suo stesso istituto più grandi di lui. La vittima è un bimbo asiatico che frequenta la prima media in un istituto di Santa Maria di Sala (Venezia) e non ha ancora compiuto gli 11 anni. Secondo le ricostruzioni de Il Gazzettino, giovedì scorso il bimbo avrebbe subito quello che può essere considerato un vero e proprio agguato. I bulli, tutti italiani e tutti più grandi di lui in quanto frequentano la terza media, lo avrebbero prima seguito fino al bagno della scuola, per poi sferrargli un pugno in volto durante una pausa dalle lezioni. Terminata la ricreazione e dopo essere rientrato in aula, il giovane alunno, in evidente stato di choc con tanto di occhio gonfio, si è sentito male, accusando un forte mal di testa poi accompagnato da conati di vomito.

Ad accorgersi di quanto era successo è stato il padre, che lo stava riportando a casa prima della fine delle lezioni, ma poi ha deciso di deviare d’urgenza in ospedale, esattamente al pronto soccorso di Mirano, in quanto il bimbo continuava a stare male. Il Gazzettino riporta le dichiarazioni di una professoressa che ha parlato di “atti di prevaricazione da parte di una specie di baby gang, volti noti dentro come fuori la scuola e già protagonisti anche di alcuni episodi vandalici nell’hinterland comunale”. Il bimbo nel frattempo è stato trasferito, per maggiori controlli, in ambulanza al nosocomio di Dolo dove è stato trattenuto, dopo gli accertamenti medici del caso, per una notte in osservazione. L'istituto avrebbe avviato un'indagine interna mentre l'ufficio scolastico regionale non ha ricevuto al momento alcuna segnalazione.

"Ci stiamo dando da fare per capire se ci sono situazioni di bullismo all'interno della scuola, se questo non c'è ben venga, se c'è sarebbe giusto come educatori denunciarlo". Lo ha detto il sindaco di Santa Maria di Sala, Nicola Fragomeni, sul presunto episodio di bullismo avvenuto nella scuola media cittadina "Non bisogna avere l'omertà- ha aggiunto Fragomeni -, bisogna denunciare perché le violenze devono essere fermate". "Abbiamo un piano formativo da 17mila euro – ha aggiunto – e in questo programma c'è un progetto precisi sul bullismo e sul cyber bullismo e cerchiamo di tenere alta la guardia sui ragazzi che approfittano di quelli più deboli: noi siamo qui per difendere chi ha bisogno".


Come dimostra questo ennesimo caso, il bullismo non si ferma, e sono i casi che emergono e riescono a fare notizia a farsi notare, mentre tutti gli altri restano nell’ombra della vergogna familiare o del singolo che soffre e tace per non peggiorare le realtà dei bulli sadici, perversi e sempre sostenuti da un consenso abbastanza elevato. Quale la responsabilità degli adulti in tutto questo?

Stessa situazione riguarda le giovani stuprate: “Se lo sono voluto”… “Hanno atteggiamenti scomposti, gonne corte, vestiti che richiamano… ed allora è successo perché lo volevano”.

E così tutte le femmine o amici maschi di ogni età sono alla mercé di chi è stimolato dalla propria incontinenza e da letture ben poco edificanti. Poi chi è oggetto di stupro o bullismo sarà segnato a dito per sempre anche se, ora come ora, si dà meno importanza a quello che succede agli altri.

11) Somalia, strage di Mogadiscio: oltre 200 morti e più di 300 feriti nell’attentato

Sale a oltre 200 morti e 300 feriti il bilancio della strage di ieri a Mogadiscio, provocata da due camion-bomba esplosi davanti al Safari Hotel. Ma potrebbero esserci altre vittime: molte persone potrebbero essere ancora intrappolate sotto le macerie.

AFRICA 15 OTTOBRE 2017 -  16:52 di Annalisa Cangemi

Due camion bomba sono stati fatti esplodere davanti a un hotel a Mogadiscio, nei pressi del ministero degli Esteri. Il bilancio dell'attentato di ieri è di oltre 200 morti e almeno 300 feriti."Le vittime confermate sono 237, ci sono altre persone decedute in altri ospedali in seguito alle gravissime ferite riportate", ha detto Abdirizak Omar Mohamed, ex ministro della Sicurezza interna. Ma si teme che il bilancio possa ancora salire, perché molti sono rimasti intrappolati tra le macerie.

L'attentato è avvenuto intorno alle 14.40 di ieri: Il Safari Hotel è andato quasi completamente distrutto. La strada in quel momento era molto affollata e l'esplosione ha anche danneggiato diversi edifici vicino tra cui l'ambasciata del Qatar. L'attacco non è stato ancora rivendicato, ma la polizia segue la pista dei terroristi islamisti di al Shebaab, legati ad al Qaeda dal 2012, che in passato hanno già compiuti attentati come questo.

Tra le vittime ci sarebbero anche quattro volontari della Mezzaluna Rossa somala mentre altri di loro sono dispersi. Le autorità hanno lanciato un appello per invitare i cittadini a donare il sangue. Sono migliaia i somali, incluso il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, che si sono già attivati per donare il sangue necessario a curare i feriti ricoverati negli ospedali.

Alfano si è detto "Scioccato dal terribile attacco contro persone innocenti" e ha espresso "Vicinanza e condoglianze al popolo e al governo della Somalia".


Dunque, come vediamo, il massacro o la corsa al massacro non si ferma: tutto è come prima, anche se vengono spostati eserciti da una parte o dall’altra, questi non fanno che accrescere non la sicurezza, ma altre forme di violenza, di cui emerge solo parte dei particolari rispetto a quanto realmente succede.

In tutte le guerre, gli stupri delle vittime perdenti erano all’ordine del giorno come pure le razzie dei beni dei civili, ma in questo caso non siamo in guerra. Quei soldati non sono mercenari d’assalto: dovrebbero difendere i civili dove arrivano; ma succede che non si istruiscono abbastanza quei cosiddetti difensori che invece approfittano delle loro condizioni di superiorità strumentali per fare i loro comodi.

Forse sarebbe il caso, come del resto è stato sempre fatto, di fornire a questi soldati delle femmine che si prestino a soddisfarne le necessità fisiche e così fermare gli stupri, come si è sempre fatto in passato presso tutte le nazioni in guerra. Ciò che si dice succede da secoli, ma l’uomo non ha imparato nulla dalle esperienze precedenti. Gli articoli citati di seguito sottolineano questo fatto diffuso dappertutto, non solo fra i soldati della CEE, ma per ogni combattente che arriva in un posto dove ha operato: e allora sono dolori per chi c’è ancora e subisce, quando non erano gli stessi comandanti ad incitare al saccheggio ed allo stupro.

Per chi non lo sapesse c’è un treno pieno d’oro sotterrato dai tedeschi ai tempi della Seconda Guerra Mondiale che è stato individuato e probabilmente già svuotato del suo contenuto, contenuto che era il frutto di rapine perpetrate dai nazisti nei luoghi dove arrivavano. Si ricordi il tesoro di Rommel, partito per la Germania ed arrivato chissà dove, che è transitato nelle acque italiane e che fece ai suoi tempi anche diversi morti fra chi lo cercava.

Per chi vuole approfondire:

- L'Onu fatica a punire i suoi dipendenti colpevoli di abusi sessuali (https://www.internazionale.it/reportage/delphine-bauer/2017/02/22/onu-abusi-sessuali)
- Onu - Lo stupro è arma di guerra (http://www.informa-azione.info/onu_lo_sturpo_e_arma_di_guerra)
- L'oro perduto del Terzo Reich - Zeppelin (http://www.thezeppelin.org/loro-perduto-del-terzo-reich/).

Nessun commento:

Posta un commento