Le notizie che sono riportate in questo blog
vorrebbero essere promettenti circa un cambiamento in meglio dell’umanità, un
cambiamento indirizzato a un’uguaglianza e magnanimità che non si distinguono
ancora bene nel complesso giornaliero dei resoconti veri, fasulli o mistificati
che arrivano.
Le informazioni restano poco tempo in rete e
poi sprofondano negli archivi per far posto ad altre notizie non troppo
confortanti: infatti ciò che “fa notizia” è lo scoop, anche se si tratta di
morti assassinati di cui si conosce superficialmente il numero, ma che inchiodano
sempre più il concetto che le varie “giornate di chissachè” si susseguono a
ritmo incalzante: queste suscitano cortei e scontri con le forze del cosiddetto
ordine, relazioni e conferenze dove si lamentano ritorni al passato di
corporazioni che appartengono alla storia di ieri, e non quella di oggi; quella
di oggi può nascondersi sotto false identità, contro cui è tuttavia bene indirizzare
le folle per nascondere i crimini di chi manifesta e si pavoneggia con bandiere,
medaglie più o meno attendibili, con cui si vorrebbe mostrare quell’efficienza
che le varie guerre e mandati parlamentari non hanno mai mostrato specie nei
vertici più alti.
La gran massa dei missing, dei non identificati, ma non dimenticati dalle famiglie
distrutte sono coloro che hanno dato più spesso il meglio di sé e sono ricordati
da qualche lapide locale che il tempo può logorare e far passare oltre. Le
giovani leve talvolta ignorano questo sanguinoso retaggio, perché a scuola non
glielo insegnano, anche se vorrebbero; tuttavia i libri scolastici o digitali
parlano di altro ed allora il congiuntivo diventa sempre più spesso
condizionale e tutti si adattano, alla faccia della lingua italiana infarcita
di vocaboli non più italiani, ma raffazzonati ed imposti come cultura che
progredisce.
1) L'Onu vota la
tregua in Siria: subito aiuti umanitari, tensioni con la Russia (Giornale di
Sicilia) - 25 Febbraio 2018
BEIRUT.
Dopo quasi tre giorni di trattative serrate, e mentre continuano i
bombardamenti, è arrivata la fumata bianca all’Onu su una risoluzione che
prevede una tregua in tutta la Siria, compresa l’enclave ribelle della Ghuta
orientale, alle porte di Damasco. Il documento, che prevede una cessazione
delle ostilità di «almeno 30 giorni», è passato all’unanimità.
Una
tregua che però è stata subito violata. Nuovi raid aerei del regime siriano
infatti si sono registrati oggi sulla Ghuta nonostante la risoluzione del
Consiglio di Sicurezza Onu: lo ha reso noto l'Osservatorio siriano per i
diritti umani, citato dai media internazionali.
Secondo
la risoluzione, il cessate il fuoco dovrebbe cominciare «senza indugi», ma non
viene indicata una scadenza precisa.
Esenti
dal cessate il fuoco saranno gli attacchi contro Isis, al Qaida, al Nusra e
altri «gruppi, individui e entità» affiliati con i terroristi, come voluto da
Mosca. Ma l'incertezza nella tempistica non permette di prevedere quando sarà
almeno sospeso il calvario della popolazione civile della Ghuta, dove ieri è
stata registrata un’altra giornata di sangue. Ventidue persone sono state
infatti uccise, portando il bilancio degli ultimi sette giorni a oltre 500
vittime civili, di cui un centinaio di minorenni, tra bambini e adolescenti. Le
cifre sono fornite dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria
(Ondus), secondo il quale sono state colpite in particolare la cittadina di
Duma, quella di Zamalka e altre località nelle prime ore di ieri.
Secondo
la risoluzione, la tregua dovrà essere estesa a tutto il Paese, permettendo
l’accesso di convogli umanitari e l'evacuazione di feriti e malati gravi. Secondo
quanto si sottolinea nel testo, sono 5, 6 milioni i civili, in 1.224 comunità, che
hanno «urgente bisogno di aiuti».
La
Russia aveva affermato di considerare «poco realistico» il termine di 72 ore
per l’inizio del cessate il fuoco dopo l'approvazione del documento, come
proponeva il testo iniziale. Molto dura era stata la reazione degli Usa. «È
incredibile - aveva affermato prima del voto la rappresentante permanente
all’Onu, Nikki Haley - che Mosca stia bloccando il voto su un cessate il fuoco
che consente l’accesso umanitario. Quante persone dovranno morire prima che il
Consiglio di Sicurezza trovi un accordo su questo voto?».
Anche
il Vaticano, attraverso il segretario di Stato Pietro Parolin, era intervenuto
per chiedere una risoluzione che aprisse la strada alla «fine della violenza, l’accesso
degli aiuti umanitari e infine una soluzione negoziata».
(Continua
su: https://www.intopic.it/notizia/13107943/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha).
Sembra un gioco, ma è un gioco di morte, di
pianti di dolore e di violenza oltre ogni limite. Purtroppo, ormai è lo stampo
di quanto succede nel mondo. I grandi, coloro che dovrebbero impedire ogni
violenza, stanno al gioco dei vari dittatori o presidenti di nazioni per nulla
affidabili, che esibiscono senz’altro una psicopatologia sottesa che emerge
come mitomania e disprezzo per le vittime che ormai formano una nazione che
scompare tra le righe dei media, ma non dall’animo di chi viveva con le vittime.
Ed il gioco piove dall’alto L’ONU, dopo ripensamenti vari, vota la tregua in
Siria (non contano gli assassinati subito accantonati alle loro terre) e subito
poi dice di provvedere agli aiuti umanitari. È veramente tragico questo gioco
che prevede un guadagno in armi, viveri ed altro con un’altalena da incoscienti,
che non sanno che fare per fermare definitivamente la violenza, lasciando al
potere chi usa armi chimiche e forse anche biologiche. L’altalena probabilmente
(anzi sicuramente) favorisce chi fabbrica ed esporta armi e chi al tempo stesso
compatta viveri da aiuti umanitari: insomma il guadagno da una parte e dall’altra
c’è sempre e la forbice tra i carnefici e le vittime si apre sempre di più.
Poverini tutti quei lacchè che incensano i
dittatori e li adulano in continuazione perché sono mandati in tutto il mondo a
rappresentare la violenza evidente: ma sono ambasciatori, sono riveriti dai
vari capi che devono farlo, sebbene tutti ne abbiano le scatole piene. Questi
loschi individui si beano delle loro cariche e pontificano tra la gente, fanno conferenze, cercano
relazioni soprattutto tra i VIP per dimostrare che conoscono persone che
contano e rastrellano dove possono omaggi e soldi; infatti qualcuno che necessita
di appoggi c’è sempre e quegli individui fanno comodo. Chiamiamola corruzione
corrente, che è più giusto, senza pensare ai minori che hanno bisogno di
insegnanti di sostegno, mentre il sistema dice che ce ne sono anche troppe, che però non
bastano per il fabbisogno, soprattutto se si conoscono le persone giuste ed
“ineccepibili”.
2)
Sempre attentati e
assassini premeditati
Nigeria:
doppio attentato kamikaze con 12 morti (La Gazzetta del Mezzogiorno)
19:24
| Nigeria, due ragazzine kamikaze fanno strage in un mercato (Tgcom24)
17:24
| Nigeria, Boko Haram attacca scuola: sparite decine di studentesse (Tgcom24)
Siria:
Onu, decine morti raid russi e Usa (Lettera 43)
Queste
notizie si possono dire ormai superate perché ci sono state altre esplosioni di
persone cariche di morte.
Il Prof. Giovanni De
Sio Cesari scrive: «Assistiamo al fenomeno drammatico e per noi occidentale
pressoché incomprensibile di credenti nell'Islam che in attentati suicidi
cercano di uccidere il maggior numero possibile di "nemici", spesso
civili inermi. Per tali persone noi usiamo il termine del tutto improprio, di
"Kamikaze": tale termine si riferisce propriamente a fatti avvenuti
alla fine della 2° guerra mondiale in Asia. Quando infatti i Giapponesi stavano
ormai per perdere la guerra tentarono di fermare gli Americani con operazioni
suicide dei loro combattenti: questi si lanciavano con gli aerei (ma anche a
volta con navi) contro navi nemiche cercando ci arrecare il maggior danno
possibile. Si riprese allora il ricordo di un fatto avvenuto sei secoli prima: i
Mongoli avevano tentato di invadere il Giappone ma una tempesta aveva disperso
la loro flotta e il Giappone fu salvo. I Giapponesi del tempo interpretarono il
fatto come un intervento divino e la tempesta fu denominata Kamikaze (vento degli dei). Nel ricordo di queste
antiche vicende il nome fu rinnovato: Il fenomeno durò però solo qualche mese e
terminò con la fine della guerra.
Il termine Kamikaze è
del tutto improprio per indicare quindi il fenomeno attuale dei combattenti suicidi
islamici sia perché si riferisce a un contesto culturale del tutto diverso sia
perché si tratta di fatti molto diversi: i giapponesi agivano in un contesto di
guerra "regolare" mentre i combattenti islamici colpiscono civili in
un contesto che definiamo generalmente "terrorismo" ma che potremmo
anche dire " guerra non convenzionale".
Nel mondo islamico il
termine usato e quello di "SHAHID" e va inquadrato nella GIHAD
(guerra santa ): "SHAHID" è termine arabo coranico che significa
"testimone" e ha lo stesso significato originario del termine
cristiano di "martire" e in questo modo viene tradotto correttamente
dall'arabo. Il "martire" cristiano infatti è colui il quale
"testimonia" la sua fede anche se ciò comportava la morte di fronte
all'autorità romana». (per approfondimenti
si veda: http://www.storiologia.it/storia/socie002.htm).
Il termine “kamikaze”,
dunque, è improprio. Non si tratta di martiri, ma di assassini di persone
spesso inermi, che sono presenti dove non dovrebbero essere: che stavano sul
posto per spese (mercato) o passavano di lì perché era la loro strada di casa o
di destinazione. Altre persone oggi e ieri hanno imparato che quando vedono una
persona col torace o le gonne gonfie urlano (al SHAID) e tutti scappano se
fanno a tempo; perciò anche quei luoghi sono diventati un pericolo per le
persone che ci vivono e, se vogliono venire via per non lasciarci le penne, lo
fanno volentieri: ecco allora arrivare altri migranti spinti da una guerra
sorniona, ingannevole e traditrice. Non ci si fida più l’uno dell’altro. Come
vive perciò quella gente? Da disperati e pieni di paura, oltre al fatto che
spesso non hanno alcuna possibilità di vivere decentemente e sono obbligati a dormire,
non con un occhio solo per loro ed i loro figli e parenti, ma con tutti e due
normalmente.
Stiamo quindi attenti a non
giudicarli come i media o altro ci insinuano nella mente: è terribile, ma tra i
migranti ci sono persone piene di paure che non possono eliminare; certo, tra
loro si può infiltrare un doppiogiochista che fa gli interessi del suo padrone/capo,
che molte volte è il dirigente della tratta, ormai consolidata, degli umani che
non vivono più come tali.
Qui sotto si parlerà di altri
attentati con morti e feriti, come vuole la violenza che si nasconde dietro
falsi nomi e organizzazioni. La violenza è proprio l’arma più usata: molte
delle persone rimaste uccise o ferite nel caso citato di seguito stavano
uscendo dalla moschea, ma ora non c’è differenza tra religioni più o meno
fondamentaliste: si colpisce tutti e tutto. Inoltre, il mondo occidentale non
prende molto in considerazione queste notizie che riguardano altri continenti,
poiché riguardano “altri”. È un po’ come dire “si arrangino”. Solo qualche
associazione di volontariato si affretta ad accorrere sul posto e a denunciare
i fatti al mondo intero, e allora compare la notiziola che è subito sepolta da
vittorie olimpiche più eccitanti, si descrive il pianto di cronisti ed altro, ma
le studentesse rapite in mano a carnefici psicologici o fisici sono laggiù e
non fanno scoop…
Due
autobomba a Bengasi, tra le vittime vertici degli 007
È di almeno 27 morti il bilancio delle esplosioni
provocate ieri sera da due autobomba davanti ad una moschea
Bengasi © ANSA - 24 gennaio 2018
È salito ad almeno 27 morti il bilancio delle
esplosioni provocate ieri sera da due autobomba davanti ad una moschea a
Bengasi. I feriti sono oltre 30. Il portavoce delle forze militari e della
polizia della città, il capitano Tarek Alkharraz, ha detto che la prima
autobomba e' esplosa nel quartiere di Salmani verso le 8:20 ora locale (le 7:20
in Italia) e la seconda mezz'ora più tardi, mentre i residenti ed il personale
medico evacuavano i feriti.
Nell'area è scattata una vasta operazione delle forze
di sicurezza alla ricerca della cellula terroristica che, secondo le stesse
fonti, apparterrebbe allo Shura Council of Benghazi Revolutionary, una
coalizione di milizie integraliste islamiche tra cui la più nota è Ansar
al-Sharia ma che comprende anche la brigata 17 Febbraio, la brigata Rafallah
al-Sahati e altri gruppi terroristici. I fedeli coinvolti nel sanguinoso
attentato, avvenuto intorno alle 20:20 ora locale, stavano uscendo dalla
moschea Baiat al Ridwan, nella zona del quartiere di Al Salmani, non lontano
dalla zona portuale.
In un primo momento fonti dell'intelligence avevano
parlato di 7 morti e venti feriti, ma il bilancio si è poi progressivamente
aggravando e molti dei feriti sono morti in ospedale. Tra i feriti, secondo
quanto è stato possibile apprendere, vi sarebbero Almahdi Al Falah capo
dell'Intelligence department, Internal security e state security, mentre
sarebbe morto Ahmed Alfaytori, capo del dipartimento delle unità investigative.
Ferito anche, stando a notizie ancora non confermate ufficialmente, il colonnello
Belkasim Al Obaidi, del Direttorato della Sicurezza di Bengasi.
La città è teatro da più di tre anni di un conflitto
sanguinoso tra le forze leali al generale Khalifa Haftar e gli integralisti
islamici. L'esercito nazionale libico di Haftar negli ultimi tempi ha più volte
affermato di aver sconfitto gli integralisti e di avere il controllo dell'area
portuale. Ma gli attentati fuori dalle moschee, seppure meno frequenti, sono
continuati. I combattimenti a Bengasi sono parte del sanguinoso conflitto
scatenato in Libia da molteplici fronti dopo la caduta, nel 2011 dell'allora
leader libico Muammar Gaddafi.
(Continua
su: http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2018/01/23/due-autobomba-a-bengasi-strage-tra-i-vertici-della-sicurezza_55691ce7-04a3-4776-a963-d0fb2cc59bf1.
html).
Nigeria, 3 donne
kamikaze in un mercato: 18 morti
Sabato, 17 Febbraio 2018 (La Stampa)
Ancora
sangue in Nigeria, ancora Boko Haram in azione, con una strage in un affollato
mercato. La gente si affollava fra le bancarelle la sera alla luce dei neon,
quando due kamikaze mescolati alla folla - forse donne - hanno fatto detonare i
loro corpetti esplosivi, seguiti da un terzo che si è fatto esplodere poco
dopo, scatenando l’inferno nel mercato del pesce venerdì sera della cittadina
di Konduga, a sud-est della capitale della capitale Maiduguri (stato di Borno),
nel travagliato nord-est. Almeno 22 i morti, compresi i kamikaze, e 70 i
feriti, una ventina dei quali in gravi condizioni: dato che lascia aperto il
bilancio.
Il
mercato Tashan Kifi, è un luogo di socializzazione, dove la gente compra,
mangia e s’intrattiene, spiegano i media africani. Secondo Ari, della Civilian
Joint Task Force (Cjtf), la milizia di autodifesa civile che assiste i
militari, «non ci sono dubbi sulla matrice di questa strage: Boko Haram ha
preso di mira Konduga molte volte».
La
sanguinaria setta, ora affiliata all’Isis, in 9 anni ha provocato la morte di
20.000 persone e creato 2 milioni e mezzo di sfollati e detiene ancora molte
delle centinaia di ragazze rapite in una scuola a Chibok, impiegando decine di
donne, anche bimbe, come kamikaze.
Musa
Bulama, 32 anni, ha raccontato ai media di essere fortunata a essere ancora
viva. «Sono arrivata al mercato notturno per comprare pesce per la cena della
mia famiglia quando ho sentito un botto fortissimo dietro di me. Prima di
capire cosa fosse successo ero in terra e prima che potessi rialzarmi in piedi
un’altra esplosione tremenda, poi una terza. Rimasi stesa a terra, ma intorno
la confusione era terribile. Sentivo lamenti ovunque e capivo che le vittime
erano tante».
Una
strage, fanno notare alcuni media africani, che coincide con il primo processo,
in corso da una settimana in forma semi-segreta, contro quasi mille sospetti
militanti di Boko Haram condotto da un tribunale civile in una remota,
blindatissima base militare a Kainji, a circa 8 ore di macchina da Minna, nel
centrale stato di nigeriano di Niger, lontanissimo dal terreno d’azione dei
terroristi, che opera nel nord a maggioranza musulmana del popolosissimo Paese
africano. Esattamente un mese fa, il 17 gennaio e sempre in un mercato nello
stato di Borno, in un doppio attentato kamikaze erano morte 12 persone.
(Continua
su: https://www.intopic.it/notizia/13051872/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha).
Siamo già in ritardo perché giù in Nigeria e
stati vicini continuano imperterrite le esplosioni degli shahīd (nuovi
kamikaze), che si fanno esplodere dove c’è più gente e che si imbottiscono
prima di saltare in aria di ogni materiale ferroso che possa procurare feriti o
(meglio ancora) morti fra bambini e adulti: l’età non conta, conta il numero
delle vittime. Le mine o i pappagallini verdi sarebbero superati, perché
bisogna far fuori il maggior numero di civili o militari. Forse non si
accorgono che esplodendo muoiono anche loro e per sempre, e non solo per il
momento.
Certamente è osceno indurre dei minori ad
andare incontro al triste destino di saltare in aria, anche se andranno nel
loro paradiso: sono talmente convinti che questo destino è più che giusto che
glielo propongono come una festa.
3) Attacco armato alla sede di Save the Children in Afghanistan: 6 morti e 24 feriti
Il commando era composto da
cinque uomini. Un kamikaze si è fatto esplodere allʼingresso. Lʼong sospende
tutte le attività nel Paese. LʼIsis ha rivendicato lʼattentato.
ASIA 24 GENNAIO 2018 07:41
di Antonio Palma
Ancora sangue e terrore in
Afghanistan dove nella mattinata di mercoledì un commando armato ha attaccato
la sede della Ong Save the Children a Jalalabad, capoluogo della provincia
orientale afghana di Nangarhar. Un commando di 5 uomini ha attaccato
la sede della ong Save The Children a Jalalabad City, in
Afghanistan. Il bilancio è di 6 morti (tra cui tre membri della ong) e di 24
feriti. Un kamikaze si è fatto esplodere all'ingresso dell'edificio,
permettendo in questo al commando di penetrare all'interno. Dopo 10 ore di
assedio, tutti i terroristi sono stati uccisi. Circa 45 membri dello staff sono
stati liberati dalle forze di sicurezza afghane. L'Isis ha rivendicato
l'attacco.
La ricostruzioni
dell'attacco – Secondo una prima sommaria ricostruzione dell'accaduto,
l'attacco è cominciato poco dopo le 9, ora locale (l'alba in Italia),
quando una vettura imbottita di esplosivo, forse guidata da un attentatore
suicida, è stata fatta esplodere all'entrata dell'edificio da dove poi si
sparerebbero introdotti un numero non precisato di terroristi armati che hanno
cominciato a sparare all'impazzata. Successivamente ci sarebbe stato un
violento scontro a fuoco fra i militanti e le forze di sicurezza locali durante
il quale alcuni di loro sarebebro stati uccisi dalle forze speciali,
mentre altri si sarebbero asserragliati nella struttura, al terzo piano. Dalle
prime immagini che giungono da Jalalabad si vedono varie auto in fiamme
dinanzi alla sede dell'ong e si sento spari provenire dall'interno.
L'Isis rivendica – I
talebani afgani intanto hanno dichiarato di non avere alcuna responsabilità
nell'attacco armato a Save the Children. Al riguardo il portavoce
Zabihullah Mujahid ha indicato via Twitter: "Attacco odierno nella
città di Jalalabad: nulla a che vedere con i mujaheddin dell'Emirato
islamico". Subito dopo, come si sospettava , è arrivata la rivendicazione
dell'Isis attraverso l'organo di propaganda dello Stato islamico, Amaq. Nel
comunicato si legge che "tre martiri hanno partecipato all'attacco contro
le fondazioni britanniche e svedesi e le istituzioni governative afghane".
Il riferimento allo Swedish Comittee per gli affari umanitari e al ministero
afghano delle Donne, situati nei pressi della sede dell'ong.
Dopo l'attacco Save
the Children ha annunciato che sospende tutte le attività nel Paese –
“Ề con profonda tristezza che confermiamo che tre membri dello staff di
Save the Children sono stati uccisi nell’attacco di oggi alla nostra sede a
Jalalabad, in Afghanistan. Tutto il resto dello staff che si trovava nella
struttura è stato tratto in salvo, mentre in quattro sono rimasti feriti nel
corso dell’attacco e stanno attualmente ricevendo cure mediche.
Save the Children
condanna questo attacco nella maniera più dura possibile. Siamo sconvolti e
inorriditi dalla violenza perpetrata contro il nostro staff in Afghanistan,
composto da operatori umanitari impegnati a migliorare le vite e il benessere
di milioni di bambini in tutto il Paese. Stiamo facendo tutto quello che
possiamo per garantire a tutto il nostro staff il supporto di cui ha bisogno in
seguito a questo attacco devastante.
Indagini sulla
natura dell’attacco sono al momento in corso mentre non è ancora possibile
stabilire i motivi di quanto accaduto. Gli attacchi contri gli operatori
umanitari non possono in alcun modo essere tollerati e hanno un impatto diretto
sui bambini che vogliamo proteggere con il nostro lavoro.
Save the Children
opera in Afghanistan dal 1976, realizzando interventi sanitari salva-vita e
progetti di educazione, nutrizione e protezione dell’infanzia che hanno contribuito
a salvare la vita a milioni di bambini. In seguito a quanto accaduto oggi,
abbiamo temporaneamente sospeso le nostre operazioni in tutto il Paese, ma
continuiamo ad essere impegnati per supportare i bambini più vulnerabili in
Afghanistan.
In segno di
cordoglio per i tre colleghi che hanno perso la vita nell’attacco di oggi e per
tutti gli operatori umanitari che in tante parti del mondo sono stati uccisi
mentre lavoravano per proteggere i bambini e le loro famiglie, da oggi la
homepage del sito di Save the Children Italia – www.savethechildren. it –
diventa completamente nera. Anche su tutti gli account social
dell’Organizzazione, il tradizionale logo rosso di Save the Children diventerà
nero in segno di cordoglio”.
UE: "Attacco è grave
violazione del diritto internazionale"
L'attacco terroristico
contro Save the Children in Afghanistan è una grave violazione del diritto
internazionale umanitario". Così in una nota congiunta l'Alto
rappresentante Ue Federica Mogherini ed i commissari per le crisi umanitarie e
allo Sviluppo, Christos Stylianides e Neven Mimica. "E' un affronto a
tutte le organizzazioni umanitarie, all'umanità, e dimostra un palese disprezzo
per il benessere e il futuro di tutti i bambini afgani, che si affidano al
lavoro dedicato degli altri". "Le nostra condoglianze vanno alle
famiglie delle vittime – prosegue la nota – e auguriamo una pronta guarigione
ai feriti. I nostri pensieri vanno anche a Save the Children, un partner di
lunga data dell'Unione europea in Afghanistan e nel resto del mondo, che lavora
incessantemente per salvare e cambiare al meglio la vita delle persone. Non
permetteremo che atti di terrore possano scoraggiare il nostro sostegno ai piu'
bisognosi in Afghanistan. L'Ue sostiene le autorita' afghane ed il suo popolo e
rimane impegnata nell'aiutare il popolo afghano a raggiungere un futuro di
pace", conclude la nota.
Antonio Palma
(Continua su: https://www.fanpage.it/attacco-armato-alla-sede-di-save-the-children-in-afghanistan-esplosione-e-spari/
- http://www.fanpage.it/).
4) Kabul, 103 morti e 235 feriti per attacco kamikaze
Redazione ANSA - KABUL www.ansa. it › Mondo › Asia - 28 gennaio
2018
I talebani
rivendicano l'attentato, per portare l'esplosivo è stata usata una ambulanza
Attacco
kamikaze a Kabul vicino alla vecchia sede del ministero dell'Interno che ora
ospita l'Alto Consiglio di pace (Hpc) e sorge nei pressi di un ospedale e di
numerosi negozi. L'attacco suicida, rivendicato dai talebani, ha un bilancio di
103 morti e 235 feriti secondo quanto reso noto da fonti ministeriali nella
capitale afghana.
(Continua su:
http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/asia/2018/01/27/afghanistan-violenta-esplosione-a-kabul_e31fdf77-0cb6-46bf-89fd-ada6034f5936.
html).
Ambulanza carica di esplosivo, strage a Kabul: 95 morti,
oltre 150 feriti
RIVENDICATO
DAI TALEBANI 27 gennaio 2018
Kabul - Il
bilancio del cruento attentato realizzato oggi a Kabul dai talebani si è
ulteriormente aggravato raggiungendo un bilancio di 95 morti e 163 feriti. Lo
ha reso noto il portavoce del ministero della Sanità afghana, Wahid Majrooh.
Dall’inviato
Giordano Stabile
Un’autoambulanza
imbottita di esplosivo e guidata da un kamikaze ha fatto strage questa mattina
a Kabul. L’attacco è stato rivendicato dai Taleban e ha causato almeno 63 morti
e oltre 150 feriti. Molti sono stati trasferiti all’ospedale di Emergency. Il
bilancio è destinato a salire. Il kamikaze ha ingannato gli uomini di guardia a
un check-point e si è diretto verso la zona del vecchio ministero dell’Interno,
dove ora ci sono gli uffici dell’Unione Europea dell’Alto consiglio per la Pace.
L’esplosione ha investito in la gente per la strada e davanti agli uffici.
I feriti
all’ospedale di Emergency
Non sono
accertate vittime fra gli stranieri ma è chiaro che l’obiettivo dei Taleban,
ancora una volta, era colpire gli occidentali che vivono nella capitale e gli afghani
che hanno a che fare con loro. Il ministero della Sanità locale ha confermato
che è stata un’ambulanza-bomba guidata da un kamikaze a farsi saltare in aria. La
maggior parte dei feriti – compresi alcuni bambini - è stata portata
all’ospedale di Emergency. «È un massacro» dice Dejan Panic, il coordinatore
del Programma di Emergency in Afghanistan. L’attacco è avvenuto a poche
centinaia di metri dal loro ospedale. «Abbiamo sentito l’esplosione, fortissima.
Lo staff è scosso, ma è tutto al lavoro: l’afflusso di feriti è continuo. Nessuno
può fermarsi adesso».
Caccia agli
stranieri
Poco dopo
l’attacco è arrivata la rivendicazione del gruppo islamista, che ha governato
l’Afghanistan dal 1996 al 2001, in un clima di oscurantismo e terrore. Una
settimana fa i Taleban hanno colpito all’Hotel Intercontinental e ucciso almeno
22 persone, compresi quattro stranieri. L’obiettivo era un gruppo di americani.
I gruppi
islamisti
In
Afghanistan ci sono ancora circa 15 mila militari della Nato, dopo un picco di
150 mila nel 2011. Le forze di sicurezza afghane, pur addestrate dagli
occidentali, non sono in grado di controllare il territorio. Solo nel 2016
hanno avuto quasi settemila caduti e 12 mila feriti, su un contingente reale
inferiore ai 100 mila uomini. I Taleban contano su 40-60 mila combattenti. A
Est è presente anche l’Isis, con un migliaio di miliziani, in parte foreign
fighters.
(Continua su:
http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2018/01/27/AClUvOf-ambulanza_carica_esplosivo.shtml).
Ed ecco che gli attentati
rivendicati dai talebani non si fermano: avanti ancora a massacrare la gente; per
ora sono 95, ma senz’altro se ne troveranno altri.
Niente ferma la mano
omicida che continua imperterrita ad assassinare gente su gente. Al tempo
stesso usano qualsiasi mezzo pur di raggiungere il loro scopo: travestimenti da
soldati, in questo caso un’ambulanza (ricordiamocelo anche per le nostre
nazioni, non si sa mai) e così hanno potuto superare il primo blocco.
E l’esercito degli
assassinati va rimpolpando le sue file: ora sono battaglioni sacrificati in
nome della violenza. Sappiamo chi spinge questi assassini, ma non si vede un
attimo di sosta. Appena possono e trovano shahīd
pronti all’atto estremo, via a colpire ancora, distruggere, fare paura, cercare
di sottomettere col terrore popolazioni che vogliono vivere e che stentano a
vivere, ma farle vivere male, sempre con l’ossessione che la strada non sia più
sicura per nessuno, cristiani e mussulmani o altro che siano.
Primo Levi affermava
che «Se non si comprendono queste manovre, bisogna conoscerle perché ciò che
accade oggi, non è detto che non succeda domani Le coscienze possono essere
sedotte ed oscurate, anche le nostre». Questo è il mondo che stiamo preparando per
i nostri figli, nipoti, pronipoti.
Ho anche affermato
che non tutti sono così e i casi isolati di umanità ci spingono a sperare, ma
non a farci sempre cogliere urlanti dopo i fatti: difendiamoci e facciamoci
difendere da coloro che lo sanno fare perché c’è qualcuno che ride sempre anche
se è un perdente bugiardo ed omicida.
5) Kabul, nuovo
attentato: kamikaze e raffiche di mitra contro l'Accademia militare
29 gennaio 2018
Una prima,
potentissima deflagrazione all'ingresso del complesso simbolo dell'élite
militare, poi altre esplosioni e un prolungato scontro a fuoco. Il numero delle
vittime cresce di ora in ora: al momento è di 11 soldati morti e 15 feriti. Cinque
i terroristi: quattro morti e uno arrestato. L'azione rivendicata dall'Isis. Capitale
afgana ancora scossa: sabato scorso l'autobomba che aveva provocato oltre cento
vittime
Nuova potentissima esplosione a Kabul, la capitale
dell'Afghanistan, nei pressi dell'accademia militare "Marshal Fahim",
dove un commando di cinque uomini è entrato in azione ingaggiando un prolungato
scontro a fuoco con i soldati. Un'azione terroristica rivendicata dall'Isis, il
cui bilancio, cresciuto di ora in ora, è al momento di 11 morti e 15 feriti tra
i soldati. Morti anche quattro terroristi, uno si è arreso. Tutto questo ancora
a Kabul, solo due giorni dopo il gravissimo attentato di sabato scorso che ha
provocato oltre cento vittime e almeno 200 feriti, rivendicato invece dai
Talebani.
Secondo una fonte militare, l'attacco è scattato
alle 5 di stamattina (ora locale, le 3 in Italia), all'ingresso della
struttura, un obiettivo altamente simbolico perché nel complesso, a nordovest
della città, vengono formati gli ufficiali dell'élite militare afgana. Ci sono
state diverse esplosioni, seguite da numerose raffiche di armi da fuoco. Combattimenti
durati diverse ore e, secondo testimoni, uno degli attentatori avrebbe
resistito asserragliandosi nel complesso militare. Il portavoce della Difesa, Dawlat
Waziri, ha dichiarato che il commando dei terroristi era composto da almeno
cinque membri, armati di lancia-granate e armi automatiche. Due sono rimasti
uccisi nello scontro a fuoco successivo alle esplosioni, due si sono fatti
saltare, il quinto è stato arrestato. Quando lo scontro a fuoco è terminato e i
militari hanno ripreso il controllo dell'area, sono stati recuperati un
giubbotto da kamikaze, un AK-47 e munizioni.
Secondo una fonte governativa, gli attentatori non
sarebbero riusciti a penetrare all'interno della sede militare. Diverso il
resoconto di un ufficiale della polizia afgana, secondo il quale gli uomini
armati sarebbero riusciti comunque ad entrare nel primo perimetro difensivo
dell'accademia militare. Utilizzando, secondo fonti ufficiali, uno schema
consolidato: una prima esplosione, forse con alta probabilità da un kamikaze,
all'ingresso dell'edificio, poi l'entrata in azione del resto del commando. L'azione
terroristica è stata rivendicata dall'Isis. Secondo il portavoce Waziri,
"l'obiettivo dell'attacco terroristico non era l'accademia in sè, ma
l'unità militare dedicata alla sicurezza della struttura". L'accademia
"Marshall Fahim" è considerata il "Saint Cyr"
dell'Afghanistan, o anche il "Sandhurst of The Sands", riferimenti
alle scuole militari d'élite di Francia e Regno Unito.
Quello di oggi è il terzo attacco armato in dieci
giorni. Il primo, lo scorso 20 gennaio, contro l'Hotel Intercontinental, che
provocò 43 morti. Sabato scorso, il nuovo attentato con l'esplosione di una
autoambulanza carica di esplosivo nel centro della città e che ha prodotto un
bilancio tragico di vittime (oltre 100) e feriti (almeno 200). Successivamente
c'è stato l'attacco contro un centro di "Save The Children" in cui ci
sono stati tre morti e diversi feriti. Quanto ai militari sotto attacco, il
canale tv Tolo ha ricordato che il 21 ottobre scorso 15 cadetti della stessa
accademia "Marshall Fahim" furono uccisi a Kabul da un kamikaze che
si schiantò contro l'autobus su chi viaggiavano.
(Continua su: http://www.repubblica.it/esteri/2018/01/29/news/kabul_nuovo_attentato_violentissima_esplosione_nei_pressi_dell_accademia_militare-187523056/)
Il numero di morti citati è
sempre impreciso per difetto: rispecchia solo la mano che c’è dietro e che
spinge i soliti sprovveduti o indottrinati a seminare paura e terrore non si sa
bene in nome di cosa. Si sa però che il millennio precedente ha visto nella
battaglia di Lepanto (1571) ed a Belgrado (1717) fermare chi ci voleva
assoggettare. Adesso (probabilmente dietro le stesse menti) c’è il fenomeno
della mondializzazione e l’invasione è più mascherata da richieste di aiuto per
fuggire da una guerra, da una miseria orrenda e per sottrarsi ad iniquità che
leggiamo sui media, ma che non sono tutti quelli descritti. I disperati (mi si
perdoni il termine), vengono spinti attraverso percorsi di possibile morte
definita senza mezzi termini. Quelli che arrivano per imbarcarsi per lidi
verosimilmente pensati più accoglienti, sono in condizioni fisiche e
psicologiche tutt’altro che ottimali. Tra costoro si annidano i soliti
terroristi e criminali, anzi ultimamente un governante africano ha detto che da
noi mandano i criminali.
Certo che chi rimane in
quei paesi come Somalia, Nigeria e Afganistan, non ha da rallegrarsi, perché la
mattanza di tutti civili e non è quasi giornaliera e chi si fa esplodere è
ancora nell’esercito dei futuri martiri e similari.
Le notizie sopra citate sono
credibili in quanto successe: i numero possono variare, ma quando si superano i
cento cadaveri sono verissime perché c’è un accorrere di ONG che si prodigano a
soccorrere il soccorribile e riportano i fatti in maniera obbiettiva per quanto
riescono a vedere, sentire e operare.
Il riportare notizie e
cifre riguardo ad auto-esplosioni e assassinati non è certo piacevole e si
vorrebbe riportare sempre fatti singoli meritevoli dell’umanità che manifestano,
anche se non sempre è possibile. Chi compie buone azioni come portare a piedi il
nipote disabile a scuola distante chilometri dalla propria abitazione lo fa
perché il nipote possa avere un futuro e non un futuro di miseria. Il bambino di
cinque anni che trascina il papà fuori dall’abitazione è un esempio per tutta
l’umanità.
Qualche volta questi fatti spingono le autorità a provvedere in merito, altre
volte qualche aiuto può arrivare da persone ammirate dalla volontà di chi opera
per il bene futuro dell’umanità, altre volte ancora il papà continuerà a
portare il disabile sulle spalle per chilometri e la ricompensa non sarà di
questo mondo troppo egoista.
6) Carneficina di bambini in Siria, civili
vittime dei raid a Ghouta: 200 morti
Strage di civili in Siria: le bombe degli
aerei russi e dell’artiglieria di Assad hanno provocato ieri quasi cento morti,
tra cui venti bambini. In tre giorni di raid hanno perso la vita duecento
persone, tra cui 50 minori. Centinaia i feriti. E’ il bilancio dell’ennesima
carneficina nella Ghouta, il sobborgo a est di Damasco, sotto assedio da anni. Le
Nazioni Unite hanno chiesto la fine immediata dei bombardamenti.
GUERRA IN SIRIA 20 FEBBRAIO 2018 19:44 di
Mirko Bellis
Una nuova strage di civili in Siria. Ieri,
nella Ghouta, il sobborgo a est di Damasco, le bombe degli aerei russi e
dell’artiglieria siriana sono cadute senza sosta provocando una carneficina: almeno
100 le persone uccise, tra cui venti bambini. Uno degli attacchi più mortiferi
mai registrati sull'intera area da anni sotto assedio. L’offensiva per
riconquistare la periferia orientale della capitale siriana, una delle ultime
enclave ribelli, negli ultimi tre mesi ha provocato oltre settecento vittime. Un
massacro in cui hanno perso la vita quasi duecento bambini. Raid indiscriminati
che non hanno risparmiato neppure ospedali, mosche e scuole.
Le immagini che arrivano da Douma, Beit Sawa
e le altre cittadine che formano la Ghouta mostrano scene strazianti. Il panico
e le urla dei sopravvissuti che si mischiano a quelle dei volontari delle
squadre di soccorso impegnate ad estrarre con vita le persone intrappolate
sotto le proprie abitazioni; bambini e neonati feriti portati via con mezzi di
fortuna verso gli ospedali più vicini. In tre giorni di bombardamenti governativi
sulla Ghuta orientale, a partire da domenica, sono quasi 200 le persone uccise,
di cui 57 bambini e adolescenti. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i
diritti umani in Siria (Ondus). Secondo la fonte, le persone uccise sono almeno
194, di cui 127 nella sola giornata di ieri. I bombardamenti sono proseguiti
oggi, con un bilancio di 50 morti, di cui 13 minori.
“Gli aerei governativi stanno sparando su
tutto ciò che si muove all'interno delle aree residenziali”, ha detto un medico
locale. “I nostri ospedali sono sovraffollati di feriti, stiamo esaurendo gli
anestetici e altri farmaci essenziali”. “Gli elicotteri e gli aerei hanno
completamente distrutto un intero quartiere”, ha affermato alla Bbc un abitante
della Ghouta. “E’ un’autentica pioggia di bombe quella che sta cadendo. Non
posso uscire di casa e così i miei figli non hanno niente da mangiare. E’ molto
difficile per un padre quando vedi la paura nei loro occhi e sai che non c’è
nessun posto sicuro dove proteggerli”.
Le Nazioni Unite hanno chiesto la fine
immediata dei bombardamenti sull'intera area dove vivono circa 400.000 abitanti.
“È assolutamente necessario porre fine a questa sofferenza umana insensata. Questi
attacchi a civili innocenti deve finire adesso”, ha dichiarato Panos Moumtzis,
il coordinatore umanitario dell'Onu per la Siria. Anche l’Unione Europea ha
voluto far sentire la propria voce sulla grave situazione umanitaria nella
Ghouta orientale. In una nota diffusa ieri, Federica Mogherini, l’Alto
rappresentante dell'Unione per gli affari esteri, è tornata a chiedere a tutte
le parti in conflitto di adottare tutte le misure necessarie per garantire la
diminuzione della violenza e la protezione del popolo siriano nel rispetto del
diritto internazionale umanitario.
Nel frattempo, a nord della Siria continua
l’avanzata delle truppe turche verso il cantone curdo di Afrin. L’offensiva
“Ramoscello di ulivo”, secondo i piani di Ankara, mira a creare una “zona di
sicurezza” di trenta chilometri in territorio siriano per impedire le attività
delle forze dell'Ypg, i miliziani curdi considerati terroristi dalla Turchia. Il
rischio di uno scontro armato con l’esercito di Assad è reale dopo che Damasco
ha deciso di inviare i propri rinforzi alla zona. E i militari turchi si dicono
pronti al combattimento, soprattutto dopo le dichiarazioni del ministro degli
esteri, Mevlut Cavusoglu, il quale ha affermato che “nessuno può fermare la
Turchia verso Afrin”. E così, la piccola guerra mondiale che si sta consumando
in Siria da ormai sette anni sembra aggravarsi ogni giorno di più, in una
spirale senza controllo.
Mirko Bellis
(Continua su: https://www.fanpage.it/carneficina-di-bambini-in-siria-civili-vittime-dei-raid-a-ghouta-200-morti/
- http://www.fanpage.it/).
7) Neonata
di quattro mesi avvolta nell’esplosivo: l’avrebbero fatta saltare in aria per
uccidere
In Afghanistan, una neonata di quattro mesi è
stata utilizzata dai talebani per nascondere del materiale esplosivo con cui
compiere un attentato. E’ accaduto a Kunduz, dove cinque terroristi, tra cui
una donna, avevano occultato la bomba tra i vestitini della bimba per cercare
di superare i controlli. La polizia è riuscita ad arrestarli prima che
potessero realizzare un nuovo massacro.
MEDIO ORIENTE 29 GENNAIO 2018 17:50 di Mirko
Bellis
In Afghanistan, una neonata di soli quattro
mesi è stata ʽtrasformata’ in un piccolo ordigno esplosivo. La settimana
scorsa, cinque persone sono state fermate dalla polizia mentre cercavano di
entrare a Kunduz, una città nel nord del Paese. Del gruppo faceva parte anche
una donna che teneva in braccio una bimba, avvolta con delle coperte. Solo dopo
un controllo più minuzioso gli agenti hanno fatto la raccapricciante scoperta: sotto
i vestititi della piccola c’era nascosta una bomba. Secondo quanto ha dichiarato
la Direzione nazionale della sicurezza (National Directorate of Security, Nds),
gli arrestati avevano occultato l’esplosivo sul corpicino della neonata per
cercare di eludere i controlli ed entrare a Kunduz dove volevano compiere un
attentato.
La notizia del ritrovamento dell’esplosivo
sulla neonata ha suscitato indignazione e rabbia tra gli afghani. “L’uso dei
bambini nei conflitti armati è l'atto più brutale e crudele, perché è
categoricamente proibito dalla sharia islamica e dalle leggi vigenti nel
Paese”, ha commentato Sowita Abulrahizai, vice capo della Commissione
Indipendente per i diritti umani in Afghanistan. “I bambini – ha aggiunto –
sono i soggetti più vulnerabili, sono innocenti e devono essere protetti e
aiutati”.
Nel corso del lungo e sanguinoso conflitto
afghano, i talebani hanno utilizzato in molte occasioni bambini e adolescenti
per realizzare attentati suicidi. Nel 2014, Spozhmay, una ragazzina di dieci
anni, fu obbligata dal fratello ad indossare una cintura esplosiva per compiere
un attentato nella provincia di Helmand. “Dovevo attraversare il fiume di notte
– raccontò agli agenti – però avevo troppa paura e sono tornata a casa. Mio
padre mi ha picchiata così sono scappata e la mattina mi sono arresa alla
polizia”. Se Spozhmay è riuscita a salvarsi, altri bambini costretti dai
talebani a diventare dei kamikaze non sono stati altrettanto fortunati. Come
accaduto nell'attentato al Centro culturale francese di Kabul dove a compiere
il massacro fu un adolescente di 16 anni, imbottito di esplosivo. E, sempre
nella capitale afghana, a dicembre del 2017 tre ragazzi si sono fatti esplodere
in un centro culturale sciita uccidendo oltre 40 persone.
Il reclutamento dei bambini avviene
soprattutto nel nord dell’Afghanistan. Secondo un rapporto di Human Right
Watch, nelle scuole coraniche gestite dai talebani nella provincia di Kunduz,
gli adolescenti vengono trasformati in combattenti pronti a morire. I convitti
religiosi – la denuncia di Hrw – attraggono soprattutto bambini e ragazzi
provenienti da famiglie povere per le quali la madrasa diventerebbe l’unico
modo per assicurare la sopravvivenza dei loro figli. “La strategia dei talebani
di reclutare i bambini è cinica e crudele, oltre che illegale”, ha dichiarato
Patricia Gossman, ricercatrice di Hrw per l'Afghanistan.
Non c’è pace in Afghanistan dove in pochi
giorni c'è stata una terribile sequenza di attentati in tutto il Paese. All'attacco
alla sede di Save the Children, avvenuto pochi giorni fa a Jalalabad, è seguito
un massacro ancora più sanguinoso con un’ambulanza bomba a Kabul. E mentre si
cerca di dare un nome a tutte le oltre cento vittime dell’attentato di sabato
scorso, all'alba di lunedì alcuni uomini armati hanno attaccato questa volta
l'Accademia militare nella capitale facendo nuovi morti. “I talebani negli
ultimi anni hanno agito in maniera sempre più violenta perché sanno che i loro
slogan non riescono più ad attrarre la gente. Le persone adesso hanno capito la
vera natura dei talebani e provano rabbia e odio verso di loro”, ha concluso
Abulrahizai. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Unama, la Missione di
Assistenza Onu in Afghanistan, da gennaio a settembre del 2017 sono stati 2. 640
i morti tra i civili. Di questi quasi settecento erano bambini.
Mirko Bellis
(Continua su: https://www.fanpage.it/neonata-di-quattro-mesi-avvolta-nell-esplosivo-l-avrebbero-fatta-saltare-in-aria-per-uccidere/
- http://www.fanpage.it/)
8) Sposata davanti a Elvis la coppia degli orrori - MSN. com
Attorno a
loro i 13 figli, tenuti in casa in catene per anni
(Continua su https://www.msn.com/it-it/money/other/sposata-davanti-a-elvis-la-coppia-degli-orrori/vp-AAuR2mq)
Da anni tenevano i 13
figli in catene e senza cibo, arrestata coppia di genitori in California
ESTERI 16/01/2018 09:01 CET | Aggiornato 16/01/2018
11: 54 CET
Una 17enne è riuscita a scappare e dare l'allarme. Nella
casa la polizia ha trovato altri 12 bambini e ragazzi, dai 2 ai 29 anni
Quando i poliziotti di Perris, California, sono
entrati nella casa, hanno visto una scena da film dell'orrore: bambini e
ragazzi incatenati ai loro letti, emaciati e sporchi in mezzo a un odore
nauseabondo. Il più piccolo aveva 2 anni, il più grande 29: erano i 13 figli di
una coppia che è stata arrestata e incriminata per tortura.
L'irruzione ha avuto luogo dopo che una ragazza di
17 anni è riuscita a scappare dalla casa dell'orrore e chiamare la polizia
usando un telefono cellulare che si è riuscita a procurare. Era così
malnutrita, che in un primo momento gli agenti hanno pensato che avesse solo 10
anni.
In base a questa denuncia, gli agenti sono entrati
nella casa e hanno visto, si legge in un comunicato dello sceriffo della contea
di Riverside, "diversi bambini incatenati ai loro letti con catene e
lucchetti nel buio, in un odore nauseabondo". I loro genitori, continua il
comunicato, "non sono stati in grado di fornire una ragione logica per la
quale i loro figli fossero legati in quella maniera".
I poliziotti hanno individuato nella casa, sostiene
ancora l'ufficio dello sceriffo, "quelli che credevano essere 12 bambini,
ma sono rimasti scioccati nello scoprire che sette di loro erano in realtà
adulti, con età dai 18 ai 29 anni. Le vittime erano malnutrite e molto
sporche".
Alle 13 vittime "sono stati forniti cibo e
bevande dopo che hanno detto di star morendo di fame".
I genitori - il 57enne Dabid Allen Turpin e la
49enne Louise Anna Turpin - sono stati incriminati per tortura e per abusi su
minori, con una cauzione fissata a 9 milioni di dollari.
La famiglia viveva in un quartiere medio-borghese,
in una casa stuccata in stile spagnolo, a Perris, una piccola città a 110 km a
sud-est di Los Angeles. La coppia aveva tre automobili, una delle quali aveva
un seggiolino per bambini nella parte posteriore. Ci sono indicazioni che fanno
pensare che ai bambini sia stato consentito di andare all'esterno negli ultimi
anni.
Una pagina Facebook sotto il nome di David-Louise
Turpin include foto della coppia che partecipa a vari matrimoni o altre
cerimonie dal 2011 al 2016, con i figli presenti. Nell'ultimo blocco di foto,
Louise indossa un lungo vestito bianco da sposa, mentre il marito è vestito da
matrimonio. Un sosia di Elvis Presley tiene un microfono ed è in posa con la
coppia e i bambini, in una posa che ricorda un tipico matrimonio a Las Vegas. Nove
ragazze, tutte con lunghi capelli neri, indossano vestiti fucsia con collant
bianchi, mentre una bambina è vestita in rosa. Tre ragazzi con capelli neri con
lo stesso taglio del padre, indossano anche lo stesso abito del padre e la
stessa cravatta rossa. Nel profilo ci sono diverse foto che fanno pensare a una
famiglia normale, tra le quali quella di Louise che tiene in braccio un bambino
in t-shirt con la scritta "mamma mi ama".
La vicina Jamelia Adams ha espresso shock. "Io
sono davvero triste. Ci sono posti dove i bambini possono andare, se non li
vuoi più, se non sei più in grado di prendertene cura. Qui c'è un bel
quartiere, nuove case, nuove auto; nello stesso stesso tempo ci sono ragazzi e
bambini da 29 a due anni tenuti prigionieri, malnutriti e sporchi. Spezza il
cuore", ha affermato.
"Io ho visto una coppia di teenager forse
l'anno scorso che falciavano il prato e mettevano delle decorazioni di Natale. Mai
nulla mi ha fatto pensare che stesse accadendo qualcosa del genere", ha
detto dal canto suo un altro vicino, Julio Reyes.
I media Usa hanno riferito che la coppia di genitori
aveva precedentemente presentato bancarotta. David Turpin è registrato come
capo di una scuola privata, ma l'indirizzo di questa corrisponde alla casa. La
scuola fu aperta a marzo 2011, ma aveva solo sei studenti secondo gli ultimi
dati del dipartimento educazione della California.
Il Los Angeles times ha detto che la coppia viveva a
Perris dal 2010, arrivata dal Texas. Avrebbe fatto bancarotta due volte. Secondo
i documenti del tribunale, quando ha presentato bancarotta nel 2011, la coppia
ha detto di aver accumulato debiti da 100mila a 500mila dollari, aprendo la
scuola, secondo il New York Times. Il giornale scrive che, nello stesso anno,
David Turpin stava lavorando come ingegnere per il contractor della difesa
Northrop Grumman, guadagnando 140mila dollari all'anno, mentre la moglie era
una casalinga.
(Continua su:
https://www.huffingtonpost.it/2018/01/16/da-anni-tenevano-i-13-figli-in-catene-e-senza-cibo-arrestata-coppia-di-genitori-in-california_a_23334343/)
Questa
notizia, che non è una fake news o falsa notizia, ci sveglia dal torpore di
credere che nelle comunità civilizzate siano tutti abbastanza critici. Ma non è
così: ci sono mamme che uccidono i loro figli, papà che uccidono la moglie e
spesso con i figli. Questo è un tragico esempio di come tra umani ci siano,
oltre a malati mentali evidenti, queste sottospecie di malati mentali che
nascondono bene la loro tragica realtà di cui sono vittime non loro, ma i figli,
i parenti. E spesso in pubblico hanno un comportamento che non lascia
trasparire all’occhio non esperto quanto è celato più sotto, nel profondo del
loro animo ormai determinato al male.
Apriamo
anche noi gli occhi e consideriamo gli altri come umani da amare, da rispettare;
però impariamo anche a notare dei segnali di qualcosa che non va, che deve
essere riportato a chi di dovere, anche se alcune denunce non sono accettate
dalle autorità che non approfondiscono certe realtà evidenti, purtroppo, perché
si curano solo della poltrona cui sono incollati.
Ringraziamo
chi si dà da fare anche a costo di passare per visionario o troppo pessimista. Ormai
la gente comune non vuole grane di nessuna sorta e si volta dall’altra parte
per non vedere ciò che succede e richiede una certa dose di forza morale che
altera il pacifismo che invece si vuole e nel quale si cancellano gli altri, chiunque
siano e qualunque cosa facciano.
Ci sono
persone molto serie anche tra le autorità: andiamo da quelle e non da chi non
si vuole prendere responsabilità che richiedono sacrifici. Le persone serie ci
sono e spesso pagano con la loro vita stessa. Sono persone come Falcone e
Borsellino e tanti altri conosciuti e sconosciuti...
9) Migranti: ad Agrigento tre
sbarchi "fantasma" in un giorno
Episodi che si verificano da due anni,
documentati con foto e video dall’associazione ambientalista “Mareamico"
di ANGELO AMANTE - 17 agosto 2017
Proseguono gli sbarchi “fantasma”
sulle spiagge dell’Agrigentino. La mattina, i bagnanti trovano piccoli
pescherecci che galleggiano a pochi metri dalla battigia. Sono episodi che si
verificano da due anni, documentati con foto e video dall’associazione
ambientalista “Mareamico”.
Agrigento: tre sbarchi
"fantasma" in un giorno
Gli ultimi erano avvenuti dieci giorni
fa. Le navi vengono utilizzate da piccoli gruppi di migranti, che partono dalla
Tunisia per raggiungere la costa meridionale della Sicilia. Tra oggi e ieri,
sono state rinvenute altre tre barche. Questa mattina, un’imbarcazione lunga
dieci metri è arrivata a Torre Salsa, fermandosi a quaranta metri dalla costa. Carabinieri
e Guardia di finanza sono riusciti ad acciuffare trenta passeggeri, ma si stima
che almeno dieci di loro siano riusciti a dileguarsi.
Ieri ci sono stati altri due casi: uno
nei pressi di Siculiana; l’altro nella zona di Punta Grande, tra Realmonte e
Porto Empedocle, dove alle sei del mattino è stata trovata una barca di sette
metri con motore fuoribordo. Dei viaggiatori, per adesso, non c’è traccia.
(Continua su: http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/08/17/news/migranti_ad_agrigento_tre_sbarchi_fantasma_in_un_giorno-173239226/).
L’Italia è
troppo un colabrodo a causa delle sue coste non sorvegliate come si dovrebbe
fare: in questo modo è possibile ogni sbarco in ogni punto, che sia adatto
all’approdo o meno.
La tratta
degli umani è fiorente: non interessa come arrivano e cosa hanno subìto: l’importante
è il dio denaro che va sempre onorato, riverito. Poi quel che succede o è successo
ai singoli migranti non conta, anche se sono bambini e se muoiono per strada
durante i viaggi da paura: l’importante è farsi pagare prima. Crudeli e brutali
sono gli uomini che lavorano per la tratta, chiunque essi siano e qualunque
mansione abbiano in questo lurido macello. Ricordiamo che, oltre ai danni
fisici, ci sono quelli psicologici che schiantano tutti i migranti, che
riporteranno sindromi future che possono portarli a rivoltarsi anche contro i
paesi ospitanti. Non dimentichiamolo quando arrivano e vengono trattati in modo
tutt’altro che umano. Leggiamo un po’ i resoconti di volontari infiltrati e
scopriamo che c’è gente che guadagna nel riceverli e nel sottoporli ad altre
torture, fingendo di fare il possibile… sì, il possibile per le loro tasche!
Non
dimentichiamo i veri volontari che li aiutano in ogni modo e la gente comune
che fa quello che può per loro. Ricordiamo cosa successe ultimamente in Russia
nella seconda guerra mondiale ai nostri Alpini che si ritiravano a 30/40 gradi
sotto zero, tallonati dai russi che coi loro carri armati, quando trovavano un
italiano nella neve, gli andavano sopra e giravano in tondo fino a sfracellarlo;
ma la povera gente soccorreva nel possibile i nostri soldati condividendo la
loro miseria. Poi, invece, quando giunsero decimati in Italia, ci fu chi
vedendoli così conciati e distrutti chiuse i vagoni per non farli vedere alla
popolazione che li aspettava e qualcuno disse: «Non vedete che fate schifo» (cfr.
Centomila gavette di ghiaccio, Ugo
Mursia Editore, 2011).
10) In Germania giubbotti con la sabbia per calmare i
bambini iperattivi: ''Ma non sono costretti" – 20 gennaio 2018
La misura adottata in duecento scuole del Paese: "Gli
alunni amano indossarli e nessuno è costretto a farlo contro il suo
volere". Ma molti genitori e psichiatri criticano la scelta
ROMA - Pesa
da 1,2 a 6 chilogrammi e sembra un gilet con piume d'oca ma al suo interno ha
la sabbia. In Germania viene fatto indossare ai bambini che soffrono del
disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) per farli stare seduti
al loro posto. Ad adottare l'"armatura" sono 200 scuole in tutto il
Paese, che si dicono soddisfatte per avere ottenuto un cambiamento notevole nel
comportamento dei bambini. L'accorgimento ha suscitato però i dubbi di alcuni
genitori e psichiatri.
A un numero
sempre maggiore di piccoli alunni è diagnosticato ogni anno il disturbo da
deficit di attenzione e iperattività (Adha). Per le scuole il gilet, che costa
tra i 140 e i 170 euro, è un sistema semplice per affrontare il fenomeno, senza
dover ricorrere alle più aggressive medicine.
"I
bambini amano indossarle e nessuno è costretto a farlo contro il suo
volere", ha dichiarato al Guardian Gehild de Wall, a capo dell'unità per
l'inclusione della scuola Grumbrechtstrasse ad Amburgo, tra i pioneri nel suo
utilizzo. Il giubbotto, spiega, viene indossato solo se il bimbo è
accondiscendente e per un massimo di 30 minuti. Inoltre, il peso (scelto in
base alla corporatura del bambino) non rappresenterebbe un problema perché
concentrato nella parte speriore del corpo. E spesso, guardando i loro
compagni, la vogliono anche i bambini che non hanno problemi di concentrazione:
"gli alunni saltano in piedi all'opportunità di averla, così la diamo
anche a quelli che non ne hanno bisogno per assicurarci che non sia collegata a
nessun stigma".
Una maestra
che racconta di avere usato il giubbotto nella sua classe arriva a definirlo un
surrogato dell'abbraccio di cui spesso alcuni bambini hanno bisogno per
calmarsi, gesto che però le maestre non sono autorizzate ad elargire. Ciò che
però rende scettici alcuni psichiatri è anche l'uso a lungo termine, di cui
ancora non si conoscono gli effetti sulla salute psichica.
La Beluga
Healthcare, azienda sassone tra i principali produttori del giubbotto con la
sabbia, fa sapere di aver accontentato ''centinaia di consumatori soddisfatti''
negli ultimi 18 anni con la "sand therapie", riporta il Guardian. Ma
specifica anche che non si tratta certo di un toccasana per bambini cui è stato
diagnosticato l'Adhd.
(Continua su:
http://www.repubblica.it/salute/2018/01/20/news/in_germania_giubbotti_con_la_sabbia_per_bambini_iperattivi-186912255/).
Sempre i soliti esperti dicono che quei pesi sulle
spalle dei bambini sono utili, come se non ne avessero già abbastanza negli
zaini colmi di libri e quaderni che sono costretti a portare per anni. Ma
quanti politici si sono interessati a prendere qualche provvedimento per la loro
salute? O hanno fatto finta di niente, in linea con l’idea “mal comune mezzo
gaudio”?
È ben vero che singolarmente alcune scuole
intelligenti, con professori attenti alla salute dei loro allievi, hanno preso
provvedimenti in merito. Nonostante ciò, non è tutto così facile per la
presenza di allievi che rubano e rendono quelle fatiche terra bruciata:
tuttavia anche questo dovrebbe essere punito. Si dice “dovrebbe” perché i
politici sono capaci di coniare nomi nuovi, come cyberbullismo ed altro, ma, guarda un po’ come ci giudicano altre
nazioni come la Germania e che lo dicono senza mezzi termini portando anche
delle prove di quelle che dicono (non fake, secondo la tendenza che oggi imperversa).
11) Italia messa peggio
della Grecia, lo dice la stampa tedesca
Die Welt, unico Paese eurozona in cui livello vita è
diminuito - 26 gennaio 2018
"L'Italia è l'assoluto fanalino di coda
dell'eurozona, messo anche peggio della Grecia", si sostiene dalle pagine
finanziarie del quotidiano Die Welt, nell'articolo "Se i greci lasciano
indietro gli italiani". E il timore degli economisti delle banche d'affari
è che alle prossime elezioni, indipendentemente da chi vinca, "non c'è da
aspettarsi riforme di base", dice Timo Schwietering, analista della banca
Metzler. "Solo riforme radicali, come in Grecia, potrebbero cambiare
qualcosa" dice il quotidiano di Berlino. "Ma cose del genere non sono
nel programma elettorale di nessuno dei contendenti alle elezioni".
"L'Italia è l'unico paese dell'eurozona il cui
livello di vita, dall'entrata in vigore dell'unione monetaria, è
diminuito", prosegue Timo Schwietering.
"Prima l'Italia aveva un modello economico
facile", dice Daniel Hartmann, capo economista della banca Bantleon, che
si occupa del risparmio gestito. "Quando la congiuntura si bloccava, si
svalutava la lira, che ridava benzina alle esportazioni e rianimava la
congiuntura". Dall'entrata in vigore dell'unione monetaria questo modello
non ha più funzionato e il paese dovrebbe abbassare i costi o aumentare la
produttività. "Il passaggio al nuovo campo all'Italia non è ancora
riuscito".
Sarebbe necessaria soprattutto una riforma
dell'amministrazione: "le prestazioni sono scarse e per giunta care".
Un permesso di costruzione costa tre volte la Germania, un procedimento
giuridico in Italia è di 3 anni, in Germania di uno e mezzo. Le premesse di
riforma c'erano con il governo Renzi, ma ora rischia di bloccarsi tutto,
secondo Welt.
(Continua su: http://www.ansa.it/nuova_europa/it/notizie/rubriche/altrenews/2018/01/25/germania-stampa-italia-messa-peggio-della-grecia_15157700-bdee-4cea-a3a6-e229db1d5020.html).
12) Molestie Onu, per
esperto vige cultura dell'impunità - Venerdì, 19 Gennaio 2018 euronews
"Manca
la volontà di perseguire seriamente le molestie sessuali", Peter Gallo
Nuovo
scandalo all'Onu, la stampa britannica ha scoperto che decine di donne sono
state sottoposte e molestie sessuali. Appena alla fine del 2017 altri scandali
sessuali avevano inchiodato le Nazioni Unite alle proprie responsabilità. Ora
nuovi schizzi di fango dimostrano che una cultura dell'impunità era ben
radicata all'interno dell'organizzazione. Decine le testimonianze di persone in
varie sedi del mondo.
Un
analista che ha realizzato uno studio al riguardo ha detto a Euronews che: "questo
sembra un problema radicato in tutti gli uffici ed evidentemente il controllo
non funziona, non è mai stato affrontato il problema nella sua interezza ed è
evidente che non vengono effettuate indagini e non si cerca di mettere in
galera che perpetra quellli che restano dei crimini"
Il
segretario generale Antonio Guterres, ha dato la priorità alla lotta contro le
molestie sessuali e sostiene la politica della tolleranza zero, ma la
ripetitività con cui questi scandali tornano ad esplodere, dimostra che il
problema è ben più radicato di quanto, al palazzo di vetro e a Ginevra, amino
far credere.
(Continua
su: http://it.euronews.com/2018/01/19/molestie-onu-esperto-sessuali)
La corruzione e le violenze sessuali sono
all’ordine del giorno in ogni ufficio e anche all’Onu non sono da meno degli
altri, ma con il solito particolare che si cerca di nascondere il tutto, licenziare
chi tenta denunce e quant’altro. Chi è a capo di una istituzione mondiale non
può esporsi al pubblico in modo ambiguo, anche se lo fa. ma la “cultura
dell’immunità arriva a questo ed altro:
Molestie e stupri negli uffici delle Nazioni Unite - Venerdì, 19 Gennaio 2018 euronews
L'inchiesta del 'The Guardian' svela un
sistema di minacce e omertà e ora l'ONU teme che il problema sia sottostimato. I
casi in diversi uffici del mondo. Le vittime denunciano anche l'inutilità di
segnalazioni formali alle figure preposte.
Almeno 15 casi verificati di agressione
sessuale negli ultimi cinque anni. Vanno dalla frase spinta allo stupro, il
tutto ovattato da una "cultura del silenzio" con "un sistema di
reclami difettoso che si rivolta contro le vittime", è scritto
testualmente. Dove? All'ONU, in diversi uffici del mondo.
La denuncia è del quotidiano britannico The
Guardian che ha raccolto le testimonianze di dozzine di lavoratori. "O ti
concedi o il tuo contratto scadrà senza essere rinnovato e così il tuo
visto", era il tono delle minacce e a volte la denuncia all'ufficio
preposto si risolveva in un nulla di fatto o peggio in un esaurirsi del
rapporto di lavoro, soprattutto per i consulenti, racconta una donna. Per una
di loro le prove mediche dello stupro, il cui colpevole a detta della vittima
era un alto funzionario più anziano di lei, sono state considerate insufficenti
e per lei non c'è stata nessuna protezione: ha dovuto lasciare il lavoro e
tornare nel Paese d'origine.
Il portavoce dell'Onu ha affermato che
"la lotta alle molestie sessuali è una priorità" per il segretario
generale Antonio Guterres ed ha aggiunto che non sarebbe una sorpresa sapere
che il problema è sottostimato. Ufficialmente all'ONU hanno raccolto 15 denunce
di molestie nel 2016 e 20 nel 2015.
(Continua su: http://it.euronews.com/2018/01/19/molestie-e-stupri-negli-uffici-delle-nazioni-unite).
Ogni
commento è superfluo, perché dove non c’è corruzione e stupro? Ci vogliono
abituare a considerare normale tutto e il solito popolo, vedendo che succede
nelle cosiddette “alte sfere” (che poi non sono tante alte), considera lecito
ogni disordine morale, che avrà ben altri aspetti di qui ad un po’, come
l’eutanasia, che poi diventa omicidio legalizzato dalle nazioni e dai giudici
che ormai giustificano ogni attentato all’uomo perché siamo in troppi e bisogna
sfoltire la massa.
13) Cina: nonna di 76
anni percorre 24 chilometri al giorno per portare il nipote disabile a scuola
Shi
Yuying – 76 anni – è l’unica persona rimasta accanto al nipotino di nove anni
con paralisi cerebrale.
25
GENNAIO 2018 12:49 di D. F.
Dodici
all'andata, dodici al ritorno: in tutto fa 24 e sono i chilometri che ogni
giorno un'anziana donna cinese percorre per accompagnare il nipote disabile a
scuola. Shi Yuying, una nonnina di 76 anni di Jiang Haowen, quotidianamente
porta il bimbo di nove anni in classe. Il nipotino soffre di paralisi
cerebrale, una condizione permanente che influenza il movimento e la
coordinazione e lo rende incapace di camminare. Il bambino ha bisogno di
cure costanti e l'unica che può assisterlo è la nonna: la madre,
infatti, l'ha abbandonato per iniziare una nuova relazione, mentre il
padre lavora in un'altra città nel tentativo di sostenere le spese familiari. Molti
infatti sono i debiti contratti dalla famiglia per garantire le cure necessarie
a Jiang.
L'unica
figura che è rimasta vicina al piccolo è la nonna Yuying: grazie a lei e alla
sua tenacia il bambino può coltivare i suoi interessi scolastici. Malgrado
l'età avanzata la signora Yuying spinge la sedia a rotelle su strade dissestate
(…) verso la scuola situata nella provincia di Guangxi. Naturalmente ad
ogni viaggio di andata corrisponde uno di ritorno ma malgrado questo e la
fatica quotidiana, la nonna non si ferma cercando la forza nell'amore
incondizionato verso il nipote. Che ci sia neve, pioggia o vento poco importa,
la nonna non intende smettere: "Finche avrò la forza continuerò a
farlo" dice.
(Continua
su: https://www.fanpage.it/cina-nonna-di-76-anni-percorre-24-chilometri-al-giorno-per-portare-il-nipote-disabile-a-scuola/
- http://www.fanpage.it/).
Questa
bella notizia, carica anche di fatica, ci illumina la vita ed il futuro
dell’umanità: non tutto è così violento, ma ci sono persone che si sacrificano
per gli altri e per gli indifesi e i disabili. Grazie, nonna, di quello che fai
per il tuo nipote; speriamo che qualche autorità cinese si svegli e provveda in
merito, anche se penso che qualche privato farà qualcosa per aiutarti. Grazie
sempre per quello che fai e che è di esempio a tutti noi del popolo, che si
sente vicino ai tuoi sforzi fisici per il nipote disabile. Grazie ancora: anche
se non avremo più notizie di te, tu sei una guida per molti di noi che possono seguire
il tuo esempio.
Grazie
ancora e che Qualcuno ti ricompensi secondo le Sue leggi e non le nostre.
14) Migranti, 800
salvati in mare e 3 morti. Aquarius: “La Libia ci ha impedito di aiutare un
gommone”
Ottocento
persone sono state salvate nelle ultime 24 ore nel Mediterraneo, ma 3 donne
sono morte e numerosi sono ancora i dispersi, tra cui bambini. La denuncia
della nave Aquarius di Sos Mediterranèe: “Una motovedetta della Guardia
costiera libica ci ha imposto di girare la prua e tornare indietro e ha
rifiutato il nostro aiuto”.
CRONACA
ITALIANA 28 GENNAIO 2018 14:57 di Ida Artiaco
Ennesima
tragedia nelle acque del Mediterraneo. Nelle ultime 24 ore 800 persone sono
state salvate, ma tre donne sono morte e numerosi risultano ancora i dispersi,
tra cui molti bambini, secondo le testimonianze dei superstiti, dopo che un
gommone è colato a picco. Due delle vittime, recuperate in fin di vita con i
loro bambini, sono decedute sulla nave Aquarius di Sos Mediterranèe, inviata in
soccorso dalla sala operativa della Guardia costiera di Roma. Il team di Medici
senza frontiere, giunto proprio su Aquarius, ha tentato l'impossibile per
salvarle ma non ce l'hanno fatta, una terza è morta questa mattina all'ospedale
di Sfax dove era stata trasportata d'urgenza insieme a sei bambini in
gravi condizioni con i polmoni pieni d'acqua.
Non
sono mancate le denunce. Proprio Aquarius ha raccontato che una motovedetta
libica le ha intimato l'alt e le ha impedito di prendere parte alle
operazioni di salvataggio. Lo ha fatto rendendo pubblico un documento
fotografico: "Siamo stati mandati dalla sala operativa di Roma a
soccorrere un gommone in difficoltà ma arrivati a cento metri di distanza una
motovedetta della Guardia costiera libica ci ha imposto di girare la prua e
tornare indietro e ha rifiutato il nostro aiuto – hanno sottolineato -. Una
cosa orribile: abbiamo visto i volti delle persone e sentito le loro voci che
chiedevano aiuto ma non ci è stato permesso di soccorrerli. Una giornata
devastante, due donne sono morte e hanno lasciato due bambini orfani".
L'ennesima
giornata terribile nel Mediterraneo e per le associazioni umanitarie impegnate
nel salvataggio dei migranti che dalle coste libiche si dirigono verse quelle
italiane, dopo che già il 15 gennaio scorso era stato rinvenuto in acque
internazionali un gommone semisgonfiato sempre dalla nave Aquarius. Sono
800 le persone complessivamente salvate nelle ultime 24 ore in cinque
diverse operazioni di soccorso nel Mediterraneo. In 330, a bordo di una nave
militare spagnola, sono già diretti verso il porto di Pozzallo.
Ida
Adriatico
(Continua
su: https://www.fanpage.it/migranti-800-salvati-in-mare-e-3-morti-aquarius-la-libia-ci-ha-impedito-di-aiutare-un-gommone/
- http://www.fanpage.it/).
15) Migranti, naufragio
al largo della Libia, Oim: “Almeno 90 morti”
L’Oim
ha riferito che ci sarebbero tre sopravvissuti, mentre sono affiorati una
decina di cadaveri.
CRONACA
ITALIANA 2 FEBBRAIO 2018 11:52 di Annalisa Cangemi
Ancora
una tragedia del mare. Si teme che almeno 90 migranti siano affogati nel
naufragio di un barcone, con a bordo soprattutto cittadini pachistani, a largo
delle coste libiche. Lo riferiscono le Nazioni Unite da Ginevra.
I
soccorritori sono già sul posto, per tentare di rintracciare eventuali
sopravvissuti. "Dieci corpi sono affiorati sulle coste libiche, fra cui
otto pakistani e due libici, mentre ci sono tre sopravvissuti", ha
dichiarato la portavoce dell'Oim, Olivia Headon a Ginevra. Due dei superstiti
sono arrivati a riva a nuoto, mentre l'altro sarebbe stato recuperato da un
peschereccio. I corpi senza vita sono stati rinvenuti su una spiaggia nei
pressi della città di Zuwara. Probabilmente il barcone si è ribaltato perché
eccessivamente carico di persone. L'Oim ha riferito che ultimamente sta
crescendo il numero di pachistani che tenta di arrivare in Europa dalla
Libia, passando per l’Italia. In tutto si calcola che nel 2017 i cittadini
pachistani arrivati in Italia attraverso la Libia sono stati almeno 3138;
mentre dall'inizio dell'anno i migranti arrivati dal Pakistan sono stati 240, a
fronte degli appena 9 dello stesso periodo dell'anno scorso.
"Ogni
morte in mare è una vita persa di troppo. Per questo continuiamo con la nostra
azione di salvataggi e per combattere contro i network di trafficanti", si
è espressa così una portavoce della Commissione europea, Catherina Ray, dopo le
notizie del naufragio.
Nella
serata di ieri 236 migranti sono sbarcati a Pozzallo in Sicilia dopo essere
stati salvati nel Canale di Sicilia dalla nave "Corsi".
Annalisa
Cangemi
(Continua
su: https://www.fanpage.it/migranti-naufragio-al-largo-della-libia-oim-almeno-90-morti/
- http://www.fanpage.it/).
16) I corpi di 16 migranti
sono stati recuperati al largo del Marocco - MONDO 04.02.2018
La guardia costiera del Marocco ha
recuperato i corpi di 16 persone che erano stati avvistati nel mar Mediterraneo
al largo dell’enclave spagnola di Melilla dall’equipaggio di un’imbarcazione. Un
medico che ha esaminato i corpi ha detto all’agenzia di stampa Agence
France-Presse che i morti sono tutti di origine sub-sahariana, fatta eccezione
per una persona marocchina. È probabile che stessero cercando di raggiungere
l’Europa dopo essere partiti a bordo di un’imbarcazione da Melilla, che è un
punto di riferimento per i migranti che cercano lavoro nei paesi europei o
vogliono fare richiesta d’asilo. La città ha 86mila abitanti ed è l’unico
territorio dell’Unione Europea che ha frontiere terrestri con l’Africa insieme
a Ceuta, un’altra enclave spagnola che si trova vicino allo Stretto di
Gibilterra. Questa mattina la guardia costiera spagnola ha pattugliato il
tratto di mare attorno a Melilla per cercare eventuali altri corpi o persone
ancora in vita.
Nell’ultimo periodo il numero di
migranti che cercano di raggiungere l’Europa passando dal Nord Africa alla
Spagna è aumentato. Dall’inizio del 2018 circa 1.300 migranti sono arrivati in
Spagna, circa 4.300 in Italia. Senza contare quelli di questo finesettimana,
almeno 243 migranti sono morti o dispersi nel Mediterraneo dall’inizio
dell’anno.
(Continua su: https://www.ilpost.it/2018/02/04/corpi-16-migranti-recuperati-mar-mediterraneo-melilla/).
Spesso
si legge solo di migranti che sono annegati nel tratto Libia – Italia: ricordiamo
che purtroppo il conto non è così, ma questo riferimento ci butta negli occhi
che, da più parti, chi perisce nel tentativo di raggiungere un altro paese
affidandosi a mezzi inadeguati affronta sempre l’insicurezza: questo è quello
che succede vicino a noi, tra le coste del Marocco e della Spagna. Altrove idem.
Cerchiamo
di essere presenti con umanità di fronte all’esercito degli scomparsi.
17) Guardian: in
Italia 50 combattenti dell’ISIS sbarcati in Sicilia. Governo smentisce: “Falso”
Il
Guardian rivela un documento dell’Interpol nel quale si segnala al Governo
italiano la presenza di foreign fighters dell’Isis sul nostro territorio,
giunti con quelli che in gergo si chiamano “ghost landings”. Ma il Governo
italiano smentisce.
POLITICA
ITALIANA 31 GENNAIO 2018 13:35 di Redazione
AGGIORNAMENTO:
È arrivata immediatamente la replica del Dipartimento di Pubblica Sicurezza,
che sostanzialmente smentisce la ricostruzione del Guardian e ribadisce la
bontà del lavoro di cooperazione fra l'Italia e la Tunisia per il contrasto
dell'immigrazione clandestina verso le nostre coste:
«In riferimento all’articolo pubblicato sul
sito del quotidiano inglese The Guardian dal titolo “Interpol circles list
suspected Isis fighters belivied to be in Italy”, il Dipartimento della
Pubblica Sicurezza precisa quanto segue.
Non trova alcun
riscontro l’informazione di 50 “combattenti stranieri” approdati sulle coste
italiane appartenenti all’Isis e pronti a compiere attentati.
Nell’ambito di un
consolidato, costante e prolifico rapporto di collaborazione e scambio
d’informazioni tra le autorità italiane e tunisine, quest’ultime hanno
segnalato nel tempo al nostro Paese il probabile ingresso in Italia di
appartenenti a presunti gruppi integralisti. Il proficuo rapporto di
cooperazione internazionale di polizia tra i due Stati ha permesso di
rintracciare un esiguo numero di persone segnalate le quali, a seguito delle
previste procedure d’identificazione, sono state immediatamente rimpatriate.
Ovviamente è massima
l’attenzione verso tutti coloro che raggiungono illegalmente il nostro
territorio e l’immediata espulsione di alcuni soggetti segnalati ne è una
incontrovertibile conferma. Giova inoltre ricordare che grazie alla citata
collaborazione con le Autorità tunisine, due volte alla settimana vengono
effettuati rimpatri collettivi verso quel Paese».
L’Interpol
ha stilato una lista di 50 combattenti dell’ISIS, che, dopo le recenti
sconfitte dello Stato islamico in Siria e Iraq, sarebbero tornate in Europa,
raggiungendo l’Italia attraverso la Tunisia. Si tratterebbe di 50 persone di
nazionalità tunisina, sbarcate in Sicilia con l’obiettivo di attraversare
l’Italia e raggiungere Francia e Germania. A rivelarlo è il Guardian, che ha
ottenuto un documento riservato dell’Interpol, inviato al ministero
dell’Interno italiano lo scorso 29 novembre.
Stando
a quanto rivela il giornale britannico, alcuni di loro sarebbero già stati
identificati dalle forze di polizia italiane al momento dello sbarco, mentre
pare che uno di loro abbia attraversato la frontiera per raggiungere Gard, nel
sud della Francia.
A
quanto risulta, gran parte dei tunisini avrebbe raggiunto le coste del nostro
paese tra luglio e ottobre dello scorso anno, con canali diversi rispetto a
quelli maggiormente utilizzati dai trafficanti di uomini per permettere lo
sbarco di decine di migliaia di migranti sulle coste siciliane. In poche
parole, i sospettati non avrebbero raggiunto l’Italia “nascosti nei gommoni”
che partono dalla Libia o dalla stessa Tunisia, ma utilizzando piccole
imbarcazioni, che trasportano passeggeri di notte, a gruppi di 20 o 30 alla
volta. Si tratta dei cosiddetti “ghost landings”, sbarchi fantasma, con le
imbarcazioni che sfuggono ai controlli e vengono abbandonate sulle spiagge
siciliane (in particolare in provincia di Agrigento) e spesso ritrovate quando
i passeggeri hanno già fatto perdere le loro tracce.
Luigi
Patronaggio, procuratore di Agrigento, spiega: “Non possiamo escludere che tra
i migranti che utilizzano questi sbarchi fantasma possano nascondersi
jihadisti”. E altre fonti investigative siciliane spiegano le difficoltà di
intervento anche nei casi in cui un gruppo di persone sia fermato dalle
autorità italiane: “Non sappiamo cosa hanno fatto prima di sbarcare qui, non
sappiamo chi sono e cosa siano stato prima di arrivare in Sicilia. Alcuni non
vogliono farsi identificare e rifiutano di farsi prendere le impronte digitali.
Per questi motivi, se sei un terrorista, il modo più sicuro per raggiungere
l’Europa è attraverso Agrigento”.
Si
calcola che siano circa 5500 i tunisini che hanno combattuto in Siria per lo
Stato Islamico, molti dei quali avrebbero fatto ritorno in patria e potrebbero
cercare di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo. Sono circa 5mila,
invece, i migranti “economici” di nazionalità tunisina arrivati in Italia con i
barconi lo scorso anno, la metà dei quali già rimpatriata grazie agli accordi
fra Roma e Tunisi.
Redazione
(Continua
su: https://www.fanpage.it/interpol-in-italia-almeno-50-combattenti-dell-isis-sbarcati-in-sicilia-dalla-tunisia/
- http://www.fanpage.it/)
Cinquanta
terroristi sono un bel numero e sarebbero arrivati in Italia attraverso sbarchi
organizzati in modo fantasma, cioè senza ricorrere ai soliti barconi sgonfi, ma
in barchette di legno che poi li hanno depositati su spiagge al di fuori delle rotte
normali, in modo da non essere recuperati dalla polizia e così identificati.
È
certo un bel traguardo avere dei terroristi in casa o comunque che circolano
qua in Italia, anche se poi raggiungono paesi più sicuri dove hanno altri
contatti per potersi proteggere e non farsi riconoscere.
Così
adesso sappiamo che arrivano un po’ dappertutto, sembrerebbe in Sicilia, ma
altre segnalazioni di barche su spiagge ci sono già state anche nell’Adriatico
e in Sardegna: così ce li ritroviamo, pronti a preparare qualcosa in Italia
tanto per fare qualche macello anche qua.
Non
c’è più nulla di sicuro nel mondo e noi non siamo dammeno, perciò è meglio
aprire gli occhi, non credere al “tutto va ben, madama la marchesa”, ma
guardarsi un po’ attorno quando si cammina, quando si entra in posti affollati,
purtroppo anche quando si passeggia.
In
un articolo del 18 agosto 2017, Charlotte Matteini diceva:
«
il ministro
dell'Interno Marco Minniti ha dichiarato che "l'attenzione rimane
altissima, ma il livello della minaccia non cambia", rimanendo dunque
"allerta 2", ovvero il grado di allarme massimo, un gradino sotto
quello attuabile in caso di attacco terroristico in corso».
(Continua
su: https://www.fanpage.it/allerta-terrorismo-in-italia-il-livello-di-attenzione-e-altissimo-ma-nessuna-minaccia-imminente/
- http://www.fanpage.it/).
18) Migranti, quasi 250 morti nel Mediterraneo a
gennaio - Lo rivela l'Organizzazione Internazionale per
le Migrazioni (Redazione ANSA - 02 febbraio 2018)
Sono 246, quasi tutte sulla rotta che porta all'Italia, le
morti di migranti registrate dall'Oim nel primo mese di quest'anno. Lo riporta
il comunicato in cui si annuncia il naufragio di stamattina che si teme abbia
causato almeno 90 vittime. L'Oim precisa che sulla rotta mediterranea centrale,
quella che dalla Libia porta all'Italia, le morti sono state 218. Le restanti
28 sono sulla rotta per la Spagna. La cifra di 246 migranti deceduti rende il
gennaio 2018 "il secondo più mortale nel Mediterraneo dal giugno
2017", nota l'Oim. A dicembre erano state registrate 23 morti.
(Continua su: http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2018/02/02/migranti-quasi-250-morti-in-mediterraneo-a-gennaio_3c394a7a-20e5-4257-b5ac-e497b20b8286.
html).
19) Ancora violenze
su minorenni, non c’è nessuna videocamera dei luoghi comuni??
19a) Palpeggiamenti e
baci in bagno e nel ripostiglio della scuola, bidello arrestato a Bari
Un
58enne barese, bidello in un istituto scolastico di Bari, è stato arrestato e
posto ai domiciliari con l’accusa di violenza sessuale aggravata. Avrebbe
costretto quattro alunne a subire atti sessuali, baci sul collo e sulle labbra,
palpeggiamenti e abbracci.
CRONACA
ITALIANA 30 GENNAIO 2018 15:12 di Susanna Picone
Con
l'accusa di violenza sessuale aggravata i carabinieri hanno messo agli arresti
domiciliari P. R. , un cinquantottenne di Bitetto (Bari), collaboratore di un
istituto scolastico comprensivo di Bari. Il bidello avrebbe costretto quattro
alunne di età compresa fra i dieci e i dodici anni a subire atti sessuali. Nei
dettagli, l’uomo avrebbe molestato le bambine con palpeggiamenti, abbracci,
baci sul collo e sulle labbra. Stando alle indagini della sezione di Pg dei
carabinieri e dei militari di Bitetto, coordinate dal pm Simona Filoni,
approfittando della sua posizione nella scuola e della condizione di
inferiorità fisica e psichica delle giovani alunne, il cinquantottenne avrebbe
appunto in diverse occasioni abbracciato, baciato e palpeggiato le bambine che
bloccava quando andavano in bagno o che venivano costrette a entrare in un
ripostiglio buio insieme a lui. I fatti contestati risalgono al novembre dello
scorso anno, ma le bambine, che sono state sentite dalla magistratura barese
con ascolto protetto, hanno raccontato di aver subito abusi fin dall'inizio
dell'anno scolastico.
Il
bidello aveva cercato di ottenere la fiducia delle bambine facendo loro
complimenti – A far scattare le indagini è stata la denuncia di un
genitore al quale la figlia di dodici anni aveva raccontato quello che
succedeva a scuola col bidello. In una occasione, con la scusa di voler aiutare
una ragazzina ad asciugarsi le mani dopo essere andata in bagno, l’uomo
l'avrebbe costretta a sedersi sulle sue gambe per poi toccarle il petto e
baciarla sul collo. Secondo quanto spiega la Procura in una nota, il bidello
avrebbe anche tentato di carpire la fiducia delle quattro bambine “mostrandosi
loro quale amico e confidente, lusingandole con complimenti e facendo sì che le
giovani, almeno in un primo momento, scambiassero tali sue perverse
manifestazioni lascive ed erotiche, con ingenue manifestazioni di affetto”.
Susanna
Picone
(Continua
su: https://www.fanpage.it/palpeggiamenti-e-baci-in-bagno-e-nel-ripostiglio-della-scuola-bidello-arrestato-a-bari/
- http://www.fanpage.it/).
19b) Pordenone, bimbi
dell’asilo e del nido picchiati e umiliati da 4 maestre e una bidella
Percosse
e urla contro una ventina di bambini, anche molto piccoli, che frequentano una
struttura privata con asilo nido e scuola materna nella provincia di Pordenone.
Le indagate incastrate dalle telecamere nascoste.
CRONACA
ITALIANA 3 MARZO 2018 13:06 di Susanna Picone
Quattro
maestre e una bidella risultano indagate e la struttura privata con asilo nido
e scuola materna in cui lavoravano è stata posta sotto sequestro nel corso di
una operazione dei carabinieri della Compagnia di Pordenone. Arriva dalla
provincia del Friuli-Venezia Giulia l’ultimo caso di violenza in una scuola. Le
vittime in questo caso sarebbero una ventina di bambini di età compresa tra i
sei mesi e i sei anni. Le azioni violente delle quattro insegnanti e
dell'inserviente sono state svelate grazie ad alcune telecamere che erano state
nascoste dagli investigatori in seguito alla denuncia della mamma di un
bambino, che ha fatto scattare le indagini. Le telecamere nascoste hanno
filmato una serie di violenze fisiche e intimidazioni operate ai danni dei
bambini i quali, secondo l'accusa, per futili motivi venivano fatti oggetto di
percosse di vario genere, anche sulla nuca e sul viso, talvolta facendo
sbattere il volto dei piccoli sul tavolo, in altri casi afferrandoli e
strattonandoli con forza, oppure traumatizzandoli sottoponendoli a vari tipi di
punizioni umilianti e lesive della dignità dei minori. Le indagate, da quanto
emerso, urlavano ai piccoli con il viso a pochi centimetri dal loro volto.
Maestre
indagate per il reato di maltrattamento di minori – I carabinieri della
Compagnia di Pordenone, coordinati dal tenente colonnello Marco Campaldini,
hanno dato esecuzione a due misure interdittive emesse dal Gip di Pordenone,
del divieto di esercitare la professione presso qualsiasi ente pubblico e
privato, nei confronti di due delle maestre che risultano indagate per il reato
di maltrattamento di minori. Si tratta di una donna di quarantasei anni e di
un’altra di venti anni, entrambe residenti nella provincia di Pordenone. Altre
due insegnanti e l’inserviente sono indagate in concorso. La struttura privata
con il nido e la scuola materna è stata sottoposta a sequestro in esecuzione di
decreto dell'Autorità Giudiziaria.
Susanna
Picone
(Continua
su: https://www.fanpage.it/pordenone-bimbi-dell-asilo-e-del-nido-picchiati-e-umiliati-da-4-maestre-e-una-bidella/
- http://www.fanpage.it/).
Siamo ancora
daccapo. Ma non capiscono i nostri parlamentari e qualche ministero che si
devono mandare in giro ispettori che ascoltino i genitori e i parenti, che facciano
improvvise irruzioni negli asili per riprendere ciò che succede? Si mandano in
giro ispettori ovunque, con le spese a carico dello stato come sempre, ma per i
bambini potenziali vittime niente, nessun controllo! Perché lo Stato se ne
frega dei bambini che subiscono e riporteranno cicatrici psicologiche per tutta
la vita, facendo finta di nulla e non promuovendo nessun controllo. Tutto è
lasciato alla buona volontà delle singole maestre, e alla volontà di chi sfoga
sui bambini comportamenti terrificanti. Perché nessuno si ribella se non dopo
che è successo il fatto?
Le mamme o i
papà non leggono di questi casi, che sono fatti sparire alla svelta dai media
perché c’è altro, come per esempio le elezioni, da seguire e non controllano con
attenzione e continuità le condizioni dei propri figli.
Certo, che è
uno Stato che fa leggi, ma non le mette in atto; oppure le leggi vengono
vanificate e i bambini subiranno ancora. Poi ci si lamenterà se dei bambini
crescono con delle problematiche o sono affetti da sindrome di iperattività
motoria o altro. Invece il loro stato futuro è provocato proprio da maestre non
controllate, cui non sono fatti sistematicamente test di accertamento di
idoneità e che potrebbero essere avviate a corsi specifici di recupero idoneità.
Si tratta di
gravi mancanze continuative, che procureranno in futuro anche altri casi simili
se non si ferma questa mostruosa tendenza a creare vittime innocenti che non
sono fake, ma realtà umilianti per tutta la nazione.
20) La storia di Luca, tormentato dai bulli: “Non
riuscivo neanche a bere l’acqua, vivevo nel panico”
Luca Di
Pasquale è un ragazzo abruzzese di 18 anni. Per anni è stato vittima di
bullismo che l’ha portato a sviluppare una profonda depressione. Oggi sta
tentando di risalire ed ha scelto di raccontarci la sua storia.
30 GENNAIO
2018 13:45 di Simona Berterame
Questo
ragazzo immortalato mentre gioca con il suo cagnolino si chiama Luca, ha
appena 18 anni e ha scritto a Fanpage. it una lettera dove racconta a cuore
aperto di essere stato vittima di bullismo e chiede di poter raccontare
la sua storia, con l'obiettivo nobile di sensibilizzare su una piaga giovanile
così diffusa.
«Ciao mi chiamo Luca Di Pasquale ho 18 anni e
vivo a Scerni, un piccolo paesino. Volevo raccontarvi la mia storia. Ho
sofferto di bullismo dall'età di 9 anni fino ai 15, bullismo psicologico
precisamente, e fino a quando non ho retto più gli insulti e le prese in giro
pesanti contro di me da quasi tutti i giovani del paese. Ho sofferto e soffro
di depressione maggiore con disturbo di ansia e attacchi di panico, ho passato
l'inferno, ma chiamarlo così sarebbe un insulto allo stesso. »
Al telefono
la voce di Luca trema ma non si spezza. E’ un fiume in piena mentre racconta la
sua storia, un’adolescenza ferita e catapultata nel tunnel della depressione. «Ero molto chiuso e non riuscivo a farmi
amici maschi. Avevo solo un’amica e perciò i ragazzi del paese hanno iniziato a
prendermi di mira gridandomi ‘Frocio di m***a, sembri una femminuccia’. Io non
sono omosessuale e non considero un insulto esserlo, però loro utilizzavano
questa parola in modo dispregiativo, per mettermi in ridicolo davanti a tutti e
questo mi faceva stare male». Un calvario iniziato fin dalle elementari e
che Luca si è trascinato fino alle scuole superiori. Nel piccolo paesino
abruzzese dove Luca è cresciuto, era diventata quasi una moda prendersi
gioco di lui.
Nel 2015
dopo anni di vessazioni e insulti, Luca inizia a chiudersi sempre di più in sé
stesso e ad aver paura anche di uscire di casa. “Se ti rivediamo in giro ti
picchiamo” gli scrivevano per SMS i bulli, minacce che non avevano una
motivazione se non quella di escluderlo dalla vita sociale del paese solo
per puro divertimento. Una situazione insostenibile che lo porterà a sviluppare
una profonda depressione e un disturbo alimentare. «Mi sentivo sempre più
triste, malinconico verso la vita e verso tutti, iniziai a perdere interesse su
tutto quello che mi interessava e a rifiutare il cibo – ci racconta il giovane
– Nascondevo tutti i panini per la scuola in una busta e ogni settimana andavo
a gettarli nel bosco dietro casa mia, rifiutavo ogni sorta di cibo, non
riuscivo neppure a mangiare un boccone e spesso se ero forzato a mangiare,
subito dopo vomitavo, anche l’acqua era diventata pesante per me; avevo lo
stomaco completamente chiuso». La bulimia lo porta a perdere 10 kg in 2 mesi e
anche solo recarsi a scuola e seguire una lezione iniziava a diventare
complicato, complice anche una professoressa poco empatica «Passavo molto
tempo in bagno a piangere e vomitare, seguire una lezione senza almeno un
accenno di un attacco di panico era ormai impensabile per me. Purtroppo una
delle mie insegnanti invece di comprendermi e aiutarmi (avevo appena 16 anni)
mi etichettò subito come ‘il problema della classe'. Divenne molto severa con
me, impedendomi di uscire dall'aula, nonostante i miei ormai continui attacchi
di panico».
A soli 18
anni questo ragazzo sente di aver toccato il fondo, avendo anche considerato il
gesto più estremo. La voglia di farla finita lo ha portato a tentare il
suicidio per ben due volte. La prima volta buttandosi da un tetto ma uscendone
miracolosamente illeso, per l'altezza molto modesta del salto. Dal secondo
tentativo Luca probabilmente non ne sarebbe uscito vivo, se non fosse stato per
la sorella, corsa per acciuffarlo al volo convincendolo poi a scendere da quel
cornicione così alto.
Luca oggi
non crede di essere uscito del tutto dal tunnel della depressione e non sa
quando ce la farà, ma sta provando a risalire grazie all'aiuto e all'amore
della sua famiglia che non l'ha mai lasciato solo in questa battaglia e ad un
percorso terapeutico che ha intrapreso da ormai diverso tempo.
«Voglio che arrivi a tutti questo messaggio,
non giudicate mai un ragazzo o ragazza per quello che appare fuori, dentro ha
un mondo da scoprire, non abbiate pregiudizi. Prima di giudicare riflettete,
prima di parlare pensate, e non lasciatevi mai dire che non valete niente che
siete inutili e brutti. Voi valete tanto e chi ha il cuore cattivo non lo sa. Ricordate
sempre che chi vi giudica è perché voi avete qualcosa che loro non avranno mai.
E per quelli che come me soffrono di depressione o altre malattie psichiche, vi
dico che la medicina più potente è l’amore della propria famiglia, il loro
amore sarà la vostra forza, il loro sorriso il vostro coraggio e un cucciolo di
cane il vostro psicoterapeuta. Vivete ogni giorno al massimo, amate ogni
singolo istante, toccate ogni cosa, esplorate la natura, giocate con gli
animali e fate ciò che vi rendi sereni e non pensate al futuro».
(Continua su:
https://www.fanpage.it/la-storia-di-luca-tormentato-dai-bulli-non-riuscivo-neanche-a-bere-l-acqua-vivevo-nel-panico/
- http://www.fanpage.it/).
21) Yemen: Onu, 68 bambini uccisi in 3 mesi – Roma,
02/02/2018 - 19:00
Rapporto ottenuto da Al Jazeera, 36 feriti
nei raid
ROMA, 2 FEB - Sono 68 i bambini uccisi nei
raid dela Coalizione araba a guida saudita in Yemen tra i mesi di luglio e
settembre 2017. Secondo Al Jazeera, i dati sono contenuti in un estratto di un
rapporto riservato dell'Ufficio delle Nazioni Unite sui bambini e i conflitti
armati inviato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 19 gennaio. Nel
rapporto confidenziale, ottenuto da Al Jazeera, viene aggiunto che 36 bambini
sono stati feriti durante i raid della Coalizione nel corso dei tre mesi estivi
del 2017.
(Continua su: http://www.lasicilia.it/news/mondo/137798/yemen-onu-68-bambini-uccisi-in-3-mesi.html).
22) L’inquietante e-commerce dei bambini, bebè come merce:
in vendita a 1000 euro su un sito egiziano
In Egitto, bambini e neonati venivano venduti
sul web come merce qualunque. Il prezzo era determinato dal colore della pelle,
degli occhi e dalle condizioni di salute. In alcuni casi si arrivava fino a
1000 euro ma era possibile “comprare” un bimbo anche solo per pochi spiccioli.
ESTERI 15 FEBBRAIO 2018 16:18 di Mirko Bellis
“Vendiamo bambini di tutte le età a chiunque
sia interessato all'adozione o all'acquisto”. Così un sito web in Egitto
offriva neonati e bimbi rapiti o abbandonati dai genitori. Il loro prezzo? Da
poche decine di sterline egiziane fino ad un massimo di 22.000 (1000 euro). Il
loro costo variava a seconda del genere, del colore della pelle o degli occhi e
delle condizioni di salute. Nel sito, accanto agli annunci di auto usate,
elettrodomestici e immobili, apparivano anche le proposte commerciali che
riguardavano bambini, in alcuni casi appena nati o ancora nel ventre materno.
“I sogni diventano realtà. Abbiamo la
soluzione per le donne che non possono avere figli: Mohaied, 4 anni, pelle
bianca”, recita un’inserzione. Mentre in un’altra i gestori della pagina web
lanciano una richiesta: “Ci ha chiamato una coppia che sta cercando una bambina
appena nata…o una donna incinta. Sono disposti a pagarla o a mantenerla fino a
quando non partorisce”.
La notizia della vendita di bambini in
internet ha generato un’ondata di indignazione nella società egiziana. La
denuncia dell’orribile commercio è partita da Ramy el-Gebali, un ingegnere
informatico che, dopo aver scoperto gli annunci, ha deciso di informare le
autorità. L’uomo è anche l’amministratore della pagina Facebook “Bambini
scomparsi”, una comunità con oltre 1,2 milioni di follower, nata per aiutare le
famiglie egiziane a ritrovare i loro figli svaniti nel nulla.
Le prime segnalazioni della compravendita dei
minori sono arrivate proprio sul popolare social network. Alcuni abitanti di El
Shorouk, una città a nord-est del Cairo, hanno raccontato a el-Gebali di uno
strano andirivieni di uomini e donne da un appartamento in cui vivevano molti
bambini. Le coppie, all'apparenza molto agiate, entravano nell'abitazione da
sole e ne uscivano con i piccoli. Dopo la denuncia, la polizia ha scoperto che
il luogo era la base di una banda di criminali dedita alla vendita dei bimbi. Con
l’arresto dei malviventi, el-Gebali cominciò a chiedersi come facessero i
trafficanti a trovare i loro clienti. E così, grazie alle sue indagini, è
arrivato ad individuare il sito in cui bambini e neonati venivano offerti come
se si trattasse di una merce qualunque. Secondo quanto ha dichiarato l’ingegnere,
il proprietario della pagina web è un cittadino arabo residente in Olanda, un
particolare questo che ha portato le autorità a supporre che la tratta
avvenisse anche al di fuori dell’Egitto con una clientela internazionale.
Per gli autori di questi crimini, la legge
egiziana prevede dieci anni di carcere e una multa che può arrivare a 200.000
sterline per ogni bambino vittima della tratta, una pena che viene applicata
anche se il reato è commesso all'estero. Dal 1998, in Egitto esiste una
speciale unità per contrastare il traffico dei bambini. Questa piaga è
diventata una priorità anche per il Consiglio nazionale per l'infanzia e la
maternità (Nccm). “La tratta di minori – si legge nel sito della Nccm – sta
diventando sempre di più un'attività lucrativa che pone in serio pericolo i
nostri figli. L’unità speciale avrà il compito di proteggere i bambini da
questa grave minaccia e riabilitare le vittime della tratta”.
Il Paese nordafricano non è nuovo ai
rapimenti di minori. “Il sequestro a scopo di ricatto – ha affermato el-Gebali
– si verifica soprattutto nelle province egiziane più povere o nei quartieri
popolari del Cairo o Alessandria, dove la mancanza di sicurezza e
l’emarginazione sono maggiori”. “Il nostro lavoro – ha aggiunto – non si limita
solo alle segnalazioni di bambini scomparsi. Siamo sempre più impegnati ad
individuare le bande criminali che sequestrano i piccoli negli ospedali o asili
nido”. E i bambini rapiti o venduti – riconosce il Consiglio egiziano per l’infanzia
– vanno incontro ad un terribile destino: accattonaggio, sfruttamento
lavorativo, schiavitù sessuale fino ad arrivare al traffico dei loro organi.
Mirko Bellis
(Continua su: https://www.fanpage.it/l-inquietante-amazon-dei-bambini-bebe-come-erce-in-vendita-a-1000-euro-su-un-sito-egiziano/
- http://www.fanpage.it/).
Che tristezza chiudere anche questa relazione
non potendo citare delle azioni mirate alla salvaguardia della nostra dignità.
Al contrario, aumentano anche i casi di assassini di bambini all’interno delle
famiglie: sono casi cui non si dà risalto su tutti i media, ma che alcune
testate non fake denunciano comunque, sciorinando un lungo elenco di genitori
assassini.
Ricordiamo come molte associazioni di veri
volontari siano da citare e ringraziare sempre per le loro silenziose
prestazioni che sono apprezzate da chi le riceve a da noi che non possiamo
citarle tutte. Come dice il proverbio, “fa più rumore un ramo che cade di mille
arbusti che crescono”.
Non ci resta che rivolgerci a Chi ci ha
creato ed implorare la promessa di un tempo migliore, anche se lontano per noi
che viviamo ora.
Nessun commento:
Posta un commento